Ingegneri, 'laurea abilitante e obbligo di iscrizione all'Albo'
Perrini al congresso parla anche di equo compenso e appalti.
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Il Consiglio nazionale degli ingegneri “sostiene da tempo come sia necessaria una profonda riorganizzazione dei percorsi accademici e una parallela rivisitazione del Dpr 328/2001”, per poter “facilitare la introduzione per gli ingegneri della laurea abilitante”, con “l’acquisizione della abilitazione contestuale alla discussione della tesi per il conseguimento della laurea magistrale, previo svolgimento di un periodo di tirocinio e di una prova pratica valutativa delle competenze professionali”: è un passaggio della relazione che il presidente degli ingegneri italiani, Angelo Domenico Perrini, sta illustrando, in apertura del congresso della categoria, a Siena, definita “in continua evoluzione”.
Prosegue, spiega, il ‘pressing’ con le Istituzioni per giungere alla “obbligatorietà di iscrizione all’Albo per tutti coloro che, in qualsiasi forma, esercitano la professione di ingegnere”, che “in tutti i campi in cui svolge la sua attività resta il garante della sicurezza del cittadino”.
Quanto, poi, alla legge sull’equo compenso, il presidente evidenzia che il Consiglio nazionale “si sta battendo, (partecipando alla consultazione del ministero delle Infrastrutture sul correttivo al Codice degli appalti) per l’introduzione di una norma di raccordo delle disposizioni del Codice dei contratti con quelle della legge” sulla giusta remunerazione degli autonomi.
Non vi è dubbio, infatti -incalza – che un limitato ambito applicativo dell’equo compenso nella materia dei contratti pubblici rappresenterebbe una grave anomalia del sistema, con evidenti disuguaglianze del regime corrispettivo da applicare ai professionisti intellettuali”.
Perrini rammenta come Tale principio rischia di essere messo di nuovo in discussione”, dopo che alcuni Tribunali amministrativi regionali si sono espressi, con orientamenti difformi e contrastanti”, e anche l’Anac (Autorità anticorruzione) “ha espresso in alcune note posizioni che sembrano dover limitare considerevolmente l’applicazione del principio dell’equo compenso negli affidamenti pubblici”, sottolinea.
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