Anno: XXVI - Numero 36    
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Bettino Craxi: il sovranista che si muoveva fra i fili spinati

Fu il primo leader a guardare oltre l’equilibrio di Yalta e a battersi per l’autodeterminazione di tutti, dei popoli e dei singoli: coi dissidenti antifascisti cileni e coi dissidenti anticomunisti dell’Est Europa. Fu filoatlantico ma senza sudditanza. Il suo ruolo nella caduta del Muro. Idee e premonizioni sul Medio Oriente.

Bettino Craxi: il sovranista che si muoveva fra i fili spinati

A venticinque anni dalla morte di Bettino Craxi – di cui è fra i più accreditati studiosi, e più in generale del socialismo italiano ripubblica Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (editore Rubbettino), fortunato saggio del 2020. La nuova edizione contiene nuovi documenti, provenienti da archivi e desecretazioni, di cui Martini offre un esempio in questo articolo per Huffpost. 

In un Paese che nella sua storia comprende piazza Venezia e piazzale Loreto, era quasi fatale passare dall’ostinato ostracismo nei confronti della figura di Bettino Craxi ad una “riscoperta” a passo di carica. A fette grosse. In vista del 19 gennaio, anniversario dei 25 anni dalla scomparsa, l’attenzione politico-editoriale di questi giorni si sta concentrando quasi unicamente su luoghi comuni rivestiti da una patina benevolente, ma trascurando l’essenza di Craxi, la lezione che più “parla” alla politica odierna: la sua capacità, quasi unica nella storia della Repubblica, di difendere, sì, la sovranità nazionale, ma da tutti i lati. Su tutti i fronti. E dunque, contro i missili sovietici negli anni Ottanta e poi a Sigonella – come è arcinoto – contro l’invadenza americana, ma anche – ed è sfuggito ai più – contro il radicalismo palestinesi degli “antenati” di Hamas. E dunque, anche gli aiuti concretissimi di Craxi ai compagni socialisti cileni costretti alla clandestinità del golpe favorito dalla Cia, ma anche la Biennale del 1977 che consente una vetrina internazionale ai dissidenti dell’Est, ignorati dal Pci di Enrico Berlinguer e da quasi tutti i socialisti europei. 

Proprio per tutto questo, le nuove testimonianze e i documenti desecretati, contenuti nella nuova edizione di Controvento. La vera storia di Bettino Craxi, consentono di definire ancor meglio un aspetto che per decenni si era intuito ma che alla fine si impone come il senso ultimo di una battaglia politica: questa capacità di Craxi si provare a conquistare il massimo di sovranità possibile per il proprio Paese, per il proprio partito e per una sinistra di governo. Detto più semplicemente: Bettino Craxi, proprio per questo suo spirito indipendentista, è stato uno dei pochi leader del dopoguerra che abbia provato a superare i confini tracciati a Yalta dalle due superpotenze della Guerra fredda. 

Certo, la distanza storica ed emotiva ha consentito di fissare bene anche i limiti oramai conclamati di Craxi: non soltanto aver accettato la logica del finanziamento illegale ma averlo centralizzato, non per arricchimenti personale ma per controllarlo meglio. E non aver capito la fase finale della Prima Repubblica, sbagliando partner (la vecchia Dc) e avversari, a cominciare dai referendari, unici innovatori nella continuità

Fu filoatlantico, non si discute, ma senza sudditanza e non era affatto semplice in quegli anni. Questa vocazione a muoversi tra i fili spinati si manifestò negli anni Ottanta, a partire dal 1979, quando i governi italiani guidati dal democristiano atlantista Francesco Cossiga e poi dallo stesso Craxi, aderirono al programma dell’Alleanza atlantica di contrasto agli Ss-20 dispiegati dai sovietici. Craxi fece la scelta più difficile quando era segretario del Psi: prima dovette convincere i suoi riottosi gruppi parlamentari e poi affrontò una battaglia durissima nel Paese: milioni di pacifisti scesero in piazza, non contro l’Urss che per prima aveva dispiegato i missili contro l’Europa democratica, ma contro la Nato che immaginava di difendersi, con un posizionamento di testate capaci di rappresentare una deterrenza. 

Diversi anni dopo, in una occasione privata, Zbigniew Brzezinski, consigliere per la Sicurezza col presidente Jimmy Carter, ha confidato quanto pesò quel dispiegamento (trascinato da Germania e Italia) nella dissoluzione dell’impero sovietico: “Senza i missili Pershing e Cruise in Europa la guerra fredda non sarebbe stata vinta; senza la decisione di installarli in Italia, quei missili in Europa non ci sarebbero stati; senza il Psi di Craxi la decisione dell’Italia non sarebbe stata presa. Il Partito socialista italiano è stato dunque un protagonista piccolo, ma assolutamente determinante, in un momento decisivo”.

La vicenda di Sigonella, nell’autunno 1985, è passata alla storia come la prima occasione nella quale un presidente del Consiglio italiano seppe respingere un’interpretazione molto hard del concetto di sovranità da parte degli Stati Uniti. Ma quella efficace resistenza finì per oscurare un dato che sarebbe diventato strutturale: l’escalation nel mondo palestinese di un radicalismo che in quella occasione mirava a minare la leadership di Arafat, che guardava con favore all’equilibrato piano italiano di pace per il Medio Oriente che Craxi in quella fase stava coltivando. Craxi ne aveva parlato durante un incontro col presidente americano Ronald Reagan alla Casa Bianca. Il presidente del Consiglio socialista, a dispetto della fama di filo-palestinese, in quella occasione aveva caldeggiato un piano fondato non sulla formula “due popoli, due Stati”, considerata prematura, ma su un approccio gradualista che prevedeva una fase iniziale, di autogoverno di Gaza in federazione con la Giordania. 

Craxi, incoraggiato da Reagan ne parlò con tutti i capi di Stato del Medio Oriente e poi, finalmente, all’inizio del 1985, ricevette a Roma il primo ministro israeliano, il laburista Shimon Peres. E quando si arrivò al dunque si consumò uno scontro molto aspro, del quale nulla si seppe, tra Craxi e Peres, culminato in una frase lapidaria pronunciata dal primo ministro israeliano, che sibilò: “Craxi, sei in anticipo con la storia, non posso seguirti”. Seguì un prolungato silenzio ma a quel punto il piano italiano era indebolito ma ancora in vita. Dieci mesi dopo il colpo di grazia lo diedero le frange oltranziste dell’Olp nell’assalto alla Achille Lauro, culminato nell’esecuzione del cittadino americano Leo Klinghoffer, che viaggiava su una carrozzina e che fu gettato in mare. 

Nella sua ricerca di una strada per il Medio Oriente, Craxi a Sigonella aveva fronteggiato al tempo stesso gli americani e gli “antenati” di Hamas, trovando la porta chiusa anche di Israele. Molti anni dopo l’ambasciatore Antonio Badini, presente in tutti i colloqui più importanti e dotato di una particolare finezza psicologica e politica, annoterà che l’incontro con Peres era quello che più aveva deluso Craxi, un esito “premonitore della sua solitudine nella ricerca di giustizia per il popolo palestinese”.

Alla fine il filo rosso della sua politica estera – l’internazionalismo e il sostegno alle cause di libertà – è lo stesso delle scelte di politica italiana. Alla fine tanti suoi interventi, anche spericolati e controversi, furono ispirati da una costante ribellione verso chi impone soluzioni, perché alla fine l’auto-determinazione – dei popoli e dei singoli – resta il bene più prezioso di tutti.

di  Fabio Martini

 

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