Duplice femminicidio "umanamente comprensibile", la Procura critica e fa appello.
Per il Procuratore Masini e il Pm Di Giorgio la sentenza emessa in primo grado dalla Corte d'Assise "stravolge il senso comune". Chiesti in Appello il riconoscimento della premeditazione e delle aggravanti.

Ha fatto molto discutere qualche settimana fa la sentenza della Corte d’Assise con la quale il Tribunale di Modena ha condannato a 30 anni di carcere Salvatore Montefusco, autore del duplice omicidio della moglie Gabriela Trandafir e della figlia di lei, Renata. Al centro del dibattito, che aveva sollevato anche durissime reazioni politiche, la mancata condanna all’ergastolo, ma soprattutto un passaggio della sentenza che pareva “giustificazionista”.
La Corte aveva infatti aveva concesso “le attenuanti generiche equivalenti alle residue aggravanti contestate al Montefusco, in ragione della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato”.
Di fronte a questo pronunciamenti, la Procura della Repubblica di Modena ha deciso di ricorrere in Appello, con l’obiettivo di veder riconosciute nel secondo grado di giudizio le proprie richieste in merito all’ergasotlo e al riconoscimento della premeditazione e di svariate aggravanti.
Per il Procuratore Luca Masini e il Pm Giuseppe Di Giorgio, infatti, i due omicidi “sono frutto di una deliberazione lucida, preparata, covata dal Montefusco nel corso del tempo, come modalità estrema di risoluzione del conflitto che nell’ultimo anno aveva raggiunto un apice ed aveva visto l’attivazione di procedimenti penali e di un procedimento civile per separazione”.
Non solo. La dichiarazione di appello critica anche il passaggio chiave della sentenza, che per i magistrati “appare non solo assolutamente infelice, ma anche del tutto non condivisibile, neppure ove formulato da una giuria popolare”. E’ infatti scritto che il giudice “non deve formulare valutazioni di soggettiva e opinabile ‘comprensione’ del reato (perfino in presenza di fatti di gran lunga meno gravi di due omicidi a sangue freddo) ma cercare e argomentare in maniera convincente la sussistenza di elementi, oggettivi o soggettivi, che possano motivatamente influire sulla quantificazione della pena. Tanto più di fronte a episodi di inaudita violenza con i quali viene tolta la vita a due donne, madre e figlia, con le quali l’omicida aveva in corso un procedimento di separazione che avrebbe fatto presto il suo corso per vie ‘civili'”.
“Con completo stravolgimento del senso comune (e dei principi normativi internazionali) che induce a condannare comportamenti di aggressione nei confronti di soggetti deboli, soprattutto ove commessi nell’ambito delle relazioni familiari e affettive, la sentenza giunge a gettare uno sguardo indulgente sul duplice omicidio proprio in quanto avvenuto in contesto domestico”, si legge inoltre nell’appello.
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