Anno: XXVI - Numero 80    
Martedì 22 Aprile 2025 ore 13:45
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Conte aumenta il pressing sul Partito democratico.

E la mozione pro-Gaza agita i dem Aumentano i malumori interni al Nazareno dopo la presentazione del testo assieme a M5S e Avs. E stavolta a criticare Schlein non sono solo i riformisti...

Conte aumenta il pressing sul Partito democratico.

Non un vero e proprio terremoto, ma una scossa di assestamento che lascerà certamente strascichi quella provocata nel Pd dall’intervista di Goffredo Bettini in cui, dal piano di riarmo europeo alle alleanze, dai conflitti internazionali al posizionamento rispetto alla famiglia dei Socialisti europei, il “guru” dem ha sparato a zero, senza mai nominarli, contro i riformisti dem, cioè contro la minoranza del partito.

Minoranza che ha reagito per le rime, e se nelle ore più calde dopo la pubblicazione dell’intervista prese di posizione importanti si sono avute principalmente da esponenti di peso dei riformisti, in primis la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, ma anche i senatore Filippo Sensi e Alessandro Alfieri, con il passare dei giorni il sentimento di «fastidio» e «amarezza», per usare due eufemismi raccolti tra i corridoi soprattutto di palazzo Madama, è stato condiviso anche da parlamentari di altre correnti, anche vicini alla segretaria Elly Schlein.

Basti pensare all’intervista rpubblicata su Mondo Professionisti n77  da Walter Verini, ex tesoriere dem e oggi segretario della commissione Giustizia al Senato e capogruppo in Antimafia, che si è detto «in netto dissenso» con le parole di Bettini, invitandolo a ragionare sul fatto che «il Pd non è un movimento» e dunque non può andare a ruota di Giuseppe Conte e del M5S, rischio che il Pd sta fortemente correndo sia sulla questione dei conflitti internazionali sia sulla questione del lavoro, visto che i referendum sul Jobs act sono stati sì condivisi da Schlein ma con mezzo partito contrario.

Conte, dal canto suo, sta invece tenendo la barra dritta, e sia su quello che sta accadendo a Gaza sia sui referendum sta cercando di prendersi la parte “sinistra” del Pd, in questo sostenuto dal leader della Cgil Maurizio Landini che sembra avere un’affinità maggiore con l’ex presidente del Consiglio che con al leader del Nazareno. La quale si è poco preoccupata della spaccatura in atto nel sindacato, con Cgil e Uil da un lato e Cisl dall’altro, tematica che Verini non ha mancato di porre da queste colonne all’attenzione della segretaria.

Ma un altro pezzo da novanta dem ed ex ministro come Graziano Delrio ha ribadito concetti simili in un’intervista al Foglio, nella quale ha criticato la mozione che Schlein ha condiviso con M5S e Avs su Gaza, soprattutto per i modi in cui è stata presentata. «Difendere oggi il popolo palestinese vuol dire liberarlo da Hamas. Perché i fondamentalisti islamici sono un ostacolo alle rivendicazioni della popolazione palestinese. Questo aspetto merita di essere messo molto più in evidenza. Non lo si può omettere – ha detto Delrio – Un paio di settimane fa ne avevamo presentata un’altra in cui ancora si evidenziava la necessità di sostenere le opposizioni israeliane e palestinesi. Anche il sacrosanto riconoscimento della Palestina deve includere la smilitarizzazione e l’espulsione di Hamas dalla Striscia di Gaza».

Anche il segretario di Sinistra per Israele – due popoli due Stati” Emanuele Fiano, già parlamentare dem, ha criticato la mozione perché, non facendo adeguatamente riferimento al terrorismo di Hamas, non mirerebbe davvero alla pace.

Di certo nel Pd serve un chiarimento, che arriverà quasi certamente con l’Assemblea nazionale prevista per maggi. Un appuntamento «di rito», riferiscono fonti dem, dato che il Pd è tenuto, da statuto, a celebrare una assemblea ogni sei mesi. Ora, la regola è stata spesso aggirata, ma questa volta la convocazione dell’assise potrebbe tornare utile a Schlein e alla maggioranza che la sostiene. In primo luogo per serrare i ranghi in vista dell’appuntamento referendario; poi per lanciare la campagna elettorale che porterà il Pd alle regionali d’autunno.

A quelle punta la segretaria per ricompattare la squadra, puntando sia a una vittoria larga, con un quattro a uno possibile vincendo Puglia, Toscana, Campania e Marche e perdendo il solo Veneto, sia a un ottimo risultato di lista, capace magari di doppiare il M5S così da poter certificare chi va a traino di chi.

Ma, al contrario, se i due partiti risultassero più vicini di quanto previsto sarebbe la prova provata della strategia vincente di Conte e dell’affanno dem. E in quel caso i riformisti sarebbero pronti a presentare il conto alla segretaria.

Da Il Dubbio

 

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