Perché la Cisl di Luigi Sbarra è rimasta fedele alle sue radici storiche
Per evitare equivoci e fraintendimenti, al di là delle strane polemiche, fermiamoci almeno su tre aspetti essenziali che hanno caratterizzato la gestione di Sbarra: autonomia, contrattazione e rappresentanza sociale.
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Finisce la stagione di Luigi Sbarra alla guida della Cisl e inizia quella di Daniela Fumarola. Un avvicendamento dovuto a ragioni statutarie ma, proprio attraverso questo cambio, abbiamo anche la possibilità concreta di evidenziare alcuni aspetti costitutivi che hanno segnato e accompagnato l’azione del leader cislino calabrese in questi ultimi 4 anni. Anche perché, qua e là, emergono distinguo e contestazioni sul fatto che la Cisl avrebbe compiuto una eccessiva discontinuità rispetto al suo passato recente e meno recente.
Ora, per evitare equivoci e fraintendimenti, fermiamoci almeno su tre aspetti essenziali che hanno caratterizzato la gestione di Luigi Sbarra.
Innanzitutto, il capitolo delicato dell’autonomia. Un’autonomia che, storicamente, è stato il cavallo di battaglia della Cisl, con qualsiasi gestione e con tutti i segretari generali che si sono succeduti. Un elemento, questo, che è emerso in tutta la sua coerenza anche e soprattutto durante l’ultima gestione. Insomma, si potrebbe dire che la Cisl, oggi e su questo versante, è l’esatta alternativa rispetto al comportamento concreto del tradizionale sindacato rosso, cioè la Cgil. E quindi, nessun collateralismo con i partiti, nessun pregiudizio politico o, peggio ancora, ideologico nei confronti dei governi di turno; e, infine, nessuna commistione con l’agenda politica e programmatica dei partiti. Appunto, l’esatto opposto dell’attuale strategia della Cgil dove non si sa ancora bene se è il sindacato che detta l’agenda politica al ‘campo largo’ o se è il ‘campo largo’ che lo detta alla Cgil. Nell’un come nell’altro caso, la Cisl si trova su sponde lontane se non addirittura alternative rispetto a questa concezione.
In secondo luogo, il tema della contrattazione. Se c’è un sindacato che, storicamente, individua proprio nella contrattazione locale e nazionale lo strumento decisivo per conseguire miglioramenti concreti per le condizioni reali dei lavoratori e per tutte le persone questo è la Cisl. E questo perché l’obiettivo di fondo, ieri come oggi, resta sempre quello della coesione e della concordia sociale e mai quella della “rivolta” o della “rivoluzione” sociale. E su questo versante, soprattutto su questo versante, le posizioni rispetto all’attuale leadership della Cgil sono radicalmente diverse. Per la semplice ragione che la Cisl punta a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori attraverso le armi del dialogo, del confronto e dei risultati concreti che di volta in volta si possono raggiungere. La Cgil, di combutta con la Uil persegue, al contrario, l’obiettivo dell’assalto alla diligenza, della “rivolta sociale” e del cambiamento del quadro politico e dell’attuale assetto di governo. Una finalità, appunto, che si addice ai partiti e non a un sindacato.
Infine, il capitolo della rappresentanza sociale. La Cisl, come del resto le altre organizzazioni sindacali, hanno il dovere, prima ancora del diritto, di portare risultati concreti e tangibili non solo per i propri associati e iscritti ma, soprattutto, per tutti coloro che si attendono dal sindacato battaglie mirate a vantaggio dei ceti popolari da un lato e per una miglior e maggior giustizia sociale dall’altro. Si tratta di risultati che, però, richiedono al sindacato di declinare sino in fondo il proprio ruolo che non è quello di uno strutturale e scientifico contrasto ideologico con la controparte politica o di governo sgraditi. Perché se il comportamento si riducesse a questo, dovremmo prendere amaramente atto che anche il sindacato ha subito una mutazione genetica rispetto alle origini, al di là delle differenze politiche e culturali delle varie sigle in campo.
Ecco perché la Cisl di Luigi Sbarra, al di là delle grossolane e interessate polemiche, è rimasta fedele alle sue radici storiche. Checché ne dicano i detrattori storici dell’autonomia del sindacato dalla politica e dai partiti.
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