Primo commento alla riforma di Cassa forense
Il sistema misto, a differenza del contributivo puro, consente l’integrazione al trattamento minimo che, a fronte della riduzione dei contributi minimi, è stato ridotto negli importi.
Le mie prime osservazioni, in attesa di poter studiare a fondo l’articolato che, prima o poi sarà pur pubblicato, sono le seguenti: dopo circa 20 anni si transita al sistema di calcolo contributivo in pro rata
temporis, che ha però un periodo di transizione lungo 35 anni (a regime nel 2060) durante i quali le pensioni verranno liquidate con il sistema misto e cioè con una quota in retributivo e con la quota maturata dal 01.01.2025 in contributivo.
sovra indicati.
Ora dovrebbe essere noto a tutti che il metodo di calcolo retributivo e il metodo di calcolo contributivo sono diversi tra loro e che il passaggio dall’uno all’altro penalizza finanziariamente i pensionandi attuali e futuri.
La pensione contributiva, infatti, si determina con un metodo che riduce di molto l’assegno pensionistico rispetto alla retributiva.
Questo perché la pensione contributiva si calcola considerando tutti i contributi versati dal soggetto nel corso della sua vita lavorativa.
Ho ragione di ritenere che il calcolo della pensione contributiva avverrà sui criteri indicati dalla Legge 335/1995 la quale prevede coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione, uguali per tutti, a prescindere dall’età di vita probabile e quindi dal genere e da altri fattori endogeni quali l’area geografica o il livello di reddito.
Sarebbe stato più lungimirante adattare il coefficiente di trasformazione sia al genere che al livello di reddito.
La riforma del 2007/2008 aveva aumentato la contribuzione minima per meglio finanziare le pensioni minime che in Cassa Forense sono molte. Questa riforma riduce invece la contribuzione minima che se, nel breve, può essere meno penalizzante per le giovani generazioni, le esporrà, al momento del pensionamento in costanza di versamento della sola contribuzione minima, a vedersi liquidare una pensione molto contenuta, di importo almeno pari al trattamento minimo vigente nell’anno, tenuto conto che tale trattamento sarà di €10.250,00 lordi all’anno, a partire dal 2029, con rivalutazione di tale importo dal 2030, € 10.250,00 lordi meno 27% di tassazione diviso 13 uguale € 575,57, molto simile all’assegno sociale, oggi erogato dall’Inps.
L’assegno sociale è però una prestazione di carattere assistenziale che prescinde del tutto dal versamento dei contributi ed è pari, per il 2024, a € 534,31 per 13 mensilità.
Chi pagherà l’integrazione al minimo delle pensioni miste durante il periodo transitorio?
Quanto costeranno a Cassa Forense?
Questo è bene dirlo subito a chi andrà a iscriversi dal 01.01.2025 perché possa, quanto prima, integrare il montante contributivo e aderire, negli importi massimi, alla modulare volontaria, che è stata portata dal 10 al 20% del reddito netto professionale, entro il tetto reddituale.
Bene per l’aumento dell’aliquota contributiva per i pensionati di vecchiaia che proseguono l’attività lavorativa ma la reintroduzione dei supplementi triennale di pensione, anche se con il riconoscimento per la determinazione del montante della metà del contributo versato, è un ritorno al passato che la precedente riforma aveva giustamente abbandonato.
Alla diminuzione dei contributi minimi si contrappone l’aumento del contributo soggettivo che passa al 16% per il 2025, al 17% nel 2026 e al 18% a partire dal 2027.
Anche qui si è persa l’occasione per rimodulare la contribuzione soggettiva secondo scaglioni di reddito.
In buona sostanza, per far quadrare i conti del bilancio tecnico che attendo di poter esaminare funditus, si sono ridotte le prestazioni e, minimi a parte, aumentati i contributi.
Il mio giudizio sulla riforma è molto severo perché si è sostanzialmente introdotta l’autonomia differenziata pensionistica su base censuaria che oggi va molto di moda, ma in odor di referendum popolare!
È vero che, come categoria, siamo in troppi ma l’utilizzo della leva previdenziale per selezionare la categoria non mi pare conforme ai principi costituzionali.
Già le cancellazioni sono in atto e molte altre ne arriveranno.
Quando mi sarà data l’opportunità di leggere l’articolato della riforma, potrò essere più preciso e magari correggere anche le mie conclusioni.
Del decreto omnibus – 9 agosto 2024, n. 113, approvato al Senato, si conosceva il testo proposto dal Governo, i lavori delle varie Commissioni in sede di conversione, con le modifiche apportate al testo e gli emendamenti, questi ultimi superati dato che il Governo ha posto la questione di fiducia.
Della riforma di Cassa Forense non si è mai conosciuto l’articolato, i documenti tecnici di appoggio, le osservazioni ministeriali, le modifiche apportate dal Comitato dei Delegati prima dell’approvazione da parte dei Ministeri Vigilanti.
La cosa ancora più singolare è che la notizia dell’approvazione ministeriale è stata data prima dall’Ordine degli avvocati di Trapani, poi dall’Ansa e, finalmente, è apparsa sul sito di Cassa Forense con il seguente comunicato:
«Approvata la riforma del sistema previdenziale – Il nuovo Regolamento Unico della Previdenza Forense entrerà in vigore dal 1° gennaio 2025 Con l’approvazione da parte dei Ministeri Vigilanti della delibera del Comitato dei Delegati del 23 maggio 2024 si conclude il lungo iter della Riforma Previdenziale di Cassa Forense.Le principali modifiche introdotte sono:
– Passaggio al sistema contributivo
A partire dal 1° gennaio 2025, è prevista l’introduzione del sistema di calcolo contributivo “pro rata” delle prestazioni pensionistiche.
Agli attuali iscritti si applica il sistema di calcolo misto che prevede una prima quota calcolata con il sistema retributivo vigente per le anzianità contributive sino al 31 dicembre 2024, e una seconda con il sistema contributivo, per le anzianità successive al 2024.
Gli iscritti a partire dal 1° gennaio 2025, avranno diritto alla “pensione unica di vecchiaia contributiva”, calcolata esclusivamente secondo il sistema contributivo;
– Requisiti per il diritto alla prestazione.
Rimangono invariati i requisiti per il diritto a pensione dei professionisti già iscritti, a cui si applica il regime di calcolo misto.
Per i professionisti cui si applica il regime di calcolo integralmente contributivo la pensione potrà essere ottenuta:
all’età di 70 anni con almeno 5 anni di contributi versati.
all’età di 65 anni con almeno 35 anni di contributi versati e un importo alla decorrenza almeno pari al trattamento minimo vigente nell’anno.
– Riduzione dei contributi minimi.
Nel 2025 il contributo minimo soggettivo sarà di € 2.750,00 ed il contributo minimo integrativo sarà di € 350,00 euro. Nel 2024 i contributi sono stati rispettivamente di € 3.355,00 e € 850,00.
– Agevolazioni.
Gli iscritti di età inferiore ai 35 anni versano per i primi 6 anni la metà del contributo soggettivo e integrativo minimi. Il versamento in misura ridotta comporta il riconoscimento dell’intero anno ai fini del diritto alle prestazioni.
– Revisione aliquote contributive.
Il contributo soggettivo passa al 16% per il 2025, al 17% nel 2026 ed al 18% a partire dal 2027.
Il tetto reddituale del 2025 è pari a € 130.000, oltre il quale continua ad essere dovuto il contributo del 3%.
Il versamento della prima rata è stato posticipato al 30 settembre, unificandolo con il termine previsto per la presentazione del modello 5.
– Pensionati attivi.
Per i pensionati di vecchiaia che proseguono l’attività lavorativa, l’aliquota contributiva aumenta al 12% del reddito professionale netto ai fini IRPEF. A tale incremento fa fronte la reintroduzione dei supplementi triennali di pensione con il riconoscimento per la determinazione del montante della metà del contributo versato.
– Modulare volontaria.
La percentuale della contribuzione modulare volontaria massima sale dal 10% al 20% del reddito netto professionale entro il tetto reddituale. Un istituto che consente su base volontaria, con piena deducibilità per i professionisti che non si avvalgono del regime forfetario, di migliorare l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche;
– Integrazione al minimo.
L’importo del trattamento minimo è stato gradualmente adeguato in coerenza
con la riduzione del contributo minimo. Sarà 12.500 euro tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026, 11.400 euro nel successivo biennio e 10.250 euro a partire dal 2029, con rivalutazione di tale importo dal 2030.
– Regolarizzazione spontanea.
In caso di regolarizzazione spontanea le sanzioni saranno ridotte del 60% in luogo dell’attuale 50%.
– Rateazioni più facili.
Chi ha in corso una rateazione, se in regola con i versamenti, potrà richiederne
una seconda. La richiesta di rateazione per debiti sopra i 10.000,00 euro potrà arrivare a 6 anni in luogo degli attuali 5.
Roma 02/10/2024
Il Presidente
Avv. Valter Militi»
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