Anno: XXVI - Numero 80    
Martedì 22 Aprile 2025 ore 13:45
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Compagno Bettini, mi spiace ma dissento: Il Pd non è un movimento

Intervista al senatore dem e segretario della commissione Giustizia che critica le parole di Goffredo Bettini su Russia, Pd e alleanze.

Compagno Bettini, mi spiace ma dissento: Il Pd non è un movimento

«Il Pd non è un movimento» e «non è un partito monoculturale». A dirlo è il senatore dem Walter Verini, segretario della commissione Giustizia e capogruppo in Antimafia, che critica le parole di Goffredo Bettini, dal quale si dice «in netto dissenso».

Senatore Verini, l’intervista di Bettini al Fatto ha suscitato scalpore e dibattito nel centrosinistra: lei che idea si è fatto su quelle parole?

La prima idea è che va dato atto a Bettini di intervenire – con libri, interviste – nel dibattito politico. E questo secondo me è apprezzabile. Ho nostalgia di luoghi nei quali il dibattito, anche aspro, era sulle idee. Detto ciò, sono in radicale dissenso con molte di quelle parole. A partire da quelle sull’Ucraina. Penso infatti che Putin sia l’autocrate di un regime criminale che uccide oppositori, silenzia giornalisti e magistrati, che da anni ( non dimenticate l’intervista a Financial Times e Corriere della Sera di sei anni fa) ha dichiarato guerra all’Europa e alle democrazie. Difendere l’Ucraina, un Paese libero che deve scegliere il suo destino – e lavorare per una pace giusta, non per una resa – vuol dire difendere appunto Europa e democrazia. Tanto più oggi che per gli stessi obiettivi di Putin è schierata anche l’America di Trump.

Bettini ha fatto anche riferimento alle divergenze tra il Pd e i Socialisti europei: crede che la segretaria avrebbe dovuto e dovrebbe avere un atteggiamento diverso sul piano di riarmo europeo?

Io penso che si debba accelerare sugli Stati Uniti d’Europa, politiche industriali e del lavoro comuni, innovazione ambientale. Diritti sociali e civili. E Difesa comune. Quel piano è solo un primo passo, perché anch’io sono d’accordo che i singoli Paesi debbano integrarsi e coordinarsi. Ma un primo passo che tiene insieme le forze europeiste. Anche io non sono soddisfatto dell’insieme delle politiche di Ursula von der Leyen, ma quella maggioranza comprende le forze europeiste. E in un mondo nel quale dittature, regimi autoritari, populismi pericolosi come la Russia, gli Usa di oggi e la stessa Cina che pensa ai suoi interessi, vogliono frantumare Europa e democrazia, bisogna stare con gli europeisti e rafforzare l’Europa nata a Ventotene. Le destre globali e quelle europee e italiane si combattono rafforzando l’unità europea.

A proposito di guerre, lei ha partecipato in Senato al convegno con le testimonianze dei dissidenti anti Hamas, mentre il giorno prima Pd, Avs e M5S hanno presentato una mozione che condanna in toto Israele: su questo aspetto ci vorrebbe maggiore chiarezza?

Non partecipo ai giochetti tattici e di posizionamento davanti a quella tragedia. Dico questo: oggi a Gaza migliaia di persone guidate dall’Anp fanno manifestazioni contro i terroristi di Hamas, perché danneggiada troppi anni la causa palestinese e perché se ne vada da Gaza. Al tempo stesso in Israele forze progressiste scendono in piazza contro Netanyahu, che con i massacri di civili a Gaza ha anche isolato il suo Paese. Dico: che aspettiamo a dare segnali agli uni e agli altri? Che aspettiamo a sostenerli, a invitarli nelle piazze contro l’antisemitismo di Hamas, che è la causa principale di quella tragedia, contro il terrorismo, contro le politiche di folle reazione di Nethanyahu? Per me sarebbe una strada giusta, anche per tenere accesa la flebile ma giusta speranza di due popoli, due Stati. Detto questo, è giusto condannare le barbarie commesse da Netanyahu a Gaza. È doveroso. Ma guai a dimenticare che Hamas e Iran vogliono moderne “soluzioni finali”, lo sterminio di tutti gli ebrei, praticano un antisemitismo che ricorda il genocidio pianificato da Hitler nella Shoah. Il 7 ottobre è stato un pogrom di quel segno. Stato palestinese senza il giogo di Hamas e sicurezza di Israele senza Netanyahu sono secondo me le prospettive per cui battersi.

Sulle alleanze Bettini spinge per l’abbraccio con M5S e Avs, a partire dai referendum: è corretto sostenere fino in fondo i quesiti, compreso quello sul Jobs act voluto e approvato dal Pd?

Io non avrei lanciato quei referendum. Tanto più senza l’unità di tutti i sindacati. Ma ci sono e mi batterò per invitare ad andare a votare. È un diritto e un dovere democratico. E su quasi tutti voterò Sì. Però penso che tutte le energie del mondo del lavoro e della sinistra oggi debbano concentrarsi sull’unità di tutto il mondo del lavoro. Tutti i lavori. E di questi con l’impresa. C’è un destino comune tra lavoro e impresa. Se c’è crescita – sostenibile, innovativa – c’è lavoro buono e redistribuzione sociale. Ma voglio dire un’altra cosa.

Prego.

Secondo me, rispettando ovviamente l’autonomia dei sindacati, il Pd dovrebbe auspicare fortemente l’unità dei sindacati. Vede, io sono “cresciuto” considerando la Cgil di Lama, Trentin una mia casa. Ma nel dna dell’Ulivo, del Pd ( e, si parva licet, anche mio) ci sono anche leader storici della Cisl come Carniti, Marini…. o della Uil, come Benvenuto. Voglio dire che non possiamo né dobbiamo rassegnarci alle divisioni. Dobbiamo dare anche il nostro contributo – ma davvero perché in Italia i sindacati ritrovino strade comuni, obiettivi comuni. Le divisioni indeboliscono drammaticamente. Ma tornando al rapporto tra lavoro e impresa, i dazi di Trump, i rischi drammatici di recessione, di disoccupazione, che stanno sconvolgendo i mercati finanziari e insieme i mercati rionali, impongono reazioni comuni e in Italia la sinistra, il Pd dovrebbero impegnarsi a fondo per questo. Non c’ è tempo da perdere su questo, secondo me.

Pensa quindi che sia ancora possibile far convivere nel Pd il riformismo di Picierno e Gori con la sinistra, ad esempio, di Orlando e dello stesso Bettini?

Guardi, il Pd non è un movimento. Non è un partito monoculturale. O del 5%. Il Pd deve nutrirsi delle diversità, che sono una ricchezza, non un impaccio. Sento echeggiare, in qualche dichiarazione, in qualche “retroscena” dedicato al ceto politico, frasi come “ci vuole un chiarimento”; si evocano congressi che suonano come “conte”; si rivendica “la linea”… Ma non si capisce che in un mondo drammaticamente sull’orlo del baratro, in un mondo nel quale la democrazia è in pericolo, nel quale le destre ( come in Italia quella della Meloni e Salvini) sono un pericolo reale e quotidiano, in questo caos è il tempo della ricerca comune? Del dialogo tra pensieri e culture progressiste, di apertura e contaminazione tra diversi? È il tempo del “dubbio”, non delle verità assolute… Certo, un partito poi – alla fine – fa la sintesi e la Schlein è all’altezza di farla e nessuno deve pensare di indebolirla. Del resto le leadership sono forti tanto più se aperte, non se chiuse in bunker ideologici. Ecco, secondo me la fase che la sinistra progressista e riformista sta vivendo richiede l’esatto contrario di “chiarimenti”, “conte” e pratiche del genere.

Un’ultima domanda, a lei che è stato per anni braccio destro di Walter Veltroni a Roma e non solo: cosa rimane e cosa invece è cambiato oggi rispetto all’ispirazione e ai valori he nel 2007 portarono alla fondazione del Pd?

Per molti aspetti è cambiato tutto. Il mondo, la società. Molte di quelle proposte programmatiche sono superate dagli sconvolgimenti. Ma deve restare viva quell’ispirazione ancora valida di unire i pensieri e le forze del centrosinistra progressista. Di ricercare sempre strade nuove e risposte nuove, nel solco non di ideologie, ma di ideali di giustizia, libertà, pari opportunità. Di parlare a tutta lo società, a partire dalle marginalità e fragilità sociali. Di tenere fede ai valori dall’antifascismo e della Costituzione. Di avere una ambizione e una pratica maggioritaria, che in nessun modo voleva e deve voler dure autosufficienza. Poi se con questa ispirazione capitasse al Pd, come nel 2008, di prendere il 33.4% e dodici milioni e 200mila voti, beh saremmo più attrattivi e anche le necessarie alleanze progressiste sarebbero più facili.

Il Dubbio

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