La pensione contributiva in Cassa Forense
Gli avvocati che saranno iscritti in CF dal 01.01.2025, alla fine del percorso lavorativo si vedranno liquidare la pensione unica di vecchiaia contributiva che decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello in cui viene presentata la domanda.
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Sempre che, a tale data, siano maturati i requisiti che sono:
– 70 anni di età;
– almeno cinque anni di effettiva iscrizione e integrale contribuzione.
L’integrazione al trattamento minimo spetta solo se l’iscritto ha maturato almeno 35 anni di contribuzione.
La pensione unica di vecchiaia contributiva può essere anticipata dai 70 anni ai 65 anni di età, se l’iscritto ha almeno 35 anni di contribuzione e se l’importo della pensione non risulta inferiore alla pensione integrata al minimo (€ 10.250,00, preso come base l’anno 2029).
Per determinare la pensione contributiva si considera l’importo totale dei contributi versati, rivalutati di anno in anno in base al PIL nominale e lo si moltiplica per il coefficiente di trasformazione che dipende dall’età dell’iscritto al momento della domanda di pensionamento.
Gli autori del libro “La nuova previdenza forense”, Marina Piovera e Michele Proietti, Cedam 2025, hanno fatto un calcolo del tasso di sostituzione a seconda della velocità di carriera.
Il calcolo è stato fatto in assenza di inflazione, ipotizzando una crescita del PIL reale dello 0,7% annuo e applicando le aliquote contributive del 16% per il primo anno, del 17% per il secondo e del 18% dal terzo anno in poi. Il coefficiente di trasformazione del montante utilizzato è quello per i 70 anni aggiornato al 2025, pari a 6,258%. Per il calcolo del tasso di sostituzione netto si è fatto riferimento alle aliquote fiscali IRPEF 2025.
Si è assunto un reddito di partenza corrispondente al reddito medio degli avvocati fra i 30 e i 35 anni che, in base ai dati forniti da Cassa Forense, risulta di € 18.000,00. Tale reddito è stato poi proiettato nel tempo con tassi di crescita differenti e precisamente del 3% per carriera lenta, del 5% per carriera media e del 7% per carriera veloce.
Si sono così ottenuti i seguenti redditi di fine carriera:
€ 49.174,00 per carriera lenta;
€ 94.560,00 per carriera media;
€ 179.606,00 per carriera veloce
a cui corrisponde un tasso di sostituzione netto del 41% per la carriera lenta, del 32% per quella media e 23% per quella veloce.
Pensione lorda di € 13.479 per la carriera lenta, di € 19.816 per quella media e di € 28.453 per quella veloce.
Questo succede perché, nel sistema contributivo, la pensione si basa sui contributi versati e rivalutati nel corso della vita lavorativa.
Se il reddito cresce velocemente, i contributi versati negli anni iniziali più bassi hanno un peso maggiore nel calcolo della pensione perché vengono rivalutati per un periodo di tempo più lungo.
Al contrario, i contributi versati negli ultimi anni incidono meno sul montante contributivo perché hanno meno tempo per essere rivalutati.
Del resto, la tabella 8.3 del Bilancio tecnico specifico di CF del 21.06.2024 è la seguente:
Gli autori Provera e Proietti, dall’analisi di questi dati concludono affermando “che il livello di pensione per gli iscritti in regime contributivo puro appare insufficiente a mantenere il tenore di vita raggiunto durante l’attività lavorativa. Per questi iscritti, si pone non solo un tema di adeguatezza della pensione ma anche di equità intergenerazionale, posto che non vengono garantite loro le stesse risorse e possibilità delle generazioni precedenti”.
Quando ho scritto io queste cose, molti capitoli del mio quaderno n. 14 trattano il tema, sono stato additato come il solito contestatore, non costruttivo.
Se le scrivono, invece, Marina Piovera e Michele Proietti conseguono un lusinghiero giudizio come quello espresso nella prefazione dal Presidente di Cassa Forense per il quale “la competenza, l’equilibrio e il corretto spirito critico, sempre costruttivo, dimostrati dagli autori rendono la pubblicazione estremamente utile e di grande attualità per tutti gli avvocati, indipendente dall’età e dallo “status” previdenziale”.
Multa paucis.
Molte pensioni contributive risulteranno inferiore all’assegno sociale (misura assistenziale e non previdenziale pari, per il 2025, a € 603,40 mensili per € 7.844,20 annui) il che significa assistenza e non previdenza, con la conseguenza che dovrà farsi con urgenza altra riforma, che sia inclusiva e non esclusiva.
In linea, del resto, con quanto sostenuto dai Ministeri Vigilanti nella nota del 27 settembre 2024 ,che non ha ancora trovato pubblicazione sul sito istituzionale di Cassa Forense e che, invece, tutti gli iscritti avrebbero diritto di conoscere e che ho già commentato nel mio “I segreti di Cassa Forense” (https://www.mondoprofessionisti.it/primo-piano/i-segreti-di-cassa-forense/) e che qui ripropongo proprio per essere costruttivo.
Se è vero che la responsabilità di un futuro pensionistico sereno, non può essere gravata esclusivamente sull’Ente previdenziale, per giovani avvocati che non hanno risorse economiche da destinare alla previdenza modulare, il primo scoglio da rimuovere sarà l’aumento del PIL dell’avvocatura italiana, in una con una sua diversa distribuzione e qui, come ho denunciato più volte, dovrebbe muoversi la politica che ha usato, per anni, l’avvocatura come un ammortizzatore sociale.
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