Conte e Appendino siglano la pace e si mettono in trincea aspettando Grillo
Conte e vicecontessa trovano un accordo al fotofinish. Ultime mosse per costruire la trincea dalla quale resistere al possibile assalto del fondatore.
Dopo aver a lungo vagheggiato l’esistenza di una terza via tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, Chiara Appendino si riavvicina al presidente. “Votare è importante. E io sto nell’area progressista”, dice in un post pubblicato a urne online aperte. Si vota dalle 10 di questa mattina fino alle 15 di domenica. Per considerare riuscito l’esperimento della rifondazione a cinque stelle, Conte punta sul voto della maggioranza assoluta degli iscritti: sono 88.943, la soglia è dunque fissata a quota 45mila. Quanti ce ne vogliono per modificare lo statuto e, in ipotesi, modificare (cancellare?) il mandato del garante.
Beppe Grillo punta apertamente sul fallimento di Nova. “Rivendico il diritto all’estinzione del Movimento”, ha detto dopo la Liguria. E dopo le regionali in Umbria e in Emilia, ha rincarato la dose dipingendo Conte come l’ultimo dei giapponesi. Come dire: ci sei rimasto solo tu a crederci.
In questa morsa, l’ex sindaca di Torino, che di Conte è vicepresidente, ha tentato a più riprese di far balenare una terza strada: la sua. “Il Movimento non è di Conte né di Grillo”, ha detto a giugno. E più di recente ha detto che è finito “fagocitato dal Pd”. “La mancanza di un’identità forte sta facendo disperdere il nostro vento nelle vele del Partito Democratico – ha scritto sui canali social – In questo sciagurato schema ci stanno fagocitando e siamo diventati il socio minoritario, quando va bene”. Facile vederci una sfida a Conte in vista dell’assemblea. I più maliziosi hanno anche pensato che Appendino si posizionasse per raccogliere i cocci, dopo le prevedibili bordate di Grillo contro la creatura contiana.
E invece oggi Appendino corregge il tiro. O come si dice in politichese ‘sgombera gli equivoci’: “E’ importante partecipare a Nova ed esprimersi sui quesiti perché, non mi stancherò mai di dirlo, il Movimento non appartiene a nessuno se non alla sua comunità”, dice con una tempestiva chiamata alle urne.
Chiarisce, poi, come voterà sui quesiti che delineano il confine tra il passato e il futuro del Movimento. “In tanti mi avete chiesto cosa voterò e io in questi giorni ho più volte cercato di aprire un dibattito, per il bene del Movimento. Lo ribadisco anche oggi, quindi. Voterò per mantenere il nostro nome e il nostro simbolo che rappresentano sì il nostro passato ma devono orgogliosamente accompagnarci anche nel prossimo futuro. Voterò per confermarci progressisti perché è quello che sono e sono sempre stata”, dice Appendino.
Delle tre rivelazioni – nome, simbolo, area politica – l’ultima è la più sorprendente. Non solo perché Appendino, rampolla della borghesia torinese, in città non è mai scesa a patti col Pd locale e col sindaco dem Stefano Lo Russo, al punto che in tanti pensavano che l’ex sindaca non fosse di sinistra. Ma soprattutto perché lei così “chiara” non l’aveva mai detta. In una sorta di excusatio non petita, dice che sì, lei è progressista e lo è sempre stata, come dimostra “l’aver aperto la strada per il riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali”, oppure aver lottato “per la sanità pubblica e per la tutela dell’ambiente”, essersi battuta e battersi “contro le diseguaglianze come con la proposta di legge Olivetti per alzare i salari. Lo faccio con la consapevolezza che, al di là delle definizioni che ci diamo, dobbiamo essere progressisti con i fatti, mantenendo la postura e l’identità forte necessaria per non diventare la copia sbiadita e subalterna di altri”.
Insomma, progressisti sì, ma non come il Pd. Ma quella è un’altra storia. Ora l’importante è non far fallire la costituente. O almeno, non essere indicata come la responsabile nel caso in cui questo accada. Non entrare nell’assemblea dell’Eur come la sfidante di Conte. “Dirò la mia su tutti i quesiti. Ciò che conta, però – dice infatti la deputata M5s – è che ogni iscritto partecipi ed esprima il suo voto come atto finale di questo importante percorso di confronto e democrazia. Ci vediamo a Nova”.
La manovra potrebbe avere tutte le sembianze di un patto anti-Grillo. In fondo Appendino è la vicepresidente voluta da Conte, e con Conte ha condiviso ogni scelta fin qui. Lei stessa ha detto che non è un tabu mettere in discussione il ruolo del garante.
Ma nei M5s spiegano che non è così. O almeno non ancora, visto che lei queste cose le ha sempre dette, sebbene in altre epoche quando non avevano il peso che hanno ieri, a costituente iniziata. Ma anche se non è un accordo formale, c’è un indubbio riavvicinamento. Prima che Appendino questa mattina prendesse la parola, c’era stata l’intervista di Conte a Repubblica, in cui il presidente replicava alla sua vicepresidente. Fagocitati dal Pd? “Non ho mai parlato di un’alleanza organica o strutturata col Pd, non è nel Dna del M5s. Ho sempre ragionato di un dialogo da coltivare con le forze del campo progressista stando sempre attento a difendere la nostra identità”. Quanto agli scarsi risultati ottenuti dal M5s sul territorio, Conte ha detto che questo è avvenuto “senza differenza se andiamo da soli o in coalizione”. E l’ultima elezione in cui il M5s è andato da solo è stato in Piemonte, dove proprio Appendino disse no all’accordo col centrosinistra. Il M5s raccolse un modesto 6 per cento.
Ma tutto questo è acqua passata. Mentre gli iscritti votano, Conte e Appendino si dispongono a partecipare all’assemblea di sabato e domenica all’Eur. Uniti nel tentativo di differenziarsi dal Pd, daranno il benvenuto all’economista liberista Luigi Zingales, alla leader rossobruna tedesca Sahra Wagenknecht, ma anche al neokeynesiano Joseph Stiglitz e a Jeffrey Sachs, della Columbia University, l’economista teorico della “shock therapy”. Nell’agenda della due giorni non c’è l’intervento di Beppe Grillo. Ma nella sede del M5s non escludono che il fondatore possa arrivare. Conte lo attende: “Potrà parlare liberamente”. Altro che shock theraphy.
di Alfonso Raimo su Huffpost
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