Anno: XXVI - Numero 25    
Mercoledì 5 Febbraio 2025 ore 16:30
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Avvocati, solo 1 su 10 ha un reddito superiore a 2.000 euro al mese.

I costi della professione sono decisamente alti, aumentano le cancellazioni dalla Cassa forense e in molti abbandonano l'attività. Ecco cosa fare per risolvere il problema: «lo studio legale va gestito come una azienda», spiega l’esperto.

Avvocati, solo 1 su 10 ha un reddito superiore a 2.000 euro al mese.

Troppi avvocati, si diceva un tempo. Si diceva, perché oggi il trend è decisamente cambiato. Sono state registrate, nel 2024, 8.043 cancellazioni fra i legali iscritti alla Cassa forense mentre le nuove iscrizioni sono state 6.393, con un saldo in negativo pari a 1.650 unità. Le cancellazioni che riguardano le donne in toga sono 5.408, la metà delle quali con un’anzianità professionale che non raggiunge i 10 anni: «I dati -spiega Matteo Daniele Tosi, consulente direzionale – sono impietosi: su dieci avvocati solo uno lavora effettivamente con un reddito netto che supera i duemila euro al mese. Gli altri sono tutti sotto questa soglia e campano, si e no, tirando su mille euro al mese o poco meno. Il sistema è quindi diventato insostenibile e rischia il collasso». 

A dicembre si è tenuto l’esame per l’abilitazione professionale, riportando in auge un problema che, in qualche modo, riguarda l’asset del sistema Italia: «I costi della professione – continua Tosi, ideatore del metodo ‘Business For Lawyers’ – sono decisamente alti, a tal punto che, secondo un’indagine condotta dal Censis, il 34,6% degli intervistati intende lasciare l’attività nel prossimo futuro e di questi ben il 63,2% lo farebbe (e lo farà) proprio a causa delle spese eccessive. La maggioranza degli avvocati italiani, ad oggi, condivide lo studio con altri colleghi o altri professionisti, ma dividere le spese di affitto, luce, condominio e servizi vari non è comunque sufficiente. Un legale si trova infatti a sostenere (anche) le spese relative all’iscrizione all’albo, ai contributi della Cassa Forense, oltre ai costi per il commercialista, tasse, assicurazione professionale obbligatoria, strumenti di lavoro e software, posta elettronica certificata, firma digitale e formazione obbligatoria»

Un quadro dunque a tinte fosche che necessita di un vero e proprio cambio di paradigma. Ma cosa occorre fare per dare una svolta al settore? «Un tempo -ricorda Tosi- si pensava che fosse sufficiente associarsi ma questo non basta più. L’unica via di uscita è quella di gestire uno studio legale come se fosse un’azienda. Da avvocato a imprenditore, è questo il passo da compiere. Ma serve, perché ciò accada, una rivoluzione culturale. Gli studi oggi sono disorganizzati e l’avvocato, che spesso accentra tutto nelle sue mani, rappresenta molto spesso quel collo di bottiglia che, di fatto, ne impedisce la crescita. Non è sufficiente insomma essere bravi a gestire una causa in tribunale, occorre, se si vuole fatturare di più, avere una mentalità che sia finalmente imprenditoriale». Va ‘costruito’ il connubio perfetto tra la conoscenza giuridica e la mentalità aziendale.

In effetti va sottolineato che fra gli avvocati italiani, quelli che hanno uno studio legale di proprietà e che non lavorano quindi per altri, sono solamente 131.380, ovvero pari a circa il 55% degli iscritti all’Albo. «Il problema – ammonisce Tosi – sta tutto qui. Va fatto questo ‘salto’, questo switch».

Da questa esigenza, arriva un nuovo e innovativo metodo che ha come obiettivo quello di essere concorrenziali, di migliorare il controllo dello studio e quindi, come prima conseguenza, di aumentare i margini di guadagno. Il metodo si chiama B.F.L. System e si articola in più fasi: «Noi garantiamo -spiega Tosi- la gestione organizzativa dello studio, la sua gestione economica, la gestione del marketing e della vendita. Organizziamo eventi di networking, workshop e comunità online con cui facilitiamo la collaborazione e la condivisione di idee tra avvocati ambiziosi che lottano per il successo. Una nuova forma mentis che, abbandonate ritrosie figlie del passato, può aiutare gli avvocati italiani. Il nostro target riguarda circa 2400 professionisti che, avendo già un fatturato discreto, intendono crescere ulteriormente. Ma ovviamente non ci poniamo limiti di alcun tipo. Se si ha volontà e determinazione, non abbiamo alcun tipo di preclusione. Anzi, sono convinto che con l’aumento degli introiti legati alla professione, nel medio termine, aumenterebbero anche gli iscritti perché l’attività legale tornerebbe ad essere attrattiva».

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