Anno: XXV - Numero 235    
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C’è una questione giovanile.

A sostenerlo l’ultimo Report pubblicato, nei giorni scorsi, dall’Inps.

C’è una questione giovanile.

“Il progressivo invecchiamento della popolazione – si legge – causato dall’incremento della

speranza di vita e dalla riduzione del tasso di fecondità, unitamente alle difficoltà o alla rinuncia delle giovani generazioni a trovare un lavoro stabile e ben remunerato, la bassa percentuale di accesso alla formazione universitaria e le sfide connesse alla creazione di un

nuovo nucleo familiare hanno fatto emergere una vera e propria “questione giovanile”.

E se da una parte, i dati contenuti nello studio parlano di un aumento dell’occupazione, dall’altra sottolineano come a questo “non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente

alla recrudescenza del fenomeno inflattivo verificatasi negli ultimi anni”.

“La risposta ai nuovi bisogni dei cittadini può venire dal welfare generativo. Un approccio che prevede il passaggio da un sistema focalizzato sulla mera gestione delle risorse pubbliche e sul pagamento delle pensioni, ad uno in grado di personalizzare le prestazioni in base alle reali esigenze delle persone. L’obiettivo per i prossimi anni è rendere l’Istituto sempre più vicino ai cittadini, con servizi personalizzati, con un’attenzione particolare ai giovani, alle donne e alle imprese” ha ribadito il Presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante la presentazione del Rapporto annuale.

“Oggi l’INPS – ha detto Fava -serve oltre 52 milioni di utenti attraverso l’erogazione di più di 400 diverse prestazioni socioassistenziali e previdenziali, che ne fanno una delle più grandi e articolate infrastrutture pubbliche d’Europa grazie all’impegno quotidiano di 26 mila dipendenti, che operano in oltre 600 uffici dislocati su tutto il territorio nazionale”.

“In termini sostanziali si tratta di garantire una presa in carico e un accompagnamento continuo dei cittadini, a seconda dei bisogni che emergono nel corso della loro vita” – ha proseguito il Presidente – “Uno degli obiettivi della nuova Governance dell’INPS, in una prospettiva di educazione previdenziale, sarà di “ingaggiare” le giovani generazioni, anche chi è fuori dal mercato del lavoro o non ha un’occupazione stabile, sulla ‘questione previdenziale’, e aiutarle nella costruzione del proprio ‘salvadanaio previdenziale’, prima di tutto informando e formando meglio a partire dalle scuole e dalle università. Quella della promozione della cultura previdenziale è una delle sfide più importanti che ci siamo dati con il nuovo Consiglio d’Amministrazione, per accrescere nelle giovani generazioni la consapevolezza che la pensione di domani si costruisce con il lavoro di oggi”.

Ma veniamo ai dati

La spesa per pensioni è vicina ai 347 miliardi. Oggi gli assegni pensionistici equivalgono al 16,3% del pil.

Nel 2050 i cittadini con 65 anni e più potrebbero rappresentare fino al 35% della popolazione nazionale e “questo determina la necessità di ripensare l’attuale sistema di welfare. L’aumento del peso di questa fascia di popolazione rispetto a quella in età lavorativa andrà di pari passo con la crescita dei consumi legati a questa categoria, alimentando la cosiddetta silver economy, e rendendo indispensabili politiche di invecchiamento attivo ed age management; allo stesso tempo rappresenta una grande opportunità anche per l’occupazione”.

Allo stesso tempo, nel 2023 gli assicurati INPS, che includono tutti i lavoratori

dipendenti e indipendenti obbligati ai versa menti previdenziali, ad esclusione dei professionisti iscritti alle casse previdenziali private, sono stati 26,6 milioni. Un aumento di oltre 300 mila unità rispetto al 2022, con una crescita dell’1,2%, e di oltre un milione rispetto al valore pre pandemico di 25,5 milioni del 2019. Particolarmente significativo è l’incremento degli assicurati di età inferiore ai 35 anni, che nel 2023 hanno sfiorato i 7 milioni, rispetto ai 6,4 milioni del 2019.

Grazie, secondo il Rapporto Inps, “l’efficacia di politiche pubbliche volte a facilitare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Nel 2023, gli incentivi per i giovani (quali

Esonero Giovani e Apprendistato) hanno registrato una crescita del 28%. In media, sono stati 378 mila i giovani che hanno beneficiato di rapporti di lavoro agevolati, con un impegno economico complessivo di 1.635 milioni di euro. Per promuovere ulteriormente l’occupazione giovanile, il decreto legge n. 48 del 2023, cosiddetto decreto lavoro, ha introdotto un incentivo economico per i datori di lavoro privati che assumono, a tempo indeterminato nel pe riodo dal 1° giugno al 31 dicembre 2023, giovani che non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione (NEET). Durante questi mesi, sono stati sottoscritti circa 5 mila nuovi contratti di lavoro, principalmente attraverso l’apprendistato professionalizzante (87%).

Sono stati adottati interventi di decontribuzione dell’aliquota contributiva IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti) a carico del lavoratore, mantenendo inalterata l’aliquota di computo

delle prestazioni. A ottobre 2023, il 79% dei lavoratori, pari a circa 11,6 milioni di individui,

ha beneficiato di questa riduzione contributi va. Questa percentuale aumenta all’84% per le

donne e supera il 90% per i giovani sotto i 35anni. L’importo medio mensile della decontribuzione, corrispondente ad un aumento della retribuzione imponibile lorda, è stato di circa 100 euro (123 euro se si considerano i rapporti a tempo pieno e attivi per l’intero mese).

La quota di lavoratori dipendenti con contratti temporanei, sul totale dei lavoratori dipendenti, è scesa dal 16,7% (vigilia della crisi pandemica) al 15,3% (maggio 2024). Restano intatte alcune criticità, tra cui un gender gap decisamente più elevato rispetto ad altri Paesi europei come Spagna, Francia e Germania.

Gli assicurati fino a 34 anni di età, dal 2019 al 2023 sono aumentati di 557 mila unità: la crescita si è avuta in particolare tra i 18 e i 28 anni per il settore dipendente privato, nelle età successive per il settore dipendente pubblico. La variazione tra il 2019 e il 2023, inoltre, è maggiore per gli uomini (+327 mila, +8,9%) che per le donne (+230 mila, +8,4%), ma con delle differenze rilevanti per fasce d’età.

Nel 2023, il tasso di dipendenza, che misura il rapporto tra persone in età non lavorativa e quelle in età lavorativa, era di 57,4, rispetto a una soglia di riferimento di 50. Ci sono quindi molti più anziani rispetto ai lavoratori, il che porterà a uno squilibrio tra le generazioni. Gli anziani in pensione godono di una condizione economica migliore rispetto ad altre fasce d’età, grazie a una minore propensione alla spesa e risparmi accumulati negli anni.

Il gap reddituale tra un giovane under 30 e la media totale massima per un lavoratore a tempo pieno con continuità occupazionale, e di 11 mila euro. Al contrario, per un lavoratore a tempo parziale e discontinuo, il gap si riduce a soli 1.800 euro. In termini relativi, la distanza è massima tra i lavoratori full time e minima tra quelli part time, indipendentemente dalla continuità lavorativa nel corso dell’anno.

Tratto da Adepp

© Riproduzione riservata

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