La legge della destra che piaceva al Pd e ora lo scandalizza
L’idea di abbassare al 40% la soglia che nei comuni fa scattare il ballottaggio scatena il partito di Schlein: “Blitz alla Orbán”. Ma loro l’hanno già fatta in Toscana e, uguale uguale, l’hanno proposta nel 2017. Mai scordare le virtù cardinali
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Le leggi elettorali sono come il vento che spira dove vuole e si posa dove può, simbolo di una classe dirigente dalla memoria corta e dell’unica regola che in politica conta davvero, i rapporti di forza e la convenienza del momento. Quello che oggi è vero, ieri era falso, salvo apparire verosimile tra due giorni. Un frullatore.
L’idea adesso sul tappeto è quella del centrodestra: nei comuni oltre i 15mila abitanti si va al ballottaggio solo se nessuno supera la soglia del 40 per cento dei votanti, altrimenti vince chi ha preso più voti (attualmente la soglia è del 50 per cento).
Il centrosinistra ha reagito allarmato, chiamando l’emergenza democratica. La segretaria Elly Schlein ha parlato di “uno scempio, una provocazione cui ci opporremo con tutti i mezzi”. Altri hanno evocato “un blitz alla Orbán”, altri ancora di un “colpo di mano”. Proteste che si riferivano anche all’iniziale strumento legislativo individuato (il decreto, in cui in effetti si rischiavano di ravvisare scarsi elementi di “necessità e urgenza”, poi tramutato in disegno di legge).
Ma è davvero così? Una legge elettorale con soglia di ballottaggio al 40 per cento per i comuni esiste da anni e anni in Sicilia come pure in Friuli Venezia Giulia (regioni a statuto speciale e quindi autorizzate a darsi regole particolari). E c’è pure il caso curioso della Toscana, dove identica soglia fu introdotta dai dem per il consiglio regionale (ed è tuttora in vigore), la prima e l’unica regione ad averla (nelle altre non c’è soglia e diventa governatore chi prende un voto in più degli altri). La legge nacque nel 2014 dall’esigenza di uniformarsi ai comuni ma nello stesso tempo non costringere al ballottaggio l’allora candidato governatore Enrico Rossi, evidentemente non considerato tanto forte da raggiungere agevolmente il 50. L’accordo fu trovato dal plenipotenziario azzurro in Toscana, Stefano Parisi (poi passato ad Ala di Denis Verdini), e da vertici regionali Pd. La legge ha funzionato, nessuno gridò all’allarme democratico e anche se il Pd ha poi sempre vinto con percentuali superiori al 40 per cento la soglia ridotta ha incentivato la formazione di coalizione allargate proprio per ridurre il rischio di confronti diretti.
Ma non è finita, e qui viene il bello. Non contento infatti del risultato in riva all’Arno, Stefano Parisi replicò tre anni dopo, facendosi promotore nel luglio 2017 alla Camera di un progetto di legge che abbassava in tutta Italia la soglia al 40 per cento per il ballottaggio dei comuni, oltre a estendere il sistema maggioritario a doppio turno ai comuni con più di 10mila abitanti e non solo a 15mila come era fino ad allora. Progetto identico, per quanto riguarda la soglia, a quello di cui parliamo adesso. Il giorno precedente all’arrivo in prima Commissione della proposta di legge, il 21 luglio, Matteo Ricci responsabile Enti Locali del Pd, audito proprio in Affari costituzionali come vicepresidente Anci (presidente Anci era il collega di partito Antonio Decaro) espresse formalmente parere favorevole alla proposta di Parisi (“sì all’abbassamento della soglia”, ci sono gustosi video che circolano), riservando parere contrario invece all’idea di ridurre a diecimila votanti il maggioritario.
La presa di posizione del Pd, probabilmente anche non estranea all’esigenza di non contrariare i verdiniani all’epoca alleati importanti, mandò su tutte le furie il M5s, che per bocca di Danilo Toninelli attaccò duramente i dem dal blog di Beppe Grillo: “È una porcata al limite dell’eversione. Il Pd è come i bambini che non vogliono perdere e si portano via il pallone. Con questa legge oggi sindaco di Torino sarebbe ancora Piero Fassino che al primo turno ha preso il 41 per cento”. La proposta Parisi fu discussa, stava avviandosi all’approvazione ma poi finì la legislatura e andò a infoltire i cestini della Camera dei deputati (c’è chi adesso nel Pd, forse con un eccesso di autoindulgenza, dice che fu votata proprio perché si sapeva che sarebbe finita in niente). Ora la giostra riparte, ma le posizioni cambiano, con contrapposte argomentazioni prêt-à-porter, tutte buone a tutte cattive a seconda dell’uso.
Molto è mutato rispetto a prima, quando la politica era meno liquida, c’era una diversa percezione delle prospettive e le leggi elettorali si facevano scrivere alle minoranze, o per lo meno insieme a loro. Antica saggezza costituzionale, che forse era più prosaicamente solo prudenza (la prudenza non va sminuita, è pur sempre una virtù cardinale): che non dovesse capitare un giorno di dover stare dall’altra parte della barricata…
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