Anno: XXVI - Numero 12    
Venerdì 12 Gennaio 2025 ore 13:45
Resta aggiornato:

Home » Ruffini scende in campo: prima un libro, poi un tour per l’Italia

Ruffini scende in campo: prima un libro, poi un tour per l'Italia

L'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate punta a creare un movimento al centro - con dentro sia cattolici che liberali - che è fuori dal Pd ma che dialoghi con esso.

Ruffini scende in campo: prima un libro, poi un tour per l'Italia

Il dado è tratto. Pare esagerato rispolverare la celebre frase di Giulio Cesare, visto che qui stiamo parlando delle sorti del centro politico italiano, ma tant’è. Ernesto Maria Ruffini, l’ex direttore dell’agenzia delle Entrate dimessosi in contrasto con la linea del governo Meloni, starebbe preparando la sua discesa in campo. I prossimi step saranno decisivi per capire se e come si potrà costruire un polo moderato, liberale e cattolico dentro il campo del centrosinistra, senza diventare un’ennesima corrente interna al Partito democratico di Elly Schlein. “Fuori lo spazio c’è e lui è un uomo nuovo”, spiegano all’HuffPost diverse personalità che lo stanno seguendo. Lanciando un nuovo libro, Ruffini dovrebbe partire per un tour in Italia, appoggiandosi alle reti cattoliche e centriste, così da capire su quali consensi potrebbe contare. L’obiettivo non è strappare voti al Pd, ma andare fuori e dare una casa “ai tanti che non votano più”. Formare una Margherita 2.0 è un’impresa ardua, ma l’intenzione c’è. 

È il 26 maggio 2023, siamo a Catania. Ernesto Ruffini è ancora direttore delle Entrate, anzi è stato riconfermato in quel posto da Giorgia Meloni nonostante la sua prima nomina fosse arrivata sotto il governo Gentiloni. In città siamo alle battute finali della campagna per il nuovo sindaco ed è presente mezzo esecutivo. Dal palco, per l’intervento conclusivo, prende parola la premier. Tra i vari passaggi, molto da campagna elettorale e poco istituzionali, uno fa saltare sulla sedia Ruffini: “La lotta all’evasione si fa davvero dove sta l’evasione, le big company, le banche e non il piccolo commerciante a cui vai a chiedere il pizzo di Stato”. Applausi a scena aperta. A Roma, invece, c’è chi si augura di aver sentito male. Ruffini capisce la distanza tra la sua storia e cultura politica e quella dell’esecutivo.

Il 13 dicembre scorso, avendo presumibilmente rotto il rapporto di fiducia con la premier, Ruffini lascia il suo incarico. In quei giorni aveva fatto discutere, almeno mediaticamente, la sua partecipazione a una conferenza all’Università Lumsa, a Roma. “Tutti siamo chiamati a servire il Paese nel tempo e nel luogo in cui ci troviamo”, aveva detto. Parole mal digerite da una certa destra di governo, che ha tradotto quelle frasi in intenzione politiche e quindi ha invocato le sue dimissioni, arrivate con un’intervista al Corriere, in cui rivendicava “il diritto di parlare”.  Rimessi insieme i cocci, libero da incarichi istituzionali, ora avrebbe deciso di tentare la via politica.

La scusa, o meglio l’opportunità, è quella del suo nuovo libro, edito da Feltrinelli. “Uscirà a fine febbraio, al massimo all’inizio di marzo”, conferma ad HuffPost chi lo sta seguendo in questa avventura politica. Sarà un manifesto, un richiamo a quei valori cattolici e riformisti che sono il suo bagaglio culturale, genetico (suo padre Attilio è stato un importante ministro democristiano). Il testo verterà sui diritti sociali e sull’impegno per il bene comune. Sono concetti che aveva già espresso nel 2022, scritti nel libro “Uguali per Costituzione”, andato in stampa con la prefazione di Sergio Mattarella. Senza lanciarsi in un’esegesi, possiamo anticipare alcuni passaggi riascoltando l’ultima conferenza che ha tenuto a Caserta.

Cinque giorni fa, ospite della Scuola di classe dirigente cattolica riconosciuta dalla Cei, la Polity Design, Ruffini ha rifiutato “etichette che creano steccati”, ma ha ammesso la volontà di “parlare di diritti, come quello di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione”. Ancora: “Tra il 1943 e il ’45, su 46 milioni di italiani, alla fine sono state 300 mila le persone che hanno fatto la Resistenza. Anche una minoranza può fare la storia”. Tra una citazione di Alcide De Gasperi (“Dobbiamo essere pronti”) e un rimando ad Hannah Arendt (“Siamo nati per cominciare”), ha parlato di “clima che è cambiato” e ha detto che l’importante è “sapere cosa fare e non come. O meglio, il come viene in un secondo momento”. Ecco, siamo al secondo momento.

“Siamo alle fase preliminari, ma la scelta di far politica l’ha fatta già dimettendosi”, ci dice chi è sicuro del suo impegno. I prossimi passi prevedono la pubblicazione del libro e poi un tour in giro per l’Italia. Un’operazione alla Vannacci, verrebbe da dire, se non fossimo su un fronte del tutto opposto. Ruffini si appoggerà alla rete che più conosce, quella cattolica (Acli, scout, Cisl, Azione cattolica), ma il suo tentativo “non è quello di creare un movimento cattolico”, semmai un “partito o un movimento con anche i cattolici, che sia esterno al Partito democratico, dove non c’è più spazio, e che sia capace di raccogliere voti tra gli astenuti, che sono la maggioranza dell’elettorato”. Un percorso lungo, racconta un ex deputato d’area, che inizierebbe con un giro per il Paese.

Intanto, il mondo del Partito democratico è in fermento. Solo nel prossimo weekend ci saranno tre convegni: a Brescia un pezzo di sinistra del partito mette sul palco l’ex ministro Andrea Orlando con Pierluigi Bersani; a Orvieto Libertà Eguale di Enrico Morando e Stefano Ceccanti radunano i libdem, con la partecipazione di Paolo Gentiloni; a Milano il mondo cattolico di sinistra che ruota attorno a Graziano Delrio ha invitato i padri nobili Romano Prodi, l’ultimo segretario del Partito Popolare Italiano, Pierluigi Castagnetti e appunto Ruffini. Sarà lui la guest star. Tutto questo clamore mediatico non spaventa però la segretaria dem, impegnata sui territori e favorevole al dialogo interno. Le mire di Ruffini, in effetti, non sono coincidenti con la linea di Schlein. “Lo spazio c’è, ma è fuori”, commenta chi non andrà al convegno.

Qual è, infatti, questa fantomatica prateria lasciata sgombra da destra e sinistra? “Ruffini si pone come obiettivo quello di recuperare i tanti elettori che non vanno a votare, quei cittadini che hanno perso la fiducia nella politica”. “Se non li vogliamo chiamare moderati”, continua chi spesso si è speso per questo elettorato, “chiamiamoli non oltranzisti”. Il suo viaggio in Italia ha “la finalità di costruire un ponte con loro”. Sarà, appunto, un tentativo, “poi si tireranno le somme”.

I sostenitori non mancano. Romano Prodi l’ha incensato più volte, parlando di lui come di “una persona di qualità, uno bravo”. Bruno Tabacci, deputato di lungo corso e fine conoscitore della politica, in un’intervista ad HuffPost ha detto di “aver trovato nelle sue parole i contenuti della buona politica”. Il suo punto di forza, ragiona chi ancora non vuole esporsi, è poi “quello di essere percepito come un uomo nuovo, distante dai litigi del centro, con la cultura e la postura giusta”. Non mancano, però, i critici: proporre un’operazione di rinnovamento politico con “l’esattore delle tasse” sembra complicato. Lo stesso Matteo Renzi, che pure l’aveva lanciato alla prima Leopolda, nel 2010, l’ha disconosciuto: “Io sono un grande fan della figura biblica di Zaccheo, ma prima di dire se va bene quello che viene dall’Agenzia delle Entrate possiamo sommessamente ragionare se abbiamo un’idea condivisa sulle tasse?”, ha detto l’ex premier, senza citarlo e dopo aver spento le candeline per i suoi 50 anni.

Oltre all’uomo, c’è lo spazio. Molti esponenti di rilievo del mondo cattolico più che bocciare le capacità di Ruffini, non vedono l’agibilità politica di un soggetto cattolico o comunque centrista. Ieri, in un convegno al Senato, organizzato dall’ex Margherita Giorgio Merlo, si è creata un’inedita complicità di vedute tra Rosy Bindi e Pierferdinando Casini: entrambi hanno sostenuto che, al di fuori dell’attuale schema bipolare, “non c’è spazio” per un soggetto centrista. Lo stesso Merlo, in libreria con il suo nuovo libro “Cattolici al centro”, ha fatto delle doverose premesse: “O si mette in discussione l’attuale assetto politico, rompendo il bipolarismo, oppure non si può fare nulla”. L’unica alternativa rimasta allora sarebbe “una divisione del Pd”. “Ma il Pd si spacca?”, è la domanda posta da Merlo.

I tormenti del centro, iniziati con la dissoluzione della Democrazia cristiana e mai risolti fino ad oggi, rimangono. La sensazione è che oggi pochi moderati abbandonerebbero un porto sicuro, seppur soffocante, per approdare in un nuovo soggetto centrista. E non è detto che l’uomo nuovo, quel Ruffini dall’agenzia dell’Entrate, riesca a fondarlo. Di sicuro, però, ci proverà.

di  Giulio Ucciero  su Huffpost

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Come Meloni cerca di evitare la guerra in Veneto

Come Meloni cerca di evitare la guerra in Veneto

16 Gennaio 2025

Davanti alle bellicose resistenze della Lega, che vuole tenersi la Regione culla dell’autonomismo, con Zaia o no, la premier non risponde al fuoco e propone un grande patto. Tutte le poltrone da spartirsi in ottobre.

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.