L’Anm è nuda. Vuole giocarsi il tutto per tutto e far saltare la separazione delle carriere
Non regge più la favola dei pm custodi della morale e castigatori dei corrotti: il sindacato delle toghe getta via la maschera e scende in campo come un partito. Pronto pure a indossare magliette anti Nordio alle solenni cerimonie dell'anno giudiziario.
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L’Anm è nuda. Come un re. Come il re che ha governato, anzi sottomesso il sistema politico dal 1992 a oggi. Lo ha fatto per l’intero ventennio berlusconiano e poi nei lustri successivi. Con l’allure snobistica e sussiegosa dei custodi della morale. I pm cambiavano il destino di leader e governi, ma nel supremo distacco dei loro uffici giudiziari. Indicavano la retta via al popolo ma senza sporcarsi le mani. Ora no. Ora se le sporcano. Sono pronti a presidiare le cerimonie inaugurali dell’anno giudiziario, in programma venerdì e sabato prossimi, bardati di magliette anti-Nordio, come i militanti di un partito antagonista.
Peccato siano invece i titolari di uno dei tre poteri della Repubblica. Peccato si tratti dei giudici imparziali che dovrebbero garantire la terzietà, ai segretari di partito indagati perché presunti corrotti come ai cittadini invisibili e alle loro vite distrutte da un’accusa ingiusta. Peccato si tratti non degli attivisti di Just stop oil ma dei pm colleghi di quei giudici, pm che rivendicano di ispirarsi alla “comune cultura della giurisdizione”. Siamo nella Repubblica del possibile. Dove tutto e il suo contrario può succedere.
Ebbene sì. L’Anm stavolta non si limita a una giornata di astensione dalle udienze. Stavolta si gioca il tutto per tutto. Alle inaugurazioni dell’anno giudiziario e nei prossimi comizi contro la riforma Nordio. E siamo soltanto al day after del primo seppur decisivo voto (il testo è destinato a non cambiare più nelle successive tre letture parlamentari). Figuriamoci quando l’iter previsto dall’articolo 138 per le leggi che modificano la Carta sarà concluso. Figuriamoci quando Palazzo Madama avrà pronunciato l’ultimo dei quattro sì ed entreremo nel pieno della praticamente certa campagna per il referendum confermativo. Cosa succederà, allora? Fino a che punto la magistratura associata svestirà la toga e scenderà in campo? E fino a che punto tutto questo sarà costituzionalmente tollerabile?
È una domanda necessaria. Ma non è detto che susciti risposte decisive. O meglio: il governo di questa situazione politico-istituzionale fuori controllo sarà in parte nelle mani del presidente della Repubblica. Che riuscirà – se ne può essere certi – ad arginare, impedire, censurare le derive e gli esibizionismi più estremi delle correnti Anm. Ma c’è una battaglia più sottile, pervasiva, subliminale che l’associazionismo giudiziario militante è pronto a combattere pur senza esporsi in maniera troppo plateale. Sarà possibile grazie alla sponda dei partiti di opposizione. Faranno eccezione +Europa, Azione e Italia viva.Giovedì scorso, alla Camera, i deputati di Carlo Calenda e Riccardo Magi hanno votato sì, Matteo Renzi ha dato ai suoi licenza di astenersi. L’ex premier non contribuirà all’alleanza toghe-centrosinistra. Che però ci sarà. A fronte della mobilitazione annunciata dall’Anm contro la riforma già a partire dall’inaugurazione dell’anno giudiziario, il Pd, Avs e ovviamente il Movimento 5 Stelle hanno già detto che, tranquilli, cosa c’è di strano, i magistrati hanno tutto il diritto di mobilitarsi come se non fossero magistrati, come se non fossero un presidio della democrazia chiamato a una funzione delicatissima e distante dagli schieramenti.
Sarà la sponda fra opposizioni e Anm a fare di quest’ultima un partito di fatto, nella campagna referendaria. Non ci saranno comitati formati dalle correnti della magistratura, ma i comitati dei partiti daranno piena ospitalità alle lectio delle toghe sulla democrazia insidiata da Carlo Nordio. Lo schema è già scritto. Siamo solo alle prove generali.
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