Immunità di toga: in Italia chi sbaglia non paga
Responsabilità civile dei magistrati, il deputato di Forza Italia, Enrico Costa critica la norma attuale: via di fuga dagli errori.
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I magistrati non pagano mai per i loro errori. È questo il senso della polemica sollevata dal deputato di Forza Italia, Enrico Costa. In un momento in cui il governo si appresta a varare nel Consiglio dei Ministri di lunedì una nuova norma sul disciplinare delle toghe che amplierà di molto le possibilità del ministro della Giustizia di esercitare l’azione disciplinare contro le toghe troppo esposte pubblicamente, il parlamentare azzurro rilancia anche la questione della responsabilità civile dei magistrati, definendola «una legge che è una immunità».
La storia la conosciamo: nel 1987, sulla scia di vicende giudiziarie considerate emblematiche di mala giustizia, come il caso Tortora, il Partito radicale propose un referendum per rendere più severa la legislazione in materia, per consentire a qualsiasi cittadino si sentisse danneggiato da un provvedimento di un magistrato, per dolo o colpa grave di quest’ultimo, di ottenere dal magistrato responsabile il risarcimento dei danni che questi gli aveva causato.
L’80,21% degli italiani voleva che le regole cambiassero e solo il 19,79% votò no. Ciò nonostante, il Parlamento, con l’approvazione della cosiddetta «legge Vassalli», disciplinò la materia in modo da vanificare del tutto l’esito del referendum. Poi arrivò la riforma del 2015, che mantenne l’attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato, per cui l’azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato.
Scrive allora Costa in una nota: «Le norme sulla responsabilità civile hanno portato in 14 anni a sole 12 condanne di fronte a 815 cause intentate contro lo Stato che hanno finora prodotto 311 sentenze definitive». Costa ricapitola poi per marcare maggiormente i numeri: «Dal 2010 ad oggi, quindi in 14 anni, sono state avviate 815 cause di responsabilità civile nei confronti dei magistrati. In media 58 l’anno. Dal 2010 ad oggi ci sono state 311 pronunzie definitive. Dal 2010 ad oggi lo Stato ha subito solo 12 condanne (1,4% delle cause iscritte). Alcune cause certamente si sono infrante contro il filtro di ammissibilità, soppresso dalla riforma del 2015, altre sono state rigettate, altre ancora sono ancora in corso. Ma la tendenza è chiara».
Il deputato poi ricorda: «Quando venne approvata la legge del 2015 si è prevista, nella relazione tecnica, una proiezione di aumento delle condanne, prevedendo 10 condanne l’anno per una cifra complessiva di 540.000 euro. Era una cifra minima se si pensa ai numeri della responsabilità professionale nei vari settori. Ma a superare di poco le 10 condanne ci sono voluti molti anni», ha spiegato ancora Costa.
«Sono dati chiarissimi che dimostrano che la legge fa acqua da tutte le parti e va modificata. Tutto ruota intorno alla clausola in base alla quale “non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”, che rappresenta lo scoglio sul quale si infrange la responsabilità civile. Ma la “valutazione del fatto e della prova” rappresenta anche l’essenza del delicato lavoro del magistrato: se in quella fase ci sono errori che danneggiano il cittadino, perché questi non può chiederne conto?», si chiede Costa.
«Se un medico sbaglia una diagnosi, un ingegnere sbaglia un calcolo, un sindaco sbaglia una delibera, si attivano meccanismi di responsabilità, che per i magistrati sono inimmaginabili». Insomma per Costa le toghe sono una casta che sbaglia, ma non viene mai messa alla sbarra per essere sanzionata.
Il deputato poi si sposta sulla stretta attualità. In queste settimane, infatti, le toghe difendono la loro autonomia e indipendenza rispetto agli attacchi subìti dalla maggioranza a seguito delle loro decisioni in materia di migrazioni. Però per Costa «quello dell’autonomia e indipendenza è ormai lo scudo che esonera dal dover rispondere degli errori. Vale per le valutazioni di professionalità, per la responsabilità disciplinare, per quella contabile e, come emerge dai numeri, per quella civile. Purtroppo la politica non fa seguire alle parole alcun atto concreto e chi sbaglia continua a non pagare».
In realtà lo stesso Costa, insieme ai colleghi azzurri Tommaso Calderone e Annarita Patriarca, ha presentato un emendamento alla proposta di legge Foti che modifica il codice della giustizia contabile affinché gli atti vengano trasmessi al Procuratore generale della Corte dei conti per l’esercizio, da parte dello Stato, di un’azione di rivalsa nei confronti del magistrato che ha causato una ingiusta detenzione. Il provvedimento è fermo nelle Commissioni riunite della Camera, Affari costituzionali e giustizia.
Secondo alcune fonti, il governo starebbe facendo pressioni affinché l’emendamento venga ritirato, ma conoscendo Costa non dovrebbe esserci un passo indietro. Anche l’Associazione Errorigiudiziari.com chiede da tempo un cambio di passo. «Negli ultimi 31 anni (dal 1992 al 2023) lo Stato ha speso circa 874 milioni e 500 mila euro per indennizzare 31.175 persone finite in carcere ingiustamente. Eppure, nello stesso periodo la Corte dei conti ha intrapreso una sola azione di rivalsa per danno erariale nei confronti di un magistrato, recuperando la somma di 10.425,68 euro», hanno sottolineato i giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, fondatori dell’Associazione Errorigiudiziari.com.
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