Ottantesimo della liberazione d’Italia
Con l’auspicio di giungere ad una generale concordia sui valori della libertà.
In evidenza

Anche questo 25 aprile, che ricorda l’ottantesimo della insurrezione contro l’occupazione tedesca dell’Italia settentrionale ed il governo della Repubblica Sociale Italiana, non passerà senza polemiche inevitabilmente dirette alla maggioranza di governo, in particolare a Fratelli d’Italia, che da sempre evita partecipazioni significative ai festeggiamenti, polemiche respinte ai mittenti in ragione dell’assunta appropriazione dell’evento da parte delle sinistre, soprattutto del Partito Comunista e dei suoi eredi.
C’è del vero, ovviamente, nelle posizioni assunte rispettivamente da destra e da sinistra, perché l’evento dell’insurrezione che conclude la lotta di liberazione nazionale è stato in qualche modo monopolizzato, per ragioni politiche contingenti, dalla sinistra estrema. Trascurando, come dimostrano in modo non equivoco le immagini del tempo, che la lotta di liberazione ha visto, in primo luogo, l’impegno di reparti del Regio Esercito che si erano trovati, al momento dell’armistizio e dell’invasione tedesca, in Italia settentrionale e che, inquadrati dai loro ufficiali con la bandiera dello Stato, hanno combattuto, abituati a servire le istituzioni quindi senza necessità di enfatizzazioni di natura politica. Perché l’Esercito non è di destra o di sinistra è dello Stato.
Con l’occasione, va anche ricordato che il decreto istitutivo della festività, che ricorda questo evento cruciale nella storia d’Italia, è il decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946, n. 185, recante “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”, promulgato dal Principe Umberto di Savoia, Luogotenente generale del Regno, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi. Il decreto all’articolo 1 stabiliva che, “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
In questo giorno, tra gli eventi programmati, c’è il solenne omaggio, da parte del Presidente della Repubblica e delle massime cariche dello Stato, all’Altare della Patria con la deposizione di una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto, in ricordo dei caduti di tutte le guerre. Gesto di grande simbolismo che ricollega gli eventi della Seconda Guerra Mondiale alla storia d’Italia, consacrata nel monumento a Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia, uno dei massimi protagonisti dell’unificazione nazionale. Vengono esposte la bandiera nazionale e la bandiera europea nella sede degli uffici pubblici, mentre nelle città decorate al valore militare per la guerra di liberazione sono organizzate specifiche manifestazioni in ricordo dell’evento.
È dunque evidente che la ricorrenza riguarda necessariamente tutti gli italiani, non solo quelli che si riferiscono all’impegno militare sostenuto dal Regio esercito e dalle formazioni partigiane nel corso di quegli anni, ma anche quanti sono o si sentono eredi di coloro i quali, nello stesso periodo, si sono trovati a combattere nella Repubblica Sociale Italiana. Una scelta che fu un tragico errore, probabilmente per alcuni obbligato nella convinzione che non fosse onorevole cambiare alleato o comunque nell’illusione che la presenza di un’autorità politica italiana avrebbe, in qualche misura, stemperato il desiderio di vendetta dei tedeschi nei confronti dei “traditori” italiani.
L’8 settembre 1943, la comunicazione dell’armistizio intervenuto fra il Regno d’Italia e le autorità angloamericane è stato un atto necessario per evitare maggiori sofferenze alla popolazione italiana, una scelta del governo del re Vittorio Emanuele III certamente dolorosa nella consapevolezza che avrebbe comunque spaccato gli italiani e per le condizioni nelle quali avveniva, perché era inevitabile che avrebbe limitato la capacità di resistenza delle unità dei reparti italiani presenti nel territorio dello Stato, in buona parte in mano ai tedeschi, e in altre aree dell’Europa balcanica.
Il tempo, come si dice con espressione abusata ma che ha un contenuto vero, è gentiluomo. E se cesseranno appropriazioni eccessive e indebite di quegli eventi, strumentalizzate a fini politici, tutti gli italiani si potranno riconoscere nell’evento conclusivo della liberazione del Paese, pronti ovviamente a riprendere il confronto politico in altri contesti, come di fatto è avvenuto, ma con la serenità di chi pensa, in primo luogo, alla Patria, per un attimo trascurando di esaltare le proprie vittorie o di recriminare sulle proprie sconfitte. L’auspicio di chi crede nell’Italia, nella sua storia, nella sua realtà e nei suoi possibili sviluppi è che si raggiunga la consapevolezza che italiani in buona fede hanno fatto delle scelte alcune giuste altre sbagliate ma che non è più necessario ad ottant’anni di distanza enfatizzare quelle divisioni a fini politici. Le divisioni su eventi storici non giovano né a chi le provoca né a chi le subisce, E tutti insieme possiamo festeggiare la fine della guerra ed il ritorno alla libertà issando la nostra bandiera, solo quella, il Tricolore italiano.
Altre Notizie della sezione

La parola magica è zero
23 Aprile 2025Mi sono molto interrogata sulle ragioni che hanno portato alcuni a sollevarsi dopo tanto silenzio sulla riforma della legge professionale.

La speranza sembra un vago ottimismo.
22 Aprile 2025Con decreto del Presidente della Repubblica del 19 febbraio 2025, il dott. Mario Pepe è stato nominato Presidente della Covip per un mandato di 7 anni a decorrere dalla data del decreto.

La Corte dei conti e il buongoverno.
18 Aprile 2025Lettera aperta all’on. Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei ministri.