Anno: XXVI - Numero 09    
Martedì 14 Gennaio 2025 ore 13:45
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Il frutto avvelenato della Brexit.

Debito, inflazione, spread: stavolta è Londra a soffrire.

Il frutto avvelenato della Brexit.

A poche settimane l’una dall’altra, le capitali più importanti del continente europeo, fatta salva Roma, sono state travolte dalla crisi. Prima è toccato a Berlino, dove il Governo Scholz è caduto nel pieno di una recessione economica e industriale che non promette di passare in fretta. Poi è toccata a Parigi, dove il Governo Barnier ha dovuto lasciare dopo solo tre mesi, bocciato dai partiti che lo hanno sostenuto a malapena e che lo hanno fatto cadere appena hanno visto una manovra lacrime e sangue messa in piedi per frenare la preoccupante corsa del deficit e del debito pubblico. Ora a finire nel tritacarne dei mercati è il Regno Unito.

Il Governo laburista di Keir Starmer, uscito vincitore dalle elezioni del 4 luglio, si prepara a far digerire al Paese una legge di bilancio da 40 miliardi, con maggiori prelievi fiscali e misure d’austerità che scontenta i più e accontenta i meno. Il primo ministro deve dividersi tra le accuse di inadeguatezza politica alla Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, gli attacchi dell’opposizione dei Conservatori e la guerra scatenata sul suo social dal braccio destro di Donald Trump, Elon Musk direttamente nei suoi confronti. In questo contesto, l’economia britannica non sta messa bene, tanto da assistere a un riemergere delle posizioni antimonarchiche per la decisione di incrementare il Sovereign Grant, fondo pubblico che finanzia le attività della Corona, alimentando così la narrazione divisiva dei regnanti che sperperano mentre il popolo fatica a pagare le bollette. Il debito preoccupa, i tassi di interesse sono alle stelle, toccando livelli che non si vedevano dal 2008, e la sterlina è in picchiata rispetto al dollaro. I mercati non sono affatto convinti che la manovra di Starmer possa risollevare l’economia britannica a crescita zero, né tantomeno – o forse soprattutto – del progetto annunciato da Reeves di introdurre nuovi criteri di calcolo del debito al fine di permettere al governo una maggiore capacità di manovra negli investimenti pubblici.

Il governo britannico ha dovuto tranquillizzare sul fatto che “non c’è alcuna necessità di un intervento d’emergenza” sui mercati a fronte dell’allarmante caduta della sterlina, ai minimi sul dollaro da oltre un anno, e dei costi di finanziamento del debito arrivati ai massimi da 16 anni. Il numero due del Tesoro, il viceministro Darren Jones, rispondendo a un’interrogazione urgente alla Camera dei Comuni, ha chiarito che i mercati “continuano a funzionare in modo ordinato”, ha aggiunto, sottolineando che la causa di questa fase di instabilità è da ricercare in “un’ampia gamma di fattori nazionali e internazionali”. L’opposizione conservatrice è comunque andata all’attacco sulla manovra finanziaria d’autunno all’insegna di aumenti fiscali record da 40 miliardi di sterline, pari a quasi 50 miliardi di euro. “I loro aumenti fiscali finiranno per essere inghiottiti dai costi di finanziamento più elevati senza alcun beneficio per il popolo britannico”, ha affermato il cancelliere dello Scacchiere ombra Mel Stride.

Il clima è rigido a Londra, in tutti i sensi, e fa temere per un ritorno delle bollette pazze. Il colosso dell’energia Centrica, casa madre di British Gaz, principale distributore in Gran Bretagna, ha evocato un calo a “livelli inquietanti” delle riserve di metano, mentre il Regno è alle prese con un’ondata di gelo stagionale e temperature minime sottozero che la notte scorsa hanno toccato il record negativo dall’inizio dell’inverno. Oltre al freddo, a favorire il rapido svuotamento degli stoccaggi ha iniziato a contribuire anche lo stop al transito del gas russo via Ucraina, che ha così ridotto le disponibilità nella rete europea.

L’aumento dei costi dell’energia, già in salita, non rassicura perciò sui tentativi ancora non conclusi di domare l’inflazione. Ma con la crescita ferma al palo, ora sul Regno Unito incombono i timori del mercato sull’aumento del debito, facendone lievitare i costi e quindi estendendosi alla valuta e ai titoli di Stato. La sterlina è in flessione dello 0,67% a 1,2281 sul dollaro, ai minimi da novembre 2023. Mentre continuano a correre i rendimenti del Gilt: quello a dieci anni sale di 4 punti base al 4,83%. I titoli britannici sono infatti “oggetto di forti vendite, con il rendimento del Gilt a 10 anni salito da inizio anno di oltre 20 punti base, legate principalmente ai timori di un aumento del debito e dell’inflazione, tanto che si sono ridotte anche le attese di taglio della Bank of England”, spiegano gli analisti di Mps Market Strategy.

I rendimenti sui titoli di Stato decennali ha quindi superato il livello raggiunto nel 2022, dopo la presentazione da parte dell’allora primo ministro Liz Truss – caduta dopo 49 giorni rappresentando la premiership più breve della storia del Regno Unito – di un progetto di bilancio contraddistinto da spese massicce finanziate in deficit, che scatenò il panico sul mercato.

Ora l’intento è ridurre al più presto il debito pubblico britannico, che ha superato la soglia psicologica del 100% rispetto al prodotto interno lordo, un livello che non si vedeva dagli anni ’60. “Sto ripristinando la stabilità delle nostre finanze pubbliche e ricostruendo i nostri servizi pubblici”, ha detto Reeves per giustificare uno dei più grandi prelievi fiscali nella storia in assenza di una recessione. Che al momento non è in vista, ma le stime di crescita per il 2025 di un +2% ora sono in molti a metterle in dubbio. E sulle quali influirà sicuramente il rapporto tra Londra e Washington ora che il braccio destro del presidente eletto Trump ha come obiettivo dichiarato quello di vedere Starmer fuori dal 10 di Downing Street.

Elon Musk soffia infatti sul fuoco con ripetuti attacchi via X al premier laburista con l’intento, riferisce il Financial Times citando fonti vicine al caso, di far cadere il governo in favore degli euroscettici sovranisti di Reform Uk. Secondo quanto riportato dalla Bbc, le autorità del Regno Unito stanno monitorando i tweet pubblicati da Musk contro Starmer per ragioni di sicurezza. Il monitoraggio della produzione sui social media di Musk sarebbe iniziato dopo la serie di tweet contro il premier accusandolo di “complicità” per non aver agito contro gli abusi e le violenze sessuali su vasta scala, imputati in passato alla comunità pachistana del Regno Unito, quando dal 2008 al 2013 ricopriva il ruolo di procuratore capo del Crown Prosecution Service. Accuse senza prove tangibili, piuttosto al momento speculazioni politiche di Musk che però fanno temere sui futuri rapporti tra il Governo Starmer e l’amministrazione Trump.

Musk insomma, secondo i rumors, vorrebbe tirare la volata a Farage, come in Germania sta facendo con l’ultradestra xenofoba di AfD in vista del voto federale di febbraio. L’uomo della Brexit tuttavia deve fare i conti con un bilancio del divorzio tra Londra e Bruxelles da lui officiato quando guidava l’Ukip e tutta la compagine politica del Leave, per nulla positivo. In un’analisi del quotidiano Independent è emerso come in cinque anni l’economia abbia subito nel lungo termine un calo a livello di scambi commerciali del 15% uscendo dal mercato unico e una perdita in termini di produzione stimata in 100 miliardi di sterline l’anno. Mentre il costo del solo accordo siglato per il post-Brexit tra Londra e Bruxelles è stato di 30,2 miliardi di sterline, di cui il Regno, stando ai dati di inizio 2024, ha pagato 23,8 miliardi di pound e ne restano da sborsare 6,4. A pagare sono state soprattutto le piccole e medie imprese colpite dall’entrata in vigore dei nuovi controlli alle frontiere. Gli economisti Ana Andrade e Dan Hanson, intervistati dal giornale storicamente su posizioni filo-Ue, hanno affermato che la Gran Bretagna ha commesso “un atto di autolesionismo economico quando ha votato per lasciare l’Unione”: è stato stimato un Pil inferiore del 4% rispetto a quello che sarebbe stato senza la Brexit.

Certo, hanno influito anche altri fattori in primis l’impatto della pandemia. Ma gli effetti nefasti della Brexit sono stati confermati dalle maggiori istituzioni del Regno, inclusa la Bank of England, e anche l’Office for Budget Responsibility (Obr), l’ufficio indipendente che fornisce al Tesoro le stime per le manovre finanziarie. Da parte del governo laburista di Starmer, al potere dal luglio scorso, è stato avviato un “reset” per migliorare le relazioni con l’Ue che però esclude di rimettere in discussione il divorzio del Regno, l’uscita dal mercato unico e dal circuito della libertà di movimento dei cittadini. D’altro canto, per il primo ministro la questione Brexit è al momento l’ultimo dei problemi.

di Claudio Paudice su Huffpost

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