In Italia pochi medici generici rispetto ai Paesi Ue
Il Cnel rileva che l’Italia è sotto la Spagna, Francia e Germania. I sindacati chiedono misure urgenti.
In Italia la dotazione di medici di medicina generale è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia. È quanto evidenzia il Cnel nella Relazione annuale sui servizi della PA, presentata lo scorso 14 ottobre. Anche la presenza di infermieri è particolarmente bassa in Italia rispetto al contesto europeo: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania Negli ultimi 10 anni – scrive il Cnel in una sintesi – il numero di medici generici è diminuito di oltre 6 mila unità, scendendo al di sotto dei 40 mila nel 2022, dato previsto in ulteriore peggioramento nei prossimi anni per via dei pensionamenti.
Va considerato, infatti, che il 77% dei medici generici è over 54enne. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici di medicina generale con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa vigente) è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia.
La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al quattordicesimo posto nell’Unione europea. Il dato generale indica che la dotazione di medici risulta più elevata rispetto alla Francia (318,3), ma ancora una volta più bassa rispetto a Germania (453) e Spagna (448,7). La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1).
Medici base (Fimmg), ‘8mila in pensione in 2 anni, misure subito. Borse specializzazione di 800 euro, nulla in manovra’
“Se spariranno i medici di famiglia, sparirà il Sistema sanitario nazionale. E purtroppo, senza una urgente inversione di tendenza, siamo su questa strada: nei prossimi due anni, circa 8mila medici andranno in pensione e la professione è sempre meno attrattiva. Chiediamo che nella nuova legge di Bilancio vengano inserite misure urgenti per frenare questo esodo”. Lo afferma all’ANSA Silvestro Scotti, segretario della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), commentando i dati del Cnel che confermano come il numero di medici di base in Italia sia inferiore rispetto agli altri Paesi Ue.
“Chiediamo che in Finanziaria si faccia qualcosa anche per la Medicina generale, a partire dall’aumento dell’importo delle borse per la specializzazione che oggi sono di 800 euro al mese.
Al momento – afferma Scotti – la categoria è in stato di agitazione e siamo solidali con i medici ospedalieri e gli infermieri che saranno in sciopero il 20 novembre. In mancanza di segnali concreti, non escludiamo ulteriori forme di mobilitazione”. A pagare le conseguenze di questa situazione, sottolinea Scotti, saranno prima di tutto i cittadini, “a partire dagli anziani, per i quali il medico di base rappresenta il primo e fondamentale presidio di assistenza”. Il punto, spiega, “è che in Italia si investe molto di più sulla formazione dei medici specialisti e poco, invece, su quella dei medici di medicina generale e cure primarie. Infatti il numero complessivo di medici per paziente nel nostro Paese non è tra i peggiori, ma c’è un rapporto in negativo rispetto alla nostra categoria”.
La causa della scarsità di medici di base, secondo il segretario Fimmg, sta sempre nella scarsa attrattività di questa professione, a partire dalla condizione economica: “nell’ultima Legge finanziaria – afferma – è stato previsto un aumento dell’importo per le borse di specializzazione soprattutto per quelle branche meno gettonate, come la medicina d’urgenza; nulla è stato però previsto rispetto alle borse del corso di formazione in medicina generale. Un medico che si specializza in Medicina generale riceve circa 800 euro al mese, rispetto alla borsa di 1200-1600 euro al mese delle altre specializzazioni. Un importo che non consente di andare avanti in modo dignitoso”.
Il corso di formazione è triennale e nell’ultimo concorso fatto di recente, spiega Scotti, erano disponibili circa 2000 posti: “È stato coperto solo il 60% circa dei posti con le domande pervenute ed a ciò va anche aggiunto il dato relativo al tasso di abbandono che è del 10% l’anno, anche perché – rileva – spesso si opta per altre specializzazioni se si supera l’esame di accesso”. Pochi aspirano dunque a diventare medico di base ed il numero complessivo calerà ulteriormente anche per effetto dei prossimi pensionamenti: “Nei prossimi 2 anni stimiamo che andranno via circa 8mila medici di famiglia. Oggi siamo complessivamente poco più di 37mila, quindi a breve mancheranno all’appello almeno 10mila medici”. In queste condizioni, conclude Scotti, “è ovvio che il numero massimo di pazienti per medico sia ben oltre i 1500 previsti, con conseguenti disagi per i cittadini”.
Sindacato medici Smi, ‘aumentare retribuzioni e tutele. Urge un rilancio effettivo della professione medico di famiglia’
“Le ragioni della carenza di medici nel nostro Paese sono molteplici: lavoro non valorizzato (i medici accedono alla professione di generalista tramite un corso di formazione e non una scuola di specializzazione universitaria), basse retribuzioni, carico burocratico eccessivo, mancanza di tutele (soprattutto per una professione che vira al femminile), ferie, maternità, malattia, infortunio sul lavoro, problema questo sentito soprattutto dopo la pandemia”. Così Pina Onotri, segretario generale Smi (Sindacato medici italiani) commenta i dati del Cnel sullo scarso numero di medici di base rispetto agli altri Paesi europei.
“Nella Legge di Bilancio 2025 – sottolinea all’Ansa – non si prevede nulla per la medicina generale. Dall’altro lato, l’attuale Accordo Collettivo Nazionale della medicina generale, (riguardante ancora il triennio 2019 – 2021 e siglato a febbraio scorso) che prevede una quota oraria in Case della Salute, più l’obbligo di apertura degli studi periferici, allontanerà ancor di più i giovani dalla professione”.
Questo quadro a tinte “molte scure è fotografato dall’Annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale. Per l’anno 2022, l’Annuario, certifica nell’ultimo report di aprile 2024, che ciascun medico di famiglia ora segue 1.301 pazienti; siamo sopra i rapporti ottimali regionali e vicini al massimale di 1.500 assistiti fissato dalla convenzione. Il rapporto viene superato in Lombardia, con 1.589 assistiti in media per medico (e sette medici su dieci oltre massimale). La proporzione tra veterani e giovani che entrano nella professione resta alta: 2,5 anziani contro un giovane, ma nel 2019 era di 2,2 ad uno”.
La Parte Pubblica, conclude Onotri, “dovrebbe puntare a destinare per i medici di medicina generale finanziamenti per una remunerazione in linea con quelle dei principali Paesi europei per il rilancio effettivo della professione di medico di famiglia, unitamente alla scelta, di mettere in campo correttivi contrattuali come l’introduzione del part time, la remunerazione del lavoro straordinario e modalità di lavoro agile in telemedicina”.
Ansa