Cinque giorni per eleggere i nuovi giudici della Consulta.
I partiti "costretti" a un accordo entro il 14 gennaio. Meloni fiduciosa, un po' meno l'opposizione.
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La Consulta può attendere… ma non per molto. Prima scena: Giorgia Meloni nell’auletta dei gruppi durante la conferenza stampa di inizio anno si mostra fiduciosa sull’elezione a breve dei quattro nuovi giudici della Corte Costituzionale. Finora, spiega “non si è giunti al risultato perché all’inizio c’era solo un giudice da eleggere, la maggioranza ha tentato di farlo e l’opposizione ha fatto Aventino. Ora ce ne sono quattro complessivamente, penso che questo renderà più facile trovare una soluzione con le opposizioni. Per quel che ci riguarda siamo consapevoli di quanto sia importante, cercheremo di procedere spediti. Non dipende solo da noi, abbiamo avviato le interlocuzioni con le opposizioni”. Seconda scena: nella biblioteca del Presidente della Camera, un’ora dopo, la Conferenza dei capigruppo convoca per il 14 gennaio la seduta comune del Parlamento per l’elezione, appunto, dei suddetti quattro nuovi giudici. Terza scena: palazzo della Consulta, davanti al Quirinale, il presidente facente funzione Giovanni Amoroso legge della decisione della Conferenza dei capigruppo e valuta di far slittare di qualche giorno la riunione della Camera di consiglio che dovrà decidere sul referendum sull’Autonomia differenziata.
Si giocherà dunque tutta in una manciata di ore il futuro della Consulta, il futuro del referendum sull’Autonomia e, per li rami, di altri passaggi cruciali, a cominciare dai rapporti di forza tra i partiti di maggioranza e opposizione.
Da mesi, infatti, la Corte Costituzionale è monca. Prima un giudice, poi due, ora quattro, tra cui il presidente uscente, sono giunti a scadenza e il risultato è che ne restano 11, uno solo in più del minimo indispensabile a votare sulla costituzionalità delle leggi. Se uno di loro prende il raffreddore o se il suo treno ha un ritardo, la Consulta è paralizzata. Non a caso Sergio Mattarella da tempo ha sollecitato che il Parlamento elegga i nuovi giudici. Ma i partiti non si sono messi d’accordo, finora. E invece il 13 gennaio era stata convocata la Camera di consiglio che, una volta sentito il parere dei comitati promotori del referendum, dovrà decidere entro il 20 gennaio se la consultazione popolare sull’Autonomia differenziata si terrà o no. Un tema caro alla Lega, votato con meno entusiasmo da FdI e FI, su cui la stessa Consulta ha già chiesto parecchie modifiche. A questo punto, visto che il Parlamento ha deciso di provare a eleggere i quattro nuovi giudici il 14 gennaio, il presidente della Corte costituzionale sta valutando di compiere un gesto di grande cortesia unito a buon senso e un pizzico di ottimismo, facendo slittare la riunione della Camera di consiglio nella speranza che da deputati e senatori giunga una fumata bianca. Se questo ottimismo sarà ripagato dall’elezione dei nuovi giudici si capirà nelle prossime ore. Anche Giorgia Meloni si è mostrata ottimista, un po’ meno i partiti di opposizione, che lamentano di non essere stati ancora contattati dalla premier. Tutti ora guardano alle due leader, Meloni e Schlein, perché da loro, in prima battuta passerà l’avvio di quel dialogo necessario a raggiungere un voto favorevole. La premier conferma la candidatura di Francesco Saverio Marini, la leader Pd stava valutando Andrea Pertici o Massimo Luciani. Restano scoperte le tessere dei partiti più piccoli, ma essenziali alla scelta, e il tema della rappresentanza di genere, perché almeno uno dei nuovi giudici dovrebbe essere donna per rispettare l’equilibrio mantenuto finora. Insomma, la Consulta può attendere qualche ora, ma ne sono rimaste veramente poche.
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