Italiani favorevoli alle carriere separate, per i sondaggi recenti.
Le incognite per il prossimo appuntamento referendario restano e potrebbe essere determinante le informazioni che saranno fornite ai cittadini.
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La battaglia per il referendum sulla separazione delle carriere si giocherà molto sulla comunicazione che verrà offerta ai cittadini dagli attori in gioco: da un lato governo, maggioranza di centrodestra e gran parte dell’avvocatura, dall’altra le opposizioni (tranne Azione e Italia viva) e la magistratura. Quasi sicuramente all’appuntamento plebiscitario non si arriverà dopo aver studiato gli aspetti tecnici della modifica normativa: si tratterà di un giudizio di gradimento del lavoro dei magistrati, e anche di quello di Giorgia Meloni e Carlo Nordio, che hanno investito moltissimo su questa riforma.
L’ Anm parte in svantaggio, tuttavia sta cercando di risalire la china come meglio può. Ad esempio, con il nuovo Comitato direttivo centrale si è insediata anche un’apposita commissione Comunicazione, presieduta dal sostituto procuratore della Direzione nazionale Antimafia Ida Teresi: è stata lei ad annunciare, nell’ultima riunione del “parlamentino”, che si darà mandato alla società YouTrend di realizzare un’indagine demoscopica: «Dobbiamo capire come parlare a chi, e quali sono i target dei nostri messaggi. Quindi un sondaggio è importante» perché «stiamo vivendo un momento epocale». Ma qual è adesso e qual è stato il sentimento dei cittadini italiani verso la riforma costituzionale targata Nordio e verso la magistratura in generale? Siamo andati a ripescare recenti e meno recenti sondaggi, sinceri ma anche un po’ fallaci, lontani e vicini ai partiti, certo utili a registrare i rumori ei possibili odori.
Lo scorso 20 gennaio il TgLa7 ha reso nota una indagine Swg: il 63% delle persone contattate è favorevole alla separazione delle carriere. Il 30% la ritiene «molto importante» e il 33% «abbastanza importante». Mentre per il 13% la riforma è «poco importante» e il 10% la considera «per niente importante». La voce «non saprei» raggiunge il 14%. Di segno ha risposto un sondaggio lanciato il 19 febbraio scorso dal quotidiano Domani : alla domanda «Sei favorevole o contraria/ o alla separazione delle carriere e alla riforma del Csm?» il 75,9 per cento dei partecipanti ha risposto di essere «completamente contrario». Al quesito sulle ragioni della riforma («Ritieni che il governo abbia intenti punitivi nei confronti delle toghe, come sostiene l’Anm?»), c’è stata una risposta un po’ meno netta. Secondo la maggioranza «il governo ha individuato nella magistratura un nemico da combattere», ma la percentuale è calata di quasi dieci punti, con il 66,7 per cento.
Qualche giorno prima, il 5 febbraio, era stato pubblicato un sondaggio dell’istituto Tecnè ( periodo di valutazione 31 gennaio- 3 febbraio), commissionato dal Giornale Radio Rai a partire dal rilascio del capo della polizia libica Osama Almasri. I risultati: la vicenda è «conosciuta» dal 72% delle persone coinvolte nel sondaggio. Il 43% pensa che il comportamento del magistrato che ha firmato l’atto giudiziario nei confronti degli esponenti del governo sia pretestuoso, e finalizzato a colpire l’Esecutivo, mentre per il 40% è legittimo.
Non sa il 17%. Inoltre, per il 41% l’avviso di garanzia a Meloni e ad altri membri del governo per il rimpatrio di Almasri rappresenta una reazione alla separazione delle carriere. Non è così per il 40%. Non sa il 19%. E ancora: alla domanda se una parte della magistratura usi il proprio potere in modo improprio per condizionare le scelte del governo, il 44% ha risposto di sì, il 40% di no e il 16% non sa. Infine: al quesito «se oggi ( qualche mese fa, ndr) si svolgesse il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati…», il 68% degli intervistati ha risposto che voterebbe a favore, il 32% contro.
A maggio 2024 era stata l’Eurispes a condividere una fotografia della fiducia degli italiani verso le istituzioni: i cittadini si erano divisi nel giudizio sulla magistratura – il 47% si diceva fiducioso contro il 44% –; esprimeva consenso nei confronti del governo poco più di un terzo degli italiani ( 36,2%), ma gli sfiduciati restavano la maggioranza ( 55,4%).
Nel 2023 SkyTg24 aveva reso noto un sondaggio realizzato da Quorum/ YouTrend. Non si parlava propriamente di separazione delle carriere ma di una riforma della giustizia complessiva e delle reazioni da parte delle toghe. Riformare il sistema giudiziario, secondo il sondaggio, era una priorità per quasi 3 intervistati su 4. Campione diviso però sulla «possibilità che all’interno della magistratura ci sia una corrente che si sta organizzando per ostacolare attivamente il governo Meloni» : il 40% concordava con quell’affermazione, mentre il 41% era in disaccordo. Il 56% degli interpellati, poi, riteneva che fosse difficile riformare la giustizia perché la magistratura avrebbe potuto attuare ritorsioni sulla politica: un italiano su tre ( 32%), invece, non concordava con questa affermazione.
Benché nel referendum costituzionale non sia previsto quorum, a questi numeri, per avere un quadro ancora più ampio della situazione, vanno aggiunti quelli relativi alla partecipazione al referendum promosso da Partito radicale e Lega nel 2022, per il quale invece il quorum era necessario. Due situazioni diverse, dunque, che tuttavia possono aiutare a capire meglio i confini entro i quali ci muoviamo. I quesiti erano cinque: per nessuno si arrivò al 51% dei votanti. Ciononostante il 74 per cento (circa 7 milioni di cittadini) si sono espressi a favore della separazione delle funzioni tra giudici e pm. Volendo tirare le somme, sembra proprio che gli italiani siano favorevoli alla riforma, ma le incognite per il prossimo appuntamento referendario restano: quanto peserà la campagna comunicativa dell’Anm? E quanto l’avvicinarsi della fine della legislatura, periodo in cui il favore degli elettori cala fisiologicamente verso il governo?
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