Politica, un segnale dall’Umbria.
Capirlo è fondamentale.
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Il risultato della tornata elettorale regionale in Emilia Romagna e in Umbria dà luogo, già da ieri, inevitabilmente a molteplici commenti di varia natura, compresa l’analisi del consenso prestato ai candidati e dell’assenteismo, sempre più accentuato. Ma ho sentito parlare anche di amministrazione, soprattutto riferita all’Emilia-Romagna, nel senso che l’elettorato avrebbe premiato la “buona amministrazione” regionale, giudicata tradizionale da quelle parti. Ciò che un po’ mi ha stupito, tenuto conto dei recenti disastri ambientali conseguenza, a parere di molti, e certamente in parte, di una inadeguata tutela del territorio dal punto di vista idraulico durata molti anni.
Allora, forse non è del tutto vera la narrazione della buona amministrazione del Partito Comunista Italiano e dei suoi eredi fino al Partito Democratico che a Bologna ha espresso il Presidente della Regione, Stefano Bonaccini virgola e la vicepresidente e Elly Schlelin, oggi l’uno parlamentare europeo, l’altra alla guida del Partito in via del Nazareno.
Diversamente in Umbria i commenti attribuiscono la sconfitta del Centrodestra allo scarso carisma della presidente, Donatella Tesei, e ad una politica della sanità che avrebbe scontentato in più. Vero o non che siano queste considerazioni va detto che è un dato di fatto che i vincitori sono dei sindaci, l’uno di Ravenna, Michele De Pascale, l’altra di Assisi, Stefania Proietti, radicati sul territorio ed entrambi rieletti dopo un primo mandato. La circostanza non è irrilevante, in quanto la scelta politica di candidare soggetti incaricati di un mandato amministrativo cioè, di fornire ai cittadini quei servizi resi dagli enti locali che sono di più immediata percezione da parte dei cittadini, ha significato un senso di realismo in relazione all’esperienza maturata sul campo e generalmente apprezzata. Evidentemente nella convinzione, che, se hanno bene operato alla guida del comune sapranno fare bene anche in regione.
Quello che appare evidente è la diminuzione del voto ideologico che probabilmente è collegato anche alla riduzione della partecipazione dei cittadini ai seggi perché indubbiamente, in sede locale, più che i grandi temi di politica estera o di politica economica valgono quegli argomenti che sono di immediata percezione da parte del cittadino, la sicurezza in primo luogo, la sanità, che interessa fasce sempre crescenti di cittadini anche in relazione all’invecchiamento della popolazione, la condizione delle città e dei borghi, il turismo, l’economia locale. Da questo punto di vista evidentemente la Giunta regionale dell’Umbria guidata da una rappresentante della Lega, già sindaco di del Comune di Montefalco, peraltro perduto dal centrodestra, non deve aver soddisfatto i cittadini umbri.
Ricordo il tripudio dei moderati quando fu conquistata Perugia. Un mio amico, che incontrai nel corso di una conferenza organizzata dalla Banca d’Italia per presentare il rapporto sull’economia della Regione Umbria, mi venne incontro a braccia aperte dicendo “finalmente, dopo la caduta del muro di Berlino è caduta anche Perugia”. Poi è caduta anche la regione in mano al partito comunista e ai suoi eredi da decenni. Ora è evidente, e mi pare però che sia sottovalutato, che in questa condizione il centrodestra avrebbe dovuto esprimere il massimo della propria capacità amministrativa in una regione che, giustamente la pubblicità turistica definisce “il cuore verde d’Italia”, non solo per la straordinaria bellezza delle sue valli e per la storia delle sue città, per la presenza di un’arte che, fra chiese e gallerie, attira decine di migliaia di turisti italiani e stranieri. Poi l’enogastronomia in una regione famosa per i suoi vini e per il suo olio. Eppure, l’Umbria è una regione difficile da raggiungere il treno, perché il “regionale veloce” impiega circa tre ore per raggiungere da Roma Perugia, un tempo assurdo, lo stesso che da Roma ci porta a Milano. Di questo non si è fatto niente. Anche la viabilità stradale, migliorata certamente dopo il terremoto, è inadeguata ad una area che ha bisogno di collegamenti, sia per il turismo, dalla festa del cioccolato a Perugia ad Umbria Jazz, alla corsa dei ceri di Gubbio, alla Quintana di Foligno, prezioso anche per la presenza in Assisi del culto di San Francesco, sia per le manifatture (Gubbio, Deruta) e le merci.
Non sembra che il centrodestra abbia, come avrebbe dovuto, impegnato tutte le sue energie per migliorare queste condizioni di vivibilità e visibilità, compresi gli ospedali. Se una delle doglianze di cui si parla attiene alla sanità vuol dire che su un aspetto di grande sensibilità la regione guidata da Donatella Tesei ha fatto poco. Devo dire anche che ho raccolto da amici ripetutamente una frase che denota una condizione che in politica si paga: “non è cambiato niente”. Amici umbri che avevano svolto attività professionale anche universitaria fuori della regione, tornati perché attirati dal cambio di regime, sono stati presto delusi. Questa condizione che abbiamo ora tratteggiato per l’Umbria vale molto probabilmente per altre realtà perché la convinzione, di marca berlusconiana, che sembra ereditata da Giorgia Meloni che le persone che vengono proposte alla guida dei comuni o della regione, ma anche al Parlamento nazionale, solo perché indicati dal leader debbano essere votate è un’idea sbagliata, assolutamente sbagliata in un contesto nel quale l’elettorato è molto mobile e, anche se vota tenendo conto dell’esperienza locale, ancora mantiene una connotazione lato sensu ideologica sicché io sento spesso dire dagli scontenti, da amici che non sono i quattro amici al bar, come forse qualcuno ritiene, ma sono ambienti “non voterò più questa destra ma non voterò mai a sinistra”. Forse in queste frasi c’è qualcosa dell’assenteismo che ha colpito la vita politica, un assenteismo del quale la politica dimostra di non tenere conto, convinta del fatto che le percentuali di consenso rispetto ad un numero di elettori di volta in volta inferiore consente lo stesso una presenza sullo scenario nazionale e locale.
In questo senso il voto in Umbria, molto più di quello emiliano-romagnolo, costituisce un “avviso al governo”, come ha scritto Francesco Bei su La Repubblica considerato che, prima della regione, erano cadute Perugia, Spoleto e la stessa Montefalco della Tesei. Se fossi Giorgia Meloni chiamerei i referenti umbri di Fratelli d’Italia per far loro un discorsetto che inevitabilmente dovrà concludersi con un benservito: “avete sbagliato mestiere”
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