Prescrizione, la proposta di Orlando non convince gli avvocati
La proposta del Pd per provare a correggere il tiro non convince i penalisti
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A illustrarla in una conferenza stampa al Nazareno tutto lo stato maggiore dei dem in materia di giustizia. Unico assente il vicesegretario ed ex Guardasigilli Andrea Orlando, la proposta però, sostanzialmente, ripercorre proprio la sua riforma introdotta nel 2015. Il testo, di un solo articolo, prevede che la prescrizione si sospenda «dopo la pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna» per due anni in caso di appello e per un ulteriore anno in caso di ricorso in Cassazione, prevedendo sei mesi aggiuntivi «se è disposta la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale». In totale, quindi, tre anni e sei mesi di stop. Il Pd depositerà la proposta sia alla Camera che al Senato. «Siamo sicuri che in questo modo non si prescriverà neanche un processo in appello e in Cassazione, ma lasciamo una barriera finale per evitare processi infiniti», hanno spiegato i dem. La loro legge crea anche una distinzione tra le sentenze di condanna e quelle di assoluzione: «è il minimo sindacale secondo noi», ha affermato il capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli. Secondo Il Fatto invece, che è la testata di riferimento dei 5 Stelle, questa distinzione va contro la Costituzione: «lo ha già evidenziato la Consulta con la sentenza del 6 febbraio 2007 che bocciò la legge Pecorella (governo Berlusconi) sull’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento», riferiva ieri il sito aggiungendo che «come ha spiegato Piero Grasso in una intervista a Il Fatto Quotidiano, «per la Costituzione la presunzione di innocenza resta tale fino alla sentenza definitiva. E questo vale tanto per l’innocente quanto per il colpevole: non ci può essere una distinzione in questo senso». Per il Fatto quindi, come per il ministro Bonafede, la prescrizione va cancellata per tutti, senza distinzioni. Sono in tantissimi però a denunciare l’incostituzionalità della sua abolizione, a cominciare dall’Unione delle camere penali che contro la riforma conduce da mesi una strenua battaglia. Tuttavia, la proposta dei dem non convince i penalisti: «Ad una prima lettura, si tratta più o meno di una riproposizione, lievemente corretta, della attuale condizione normativa (la recente riforma Orlando) che la riforma Bonafede seccamente abroga», sottolinea in una nota il presidente Gian Domenico Caiazza. L’’avvocato Caterina Flick, presidente dell’associazione Donne Giuriste Italia “La riforma della prescrizione non accompagnata da investimenti e riforme nel settore della giustizia rischia di avere l’effetto di allungare ulteriormente i tempi dei processi, con conseguenze negative sia per gli imputati che per le vittime di reato. La durata dei processi in Italia è nettamente superiore al resto d’Europa, e questo non dipende dalle persone coinvolte, dagli imputati in particolare, ma dalla macchina giudiziaria. E infatti dai dati risulta in primo luogo che i rinvii del processo solo nel 4% dei casi sono dovuti a impedimenti dell’avvocato o dell’imputato, a fronte dell’80% dovuti a disfunzioni del sistema o alla gestione fisiologica del processo. La riforma della prescrizione non accompagnata da investimenti e riforme nel settore della giustizia rischia di avere l’effetto di allungare ulteriormente i tempi dei processi, con conseguenze negative sia per gli imputati che per le vittime di reato. Una giustizia giusta deve infatti essere amministrata senza ritardi tali da comprometterne l’efficienza e la credibilità. Si tratta di un principio di civiltà, sancito dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dall’articolo 11 della Costituzione italiana”.
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