Arte (pennello) e scienza (compasso strettamente legate per diffondere il sapere
PalabancaEventi di Piacenza interessante viaggio nel 1600 con Antonio Iommelli.
Pubblico numeroso in Sala Panini del PalabancaEventi per il quarto appuntamento (dopo quelli con Luigi Rizzi, Graziano Tonelli e Valeria Poli) con le manifestazioni collaterali alla mostra “Atlas Maior – Un universo senza confini – La cartografia, il viaggio e l’arte”, promossa dalla Banca di Piacenza e aperta fino a domenica 19 gennaio dopo la proroga decisa dall’Istituto di credito valutato il successo della rassegna.
Il curatore scientifico della mostra Antonio Iommelli (direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese) – introdotto da Roberto Tagliaferri, responsabile dell’Ufficio Economato e Sicurezza della Banca – ha con grande maestria portato i presenti dentro il 1600 (periodo a cui risale la realizzazione dell’Atlas Maior), un secolo tra luci e ombre dove arte e scienza avevano «un rapporto stretto» (da qui il titolo della conferenza, “Tra pennello e compasso”).
Il viaggio del dott. Iommelli è iniziato dall’Olanda di Willem Beau, padre di Joan autore dell’Atlas. Figura di spicco nella storia della cartografia e dell’astronomia, è il classico esempio, ha rimarcato il relatore, di come attraverso la scienza si potessero raggiungere posizioni di agiatezza pur non essendo di nobili origini. L’Olanda a quel tempo era una terra «in bilico tra cattolicesimo e protestantesimo», dove gli artisti erano più liberi, rispetto all’Italia, di rappresentare le scoperte scientifiche nelle loro opere. Terra che si arricchisce attraverso il commercio alimentato dal desiderio di viaggiare verso l’ignoto alla scoperta di nuovi mondi, da dove arrivavano poi spezie, ceramiche, tessuti. E le case olandesi erano ricche di ceramiche e opere d’arte, opere dove venivano spesso rappresentati carte geografiche e oggetti legati alla geografia (globi celesti e terrestri, la sfera armillare). Il direttore dei Musei Civici ha quindi mostrato diverse opere di Jan Vermeer (Donna in azzurro che legge una lettera, Donna con brocca d’acqua, Allegoria della pittura, Allegoria della Fede) nelle quali sono dipinte in modo dettagliato mappe e simboli della scienza in maniera diretta. In Italia, invece, fortemente influenzata dalla regole della Chiesa, gli artisti erano costretti a rappresentare il legame tra arte e scienza “nascondendo”, per esempio, la luna cinerea teorizzata da Leonardo da Vinci o quella dove si vedevano i crateri, a dimostrazione che non era piatta come si sosteneva all’epoca; o il cannocchiale, che per primo Galileo puntò verso il cielo allo scoperta dei pianeti e che diventò emblema del sapere. «Gli scienziati – ha spiegato il dott. Iommelli – ruppero gli schemi e per questo furono messi al rogo. Ricordo che Galilei fu riabilitato solo nel 1992 da Papa Giovanni Paolo II».
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