I nuovi programmi per la scuola
Per capire chi siamo da dove veniamo e dove vogliamo andare.
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“Ragazzi: braccia conserte”. Chi non ricorda, tra i meno giovani, questa perentoria indicazione della maestra delle elementari. Oggi molti direbbero che era una costrizione, che non va bene. Invece, era una indicazione buona e giusta. Perché invitava dei ragazzini naturalmente vivaci, anche se educati in famiglia al rispetto dell’insegnante, ad un po’ d’ordine in un ambiente nel quale si deve soprattutto ascoltare e, inoltre, forniva una regola di sana gestione del tempo trascorso sui banchi. Le braccia conserte, appoggiate sul banco, favorivano una corretta postura che sappiamo essenziale.
La maestra (o il maestro) dettava e noi scrivevamo con la penna intinta nel calamaio dove il bidello versava l’inchiostro. Importante il dettato e la penna perché la pagella riportava anche il voto in “calligrafia”, aggettivata “bella” ignorando che la parola già inglobava nel “call” l’aspetto il bello, del kalos greco. Calligrafia, per scrivere le lettere per come nascono, piccole e grandi, oltre le maiuscole. Sempre in corsivo, oggi opportunamente richiamato. Perché dilaga lo stampatello che non distingue le lettere, tutte della stessa altezza. Con l’effetto di rendere spesso la lettura difficile, ciò che ho constatato in sede di correzione di temi di concorso. E se chi legge trova difficoltà ne risente inevitabilmente anche il giudizio sul contenuto dell’elaborato. Si possono perdere decimali essenziali in una graduatoria.
C’è anche da dire che studi scientifici hanno dimostrato che la scrittura manuale è essenziale anche per la nostra mente. Sicché l’uso del computer non deve annullare l’esperienza dello scritto. Io vi provvedo scrivendo a volte con una penna che memorizza e che riverso nel computer. A volte scrivo a penna e poi detto al computer. Insomma, cerco di non abbandonare la manualità della penna, per me rigorosamente stilografica.
Fatta questa premessa di ricordi e considerazioni, sempre attuali, mi soffermo volentieri sui programmi che ha delineato il Ministro per l’istruzione e il merito, Giuseppe Valditara, per “capire chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare”. Lo ha detto in una intervista a Gianna Fregonara del Corriere della Sera per far comprendere il senso della riforma che entrerà in vigore da settembre 2026, un tempo necessario perché le case editrici possano predisporre i nuovi libri di testo.
Com’era facilmente immaginabile le proposte del Ministro Valditara hanno dato luogo a valutazioni diversificate, con diffuse adesioni ma anche con critiche da chi difende l’indifendibile situazione attuale di degrado conclamato della scuola di ogni ordine e grado, magari mettendo in campo argomentazioni chiaramente di natura ideologica. Come nel caso dell’inclusione nei programmi della lettura della Bibbia da chi lo ritiene un testo esclusivamente religioso mentre ne è stata messa in evidenza la natura di narrazione della storia dell’umanità, “una grande testimonianza culturale”, ha puntualizzato il Ministro Valditara. Tra l’altro un “romanzo” che ha ispirato tanta parte della nostra arte, basti pensare all’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina.
C’è anche chi non condivide il “ritorno” del latino e il taglio dato all’insegnamento della storia. Ancora ideologia, sempre ideologia, quella che ha affossato la scuola. E così c’è chi, e ne dà conto Il Manifesto, parla di un programma “finalizzato a uno scopo politico” e ritiene che si sia fatta una “scelta ideologica a scapito del valore formativo”. Che è solamente la base di partenza di queste critiche come dimostra il fatto che ad essere censurato è anche il richiamo al rispetto per i locali scolastici che se sporcati o distrutti sono azioni “da condannare e stigmatizzare” con richiesta di risarcimento “da parte delle famiglie”. Una regola elementare del diritto, perché è evidente che in una democrazia liberale si può manifestare dissenso ma non danneggiare beni della comunità.
È una sciocchezza che si qualifica da sé come tante altre “critiche” in tema di “valori dell’Occidente” o di storia della stessa area territoriale e culturale. Come se fosse strano che per confrontarci con altre culture si dovesse trascurare di rafforzare la consapevolezza della propria. Non è confronto quello che i nostri “sinistri” in tal modo suggeriscono, è annullamento, appiattimento.
Quanto a latino, come dice il ministro Valditara nella richiamata intervista al Corriere della Sera “è una palestra di logica e abitua al ragionamento, come diceva Gramsci, abitua a studiare; aiuta a capire la grammatica e la sintassi italiana e a esprimersi meglio; è la testimonianza di una civiltà che ha condizionato la civiltà occidentale, la nostra”. È espressione, come il greco, della civiltà occidentale. L’italiano è permeato di espressioni latine e greche. Le due lingue consentono di percepire il valore della cultura classica che condiziona notevolmente il pensiero occidentale moderno.
E qui voglio inserire un episodio che dimostra come noi trascuriamo la lingua Latina, come del resto trascuriamo il diritto romano che invece in altri paesi sono, l’uno e l’altro, oggetto di studio e di approfondimento. Alcuni anni fa una persona amica, chiamata da una agenzia a visitare degli appartamenti a Perugia, dove doveva risiedere per motivi di lavoro, fu invitata insieme ad altre due studentesse, una tedesca e l’altra svedese. Ebbene, la mia amica mi diceva di aver sentito imbarazzo per il fatto che le altre due tra loro parlassero in latino.
Ha fatto bene dunque il Ministro a ripristinare il latino ma se posso fare una critica, per la stima che ho per lui, devo dire che avrebbe dovuto renderlo obbligatorio in alcuni indirizzi scolastici perché una materia facoltativa spesso viene trascurata.
Avrò certamente occasione di tornare sui programmi, convinto che siano fondamentali per creare cittadini e professionisti. E segnalo il degrado dell’insegnamento, una situazione che si deve alla irresponsabilità di parte della classe politica che non si è preoccupata di accompagnare la più ampia diffusione dell’insegnamento con il mantenimento degli standard di preparazione. Come se fosse inevitabile che la scuola “di massa”, perché giustamente aperta a tutti, non possa essere comunque di elevato livello. Perché non vedo la contraddizione tra una scuola aperta e inclusiva e un insegnamento qualificato.
Il degrado è sotto gli occhi di tutti. Nel linguaggio di molti giornali, nei servizi televisivi, nei provvedimenti delle pubbliche amministrazioni, nelle relazioni, nelle memorie degli avvocati e nelle sentenze dei giudici. Per non fare torto a nessuno. Conseguenza di indirizzi didattici che volendo sembrare moderni hanno trascurato il valore del tema in classe, dei riassunti, delle poesie imparate a memoria, della storia e della geografia.
E così si è dato vita ad una scuola di classe. Perché le famiglie che ne hanno la possibilità iscrivono i loro figli nelle scuole che sanno più severe, perché abbiano gli strumenti per essere buoni professionisti, capaci di concorrere ad un posto di lavoro ed a conservarlo facendo carriera. Perché l’italiano, per fare un esempio banale, non interessa solamente i letterati ma tutti, perché anche un ingegnere sarà chiamato ad un colloquio nel quale dovrà farsi conoscere per la sua preparazione professionale ma anche per come espone. Sarà poi chiamato a proporre un progetto, a riferire su un lavoro e sarà apprezzato per come scrive. Al confronto di altri.
La cronaca ci dice che i sinistri, ancorati al diciotto “politico”, consapevoli che in tal modo l’università laureava mediocri che poi avrebbero insegnato ai loro figli li mandavano a studiare in scuole più attrezzate. E se avessero lavorato all’estero avrebbero scelto le più prestigiose.
Ricordo un’intervista televisiva a Furio Colombo, recentemente scomparso, esponente della sinistra più radicale che all’epoca viveva negli Stati Uniti. Alla richiesta dell’intervistatore sulle scuole che frequentavano le sue figlie rispose una “scuola classica, studiano latino e greco”.
Ed ancora mi torna spesso alla mente il Primo ministro del Regno Unito, Sir Antony Eden, il quale, a chi gli faceva i compimenti per il livello di competenze del suo governo, amava sottolineare che, oltre a lui, anche altri ministri erano diplomati all’Eton College. Ebbene sono andato a vedere i programmi attuali di questa prestigiosa scuola dove si forma l’élite inglese. Le materie oggetto di studio sono varie, e spaziano dal campo umanistico a quello scientifico e classico: matematica, biologia, chimica, fisica, informatica, latino, greco, storia, geografia, storia dell’arte, economia, lingue. Tradizione e innovazione secondo il costume inglese. Un po’ come visivamente ci mostra il Reggimento delle Guardie del Re che indossano una uniforme ottocentesca, in testa un colbacco ma a fianco hanno un fucile mitragliatore di ultima generazione.
Infine, le poesie a memoria. La loro importanza è intuitiva. Non solo per l’apprezzamento del testo, spesso di straordinario valore letterario, come nel caso di Dante o di Monti, Carducci, D’Annunzio. Ma perché l’esercizio della memoria è fondamentale e poi recitare dinanzi ai colleghi abitua a parlare in pubblico ad esprimersi con le pause previste e ad avere il giusto tono della voce. Tornerà utile come è stato per tutti.
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