La Consulta cancella i sogni di De Luca
Il suo terzo mandato è incostituzionale.

Per la Corte costituzionale la legge della Regione Campania, che avrebbe aperto a un nuovo mandato per il governatore, non rispetta l’articolo 122 per la Carta, che vale per tutte le regioni a statuto ordinario.
La Corte costituzionale spegne i sogni di Vincenzo De Luca. E gli sbarra la strada per il terzo mandato da presidente della Regione Campania. Secondo la Consulta, che ha deciso su un ricorso del governo contro la legge regionale voluta dallo “Sceriffo” che ambiva a governare ancora, la legge campana viola l’articolo 122 della Costituzione che, scrive la Corte in una nota, “attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del Presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabilità con legge della Repubblica”.
Il divieto del terzo mandato consecutivo, si legge ancora nella nota “opera, infatti, per tutte le Regioni ordinarie, dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale”.
La decisione apre una serie di fronti politici. Il primo, naturalmente, riguarda la Campania. Ci sarà l’ufficiale uscita di scena di De Luca, che le ha provate tutte per fare un altro giro da governatore, nonostante la contrarietà del suo partito, il Pd. Peseranno lo stesso la sua presenza, la sua ostilità alla dirigenza Schlein, il suo notevole bacino elettorale nella partita che si apre ora: quella corsa alle Regionali. Da un lato il centrodestra, che può ambire a scalare la Regione, sperando anche nel grande bacino di voti di De Luca, che non è detto che rimangano tutti al centrosinistra. Dall’altro il centrosinistra stesso: l’operazione per provare a replicare il modello Napoli – con un’alleanza vincente tra Pd, Movimento 5 stelle, altre anime della sinistra, deluchiani e società civile – in Regione è già partita. Il nome che piace sia a Elly Schlein che a Giuseppe Conte è quello di Roberto Fico. L’ex presidente della Camera è stato tra i primi a sostenere l’entrata dei 5 stelle nel campo progressista e quindi la sua candidatura viene vista come un percorso naturale, tanto più in un momento in cui è stato abbattuto il tetto, tutto pentastellato, dei due mandati. Fico in queste ore è a Roma, ufficialmente per assistere al discorso di Carlo III alla Camera. Non si può escludere, però, che abbia avuto contatti anche per ragionare delle elezioni. Sul tavolo, però, c’è un’altra opzione, che piace più a De Luca, il cui pensiero comunque – anche se il suo nome non comparirà nella competizione – peserà: Sergio Costa, parlamentare pentastellato e vicepresidente della Camera.
Anche se la sentenza riguarda solo la Campania, peserà anche sul Veneto: questo verdetto, infatti, restringe di molto le speranze di Luca Zaia. E apre una nuova partita per le Regionali. Perché, per quanto è vero che sentenza si riferisce solo alla Campania, il principio generale che esprime – e che mette dei paletti inamovibili sul terzo mandato – si applica anche alle altre regioni. A quelle a statuto ordinario, almeno, come il Veneto. La Lega, che rivendica la regione dove Zaia ha raggiunto il 70% alle scorse elezioni, dovrà trovare un nuovo nome. E Fratelli d’Italia scegliere se lasciare il ricco bottino all’alleato, oppure insistere con un suo candidato. La decisione della Consulta è un duro colpo per la Lega che, però, oggi ha messo a segno un discreto colpo sul terzo mandato di un suo governatore, Maurizio Fugatti, in Trentino, dove – grazie all’autonomia – la norma non può essere impugnata. La legge che alza il limite dei mandati, proposta dai leghisti trentini e inizialmente bocciata in commissione, è passata grazie al dietro fronti di due consiglieri meloniani, che hanno lasciato il partito e votato a favore. Gli altri due, fedeli alla linea della dirigenza romana di Fratelli d’Italia, hanno votato contro. Il partito di Matteo Salvini, dunque, compie il primo tiro mancino del post congresso nei confronti dell’alleato. Ma subisce, su un fronte molto simile – e certamente più pesante – la scure del giudice delle leggi.
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