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“Dirigisme” per le casse di previdenza dei professionisti

Il prossimo 3 dicembre 2024 andrà in votazione alla Camera dei deputati il ddl concorrenza il quale all’art. 32 spinge le Casse di previdenza agli investimenti nel Venture Capital.

“Dirigisme” per le casse di previdenza dei professionisti

Disposizioni per favorire l’investimento nelle start up innovative

Normativa vigente.

Si ricorda che l’articolo 1, commi 88 e 92, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) consente agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private), agli enti previdenziali dei liberi professionisti e alle forme di previdenza complementare di effettuare investimenti, fino al 10 per cento del loro attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente (nella formulazione originaria la percentuale era il 5%), nelle seguenti categorie specificamente indicate dal comma 89, articolo 1, della stessa legge n. 232 del 2016:

– azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo;

– azioni o quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio: ovvero Fondi comuni di investimento, Società di investimento a capitale variabile – Sicav, Società di investimento a capitale fisso – Sicaf, Fondi di investimento alternativi – FIA) residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo che investono prevalentemente negli strumenti finanziari sopra indicati;

– quote di prestiti, di fondi di credito cartolarizzati erogati od originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali, gestite da specifici enti28 – quote o azioni di Fondi per il Venture Capital (per la cui definizione si veda, di seguito, la sezione dedicata alle norme).

Ai sensi del comma 90 e del comma 94, i redditi derivanti dai citati investimenti, ad esclusione di quelli riconducibili alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate29, sono esenti ai fini dell’imposta sul reddito purché detenuti (come previsto dal comma 91 e dal comma 93) per almeno 5 anni.

La relazione tecnica aveva attribuito a tale esenzione effetti di minore gettito di carattere permanente: le stime delle quantificazioni, oltre ad essere risalenti, sono riferite a una versione previgente delle norme, successivamente modificata, e pertanto risultano di scarso interesse.

Le norme intervengono sui predetti commi 88 e 92 modificando la quota dell’attivo patrimoniale che gli enti di previdenza obbligatoria e gli enti previdenziali dei liberi professionisti possono destinare agli investimenti qualificati (dal 10% all’8%) prevedendo tuttavia che un ulteriore 2% dell’attivo patrimoniale possa essere destinato agli investimenti qualificati in quote o azioni di Fondi per il venture capital.

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 31 del decreto-legge n. 98 del 2011, sono definiti “Fondi per il Venture Capital” (FVC) gli organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi e le società di investimento a capitale fisso, residenti in Italia30, ovvero nella UE o nel SEE che investono almeno l’85 per cento del valore degli attivi in piccole e medie imprese (PMI) non quotate in mercati regolamentati, nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell’attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion o scale up financing) e il residuo in PMI. Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica, dopo aver precisato che la disposizione è volta ad agevolare gli investimenti in venture capital da parte degli enti di previdenza obbligatoria e dei fondi di previdenza, afferma che attraverso la modifica introdotta, la quota d’investimento viene confermata nel complesso ma si specifica che il due per cento sia utilizzato per investimenti in fondi di venture capital. Pertanto, la RT afferma che non apportandosi modifiche alla quota complessiva dell’attivo patrimoniale utilizzabile per gli investimenti qualificati, la disposizione non determina effetti negativi rispetto alla legislazione vigente. In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che le disposizioni in esame intervengono sugli investimenti in azioni o quote che, a legislazione vigente, possono essere effettuati da enti di previdenza obbligatoria o complementare e i cui redditi – a determinate condizioni – sono esenti ai fini dell’imposta sul reddito purché detenuti per almeno 5 anni. Detti investimenti debbono, si rammenta, essere pari o inferiori al 10 per cento dell’attivo patrimoniale degli enti investitori.

Le norme ora introdotte modificano i commi 88 e 92 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2017, da un lato, portando il sopra indicato limite all’8 per cento, dall’altro lato, consentendo ulteriori investimenti fino al 2 per cento nei Fondi per il venture capital.

La RT non ascrive alle norme effetti finanziari. Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare dal momento che le norme non modificano l’importo massimo degli investimenti i cui redditi sono esenti da imposizione sui redditi bensì ne modificano la composizione”. (Fonte: Camera di Deputati)

Gli investimenti, con la provvista contributiva obbligatoria dei professionisti, nel Venture Capital sono molto rischiosi e incompatibili con la natura obbligatoria dei contributi stessi.

Lo ha detto, in maniera chiarissima il 22 novembre 2024 a Bruxelles, la Vice presidente di Adepp, Tiziana Stallone, nell’aprire il convegno con ABV.

“Come investitori istituzionali sia Stallone che Henke hanno ribadito la necessità di un quadro regolamentare chiaro, anche a garanzia della trasparenza degli investimenti in Venture Capital sulle PMI che al momento appaiono troppo rischiosi per le Casse che devono garantire la sostenibilità a 30 e 50 anni dei loro sistemi pensionistici” (Fonte: Adepp).

Purtroppo l’emendamento all’art. 32 è stato approvato e ho ragione di ritenere che il ddl concorrenza passerà con la fiducia.

“Il testo dell’emendamento prevede che i fondi pensione e le casse previdenziali private destineranno almeno il 5% del portafoglio investito in fondi di venture capital entro il 2025, quota che salirà al 10% dal 2026. Questo requisito è condizione necessaria per mantenere l’esenzione fiscale sul capital gain (26%). In altre parole, una parte significativa del risparmio previdenziale sarà indirizzata verso settori strategici dell’economia reale, come imprese produttive, infrastrutture e startup innovative”. (Fonte: Gabriella Rocco su Repubblica del 28 novembre 2024).

Mi pare un grave attacco all’autonomia gestionale delle Casse di previdenza dei professionisti con un dirigismo economico contrario ai principi portati avanti da questo Governo.

“28 Ossia da società iscritte nell’albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, da istituti di pagamento rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 o da soggetti vigilati operanti nel territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell’Unione europea.

29 Ossia, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, le azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società, degli enti, inclusi i trust, nonché i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

30 Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”

 

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