Trasparenza sui contributi nella nota integrativa
Nel decreto crescita servono servono correttivi per evitare il rischio di restituzioni di massive
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La riformulazione dei commi da 125 a 129 della legge n. 124/2017 contenuta nel decreto crescita non risolve tutte le criticità, anzi, amplifica le problematiche estendendole anche a chi non è obbligato a redigere la nota integrativa (micro srl ex 2435-ter cc) o a depositare il bilancio (imprese individuali e società di persone).
“L’entrata in vigore dei nuovi obblighi di trasparenza rischia di trasformarsi nel gioco delle tre carte”.
Non usa mezzi termini Marco Cuchel (nella foto) Presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti, che evidenzia come la novità si inserisca in un periodo già particolarmente complesso per gli operatori (fattura elettronica, esterometro, nuovo Codice della crisi d’impresa, ecc).
Il problema è serio e preoccupa. La mancata indicazione in nota integrativa o – per chi non è obbligato a depositare il bilancio al R.I./CCIAA – sul proprio sito o su quello della propria associazione di categoria di “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, privi di natura corrispettiva retributiva o risarcitoria”, ricevuti da amministrazioni e società pubbliche, laddove cumulativamente non inferiori a € 10.000, è sanzionata con l’obbligo di restituire le somme – pur lecitamente ricevute – entro tre mesi.
Con le modifiche il Governo (nuovo comma 125-quater) si appresta anche a puntualizzare dove vanno riversate e ricollocate le somme “recuperate” per violazione dei suddetti obblighi di trasparenza.
Rispetto all’originaria formulazioni che richiamava, fra le altre, gli “incarichi retribuiti “e i “vantaggi economici di qualunque genere”, il testo contenuto nel decreto crescita (in attesa di pubblicazione, ndr) chiarisce – va evidenziato – che non devono essere pubblicizzate le somme di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, fugando così qualsiasi dubbio quantomeno sull’esclusione dei corrispettivi sinallagmatici nei rapporti per forniture, opere e servizi alla Pa.
Le difficoltà interpretative non sono tuttavia venute meno, a partire da quelle che riguardano l’individuazione dei soggetti erogatori e l’interpretazione del termine “vantaggi”.
Sono esclusi, ad esempio, quelli di natura fiscale di carattere generale gestiti in dichiarazione redditi?
E quelli per la formazione ottenuti attraverso i Fondi interprofessionali finanziati dalle imprese stesse?
Se sì (come si auspica) va chiarito in modo inequivocabile.
Mancano chiarimenti ufficiali e le criticità applicative sono imminenti (quantomeno per le società di capitali) in funzione della campagna di approvazione dei bilanci in corso.
Le difficoltà sono tali che sul punto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, già lo scorso febbraio (comunicato stampa del 21/02/2019), ha paventato gli estremi per invocare – in presenza di clausola statutaria – l’approvazione lunga (180 gg anziché 120) del bilancio 2018. Per tutti gli altri, imprese individuali e società di persone (a prescindere peraltro dal regime contabile e quindi dalle dimensioni) il problema non è di minor portata ma è solo rinviato al 30 giugno con l’onere della pubblicazione su siti internet, di cui potrebbero anche non essere dotati, ferma restando (per le micro Srl) la possibilità di redigere facoltativamente la nota integrativa.
Le correzioni inserite nel decreto crescita sembrano chiarire che il criterio temporale di selezione delle erogazioni da pubblicizzare sia legato a quello finanziario (in tal senso la locuzione “effettivamente erogati” al posto di “ricevuti”) e non invece a quello di competenza (su cui si fonda l’incidenza a conto economico della gran parte dei contributi).
In tal senso si era già espresso il Ministero del lavoro (circolare 2/2019) con riferimento però agli altri specifici obblighi di trasparenza per il “Terzo settore”.
Tale chiarimento alimenta comunque dubbi di coordinamento con la semplificazione recentemente introdotta dalla con la legge di conversione del D.L. n. 135/2018 e che il nuovo decreto crescita sposta nel nuovo comma 125-quinquies della legge 124/2017; tale norma consente di rinviare l’elencazione degli aiuti di Stato e di quelli de minimis a quanto oggetto di pubblicazione nell’ambito del Registro nazionale degli aiuti di Stato (Rna), a condizione però che l’esistenza di detti aiuti venga dichiarata nella nota integrativa o, in mancanza, sui suddetti siti internet. In detto Registro – che è attivo solamente da agosto del 2017 – si ha notizia delle sovvenzioni in base alla “concessione” (che normalmente è antecedente all’erogazione). E per i “vantaggi” che non compaiono in detto Registro?
Tutto ciò premesso, precisa Flavio Lorenzin Vice Presidente di Confimi Industria con delega alla semplificazione e ai rapporti con la Pa, “chiediamo al Governo di introdurre – quantomeno in una prima fase applicativa – misure volte a scongiurare il rischio che una non puntuale elencazione in nota integrativa determini – nei fatti – la revoca di benefici regolarmente acquisiti dal punto di vista sostanziale. Non siamo contrari alla trasparenza, prosegue Lorenzin, “ma siamo basiti nel dover ancora una volta constatare come, nonostante i numerosi proclami alla semplificazione e alla sburocratizzazione, vengano poste a carico degli operatori adempimenti che dovrebbero essere semplicemente gestiti attraverso punti di raccolta a consultazione pubblica (come il Rna) alimentati e aggiornati direttamente da chi eroga o concede detti benefici ossia dalle Pa responsabili”. Considerate le numerose difficoltà, la sanzione attualmente prevista appare eccessivamente severa, oltre che inopportuna in una fase in cui il Governo propone misure espansive a fonte dell’attuale fase di stallo/recessione. A tal riguardo Anc e Confimi suggeriscono di valutare urgentemente correzioni volte a: – Individuare una moratoria nella prima fase applicativa o al limite una sanzione formale fissa, applicabile una sola volta per periodo d’imposta, eventualmente differenziata per dimensione aziendale; – chiarire che l’obbligo informativo riguarda esclusivamente le misure la cui istruttoria è iniziata successivamente al periodo d’imposta in corso al 31/12/2017, non essendo pertanto sanzionabile l’eventuale mancata elencazione di agevolazioni concesse precedentemente ma erogate o fruite dal 2018; – ripristinare per le microimprese societarie (art. 2435-ter cc), le società di persone e le imprese individuali l’esonero dagli obblighi di trasparenza quantomeno in una prima fase applicativa di tre anni (2018-2020); – riconsiderare la soglia di irrilevanza (10.000 euro) con riferimento alla singola agevolazione e non in senso cumulativo (almeno per il primo triennio).
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