Rainbow nelle Casse di previdenza
Il 25 novembre 2024 la Commissione bicamerale ha audito il Ministro dell’Economia e delle Finanze, On. Giancarlo Giorgetti e, sulle Casse di previdenza dei professionisti, è spuntato l’arcobaleno.
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Il Ministro ha, tra il resto, detto:
«In particolare, le Casse di previdenza privatizzate hanno piena autonomia gestionale del proprio patrimonio mobiliare e immobiliare ai fini del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario. Tale autonomia è temperata dalla necessità, da un lato, di contenere il rischio e, dall’altro, di tutelare gli interessi previdenziali ed assistenziali degli iscritti e, quindi, di assicurare la sostenibilità finanziaria delle prestazioni istituzionali. Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha costantemente riconosciuto il rilievo pubblico dell’attività svolta da tali enti, che sono assoggettati alle procedure di evidenza pubblica nella stipulazione dei contratti e sono ricompresi nel conto economico consolidato delle pubbliche Amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009. In via generale, i relativi risultati di bilancio presentano effetti sui saldi di finanza pubblica e, in particolare, sull’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche. Le prestazioni previdenziali da essi dovute, data la natura obbligatoria della contribuzione degli aderenti, comportano una sorta di garanzia a carico del bilancio dello Stato per il loro adempimento. Poiché – per espressa previsione di legge – non beneficiano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, tali enti hanno più volte richiesto l’esclusione dal conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche. Tuttavia, l’Istat, applicando i criteri di classificazione adottati da Eurostat che tengono conto anche dell’esercizio di un potere di direzione e controllo da parte dello Stato o di altri enti pubblici, ha costantemente ritenuto la richiesta priva di fondamento.
Gli investimenti degli enti di previdenza nell’economia italiana ammontano a 44 miliardi (38,5 per cento delle attività totali, in aumento di 2,9 punti percentuali rispetto al 2022). Considerando le attività al netto della liquidità, delle polizze assicurative e delle “altre attività” (in larga misura crediti contributivi), l’incidenza degli investimenti domestici risulta pari al 45,4 per cento. Tra gli investimenti domestici restano prevalenti quelli immobiliari (17 miliardi di euro, pari al 14,9 per cento delle attività) e i titoli di Stato (13,8 miliardi, pari al 12,1 per cento delle attività). Gli impieghi in altri titoli di debito e in titoli di capitale, rispettivamente pari a 843 milioni e 7,6 miliardi, corrispondono al 7,4 per cento delle attività totali (in crescita di 0,9 punti percentuali). I titoli di capitale comprendono anche il controvalore delle quote del capitale della Banca d’Italia (1,95 miliardi di euro). Tra i fattori alla base delle esigue quote di titoli delle imprese italiane nei portafogli dei Fondi pensione e degli Enti di Previdenza, un ruolo rilevante è rivestito dal riferimento a benchmark di mercato diversificati su scala internazionale, nei quali il peso assegnato all’Italia è modesto sia per via dell’esiguo numero di imprese quotate sia, più in generale, per il limitato sviluppo dei mercati del capitale di rischio e del debito privati a livello nazionale. Sebbene l’impiego delle risorse di Enti e Fondi nel sistema Italia sia nel complesso positivo, non si può negare l’esistenza di spazi di miglioramento. In tale contesto va considerata anche l’attuazione della legge delega di riforma fiscale (legge n. 111 del 2023), nell’ambito della quale si potrebbe valutare l’introduzione di un’imposizione sostitutiva agevolata anche per gli enti previdenziali (ad es. pari a quella prevista per i rendimenti dei fondi pensione – attualmente al 20 per cento). Si potrebbe inoltre valutare un intervento per trattare in maniera diversa chi investe “capitali pazienti” nel sistema Paese. Per coniugare l’autonomia degli Enti previdenziali e la loro natura di soggetti privati con le esigenze di un’attività di indirizzo e controllo pubblicistico derivanti dalle funzioni e finalità istituzionali cui tali soggetti sono preposti, tale disposizione è stata successivamente modificata dall’articolo 1, comma 311, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il triennio 2023-2025), che ha stabilito che le disposizioni del decreto costituiscono linee guida che gli Enti previdenziali sono tenuti a recepire nei propri regolamenti, da sottoporre all’approvazione dei Ministeri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. Un intervento che, nella tradizione e terminologia anglo-sassone, potrebbe dirsi di “soft law”.»
Di particolare incisività nella materia gli interventi dei Sen. Magri e Camusso che vi invito ad ascoltare perché, con il realismo crudo dei numeri, hanno descritto la situazione delle Casse dei Professionisti, sulle quali occorre intervenire, prima che sia troppo tardi.
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