Anno: XXVI - Numero 74    
Martedì 15 Aprile 2025 ore 13:45
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L'Antitrust punta i riflettori sul mondo degli avvocati.

L’Antitrust ha aperto un nuovo procedimento contro il Cnf in materia di concorrenza e pubblicità su internet per la mancata ottemperanza al precedente provvedimento sanzionatorio del 22 ottobre 2014 (provvedimento n. 25154) ed a seguito del quale era stata irrogata una sanzione al Consiglio Nazionale Forense da quasi un milione di euro.

L'Antitrust punta i riflettori sul mondo degli avvocati.

L’Antitrust prosegue l’offensiva contro il Consiglio Nazionale Forense che è rimasto inadempiente rispetto alle prescrizioni contenute nel precedente provvedimento sanzionatorio n. 25154 del 22 ottobre 2014 e pone particolare attenzione alla norma di cui all’35 del nuovo codice deontologico in materia di pubblicità degli avvocati ed, in particolare, di pubblicità attraverso siti internet.
Il Garante ricorda che nell’ottobre 2014 venne accertata la condotta anticoncorrenziale del Cnf che aveva limitato la libertà degli avvocati nella determinazione della propria condotta sul mercato, da una parte considerando illecito disciplinare la richiesta di compensi inferiori alle tariffe e, dall’altra, limitando l’utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale rendere nota la convenienza della prestazione professionale offerta.

    In particolare, con riferimento a quest’ultimo punto, cruciale nella lettura dell’Antitrust è stato il parere del Cnf n. 48 del 2012 che considerava accaparramento della clientela l’attività pubblicitaria svolta dai professionisti attraverso l’uso di piattaforme come AmicaCard, ritenendo che le stesse consentono al professionista, dietro pagamento di un corrispettivo, di «pubblicizzare l’attività del suo studio evidenziando la misura percentuale dello sconto riservato ai titolari della carta».

Nel provvedimento dell’ottobre 2014, l’Autorità dava conto dei vantaggi economici svolta dalla pubblicità in un’economia di mercato, respingendo poi l’argomentazione del Cnf secondo cui sarebbe legittima la pubblicità effettuata dagli avvocati utilizzando solo siti con nomi di dominio propri, mentre sarebbe deontologicamente scorretto l’utilizzo di siti messi a disposizione da terzi per svolgere la medesima attività.

Ora il Garante rimprovera al Cnf due cose:

  1. Non avere dato alcuna risposta sulle misure prese per rimuovere l’accertata situazione di lesione della concorrenza e ciò malgrado le ripetute sollecitazioni;
  2. Non solo non avere revocato il parere 48/2012 ma anzi averlo conservato sul proprio sito istituzionale e poi, reiterando la condotta censurata, avere inserito nel Codice deontologico una disposizione (art. 35) che, nella sostanza, riproduce il contenuto del parere.

Sotto la lente è finito così l’articolo 35 secondo cui «L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza indirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso», aggiungendo che «le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione» e stabilendo, infine, che «la violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura». Di qui l’apertura di un nuovo procediemnto per inottemperanza.

L’AGCM osserva chele disposizioni del nuovo codice deontologico recepiscono le stesse argomentazioni del CNF in merito alla distinzione tra l’utilizzo – legittimo – di siti web con nomi di dominio propri per veicolare la pubblicità professionale e l’impiego – illegittimo – di siti messi a disposizione da terzi per svolgere la medesima attività, che sono state già espressamente rigettate dall’Autorità nel proprio provvedimento n. 25154 del 2014.
In particolare le prescrizioni contenute nel comma 9 dell’art. 35 del codice deontologico sull’obbligo di comunicazione preventiva al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto dei siti utilizzati per lo svolgimento di attività pubblicitarie, nonché la disposizione di chiusura di cui al comma 11 con cui si subordinano “le forme e le modalità delle informazioni al rispetto dei “principi di dignità e decoro della professione”, oltre a contrastare con le vigenti disposizioni di legge, si pongono in contrasto con quanto contenuto nel citato provvedimento dell’Autorità.
Infatti, tali prescrizioni confermano e inaspriscono le limitazioni introdotte dal CNF per mezzo del parere n. 48/2012 all’impiego di un nuovo canale di diffusione delle informazioni relative all’attività professionale, idoneo a veicolare anche la convenienza economica della prestazione.
In conclusione, le sopra citate disposizioni dell’art. 35 del codice deontologico forense, entrato in vigore il 15 dicembre 2014, si pongono in contrasto con i principi e le valutazioni effettuate dall’Autorità nel provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014; esse, pertanto, costituiscono una violazione di quanto disposto alla lettera c) del deliberato del provvedimento, con il quale l’Autorità diffidava il CNF dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi a quello oggetto dell’infrazione accertata.

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