C’È SICUREZZA NEI PALAZZI DI GIUSTIZIA?
Questionario di 40 domande per misurare la persistente inadeguatezza degli uffici giudiziari nel 2020
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L’emergenza Coronavirus ha portato alla ribalta, in taluni casi con prepotenza, l’inadeguatezza degli Uffici Giudiziari, delle strutture ove si amministra la Giustizia nel Paese, ad affrontare – a tacer d’altro – anche le situazioni di emergenza. Ma le difficoltà riscontrate in questa occasione, che pure hanno suscitato svariati documenti e commenti di protesta, debbono costituire per noi il pretesto, l’occasione, per affrontare con maggiore ampiezza e nella sua oggettiva rilevanza il tema della sicurezza nei palazzi di giustizia. Di quei palazzi che, ricordiamolo, sono luoghi di lavoro, ai quali accedono gli operatori pubblici e privati, ma anche altri professionisti e utenti. “La crisi porta progressi…. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie” (Einstein “Lettera sulla crisi). È ora di rilanciare, di riprendere come avvocatura, pur nella nostra difficile situazione e nello stato di disgregazione attuale delle nostre componenti, sempre più distanti le une dalle altre e per lo più attente al contingenze e non ad una opportuna visione d’insieme e di sistema, un ruolo trainante e propositivo. Insomma, una iniziativa politica, che veda svilupparsi una adeguata progettualità e ci renda nuovamente e realmente partecipi ed attori nello scenario nel quale operiamo. Parliamo, quindi, in stretto rapporto con la sicurezza, delle condizioni di esercizio dell’attività’, di magistrati, personale, avvocati, e in conseguenza anche del benessere, fisico, psicologico e sociale di questi lavoratori, dipendenti o autonomi che siano. Il quadro non può poi prescindere dalla considerazione che questi, come ogni altro luogo di lavoro, sono edifici nei quali è necessario recarsi giornalmente, e soggiornarvi per molte ore, senza alternativa, pur non dipendendo direttamente dalle categorie indicate il loro stato di conservazione, manutenzione e sicurezza. E allora, prima di promuovere una iniziativa concreta, di raccolta dati, quantitativi ma soprattutto qualitativi, premettiamo qualche considerazione e qualche dato di conoscenza, che può giovare alla comprensione della situazione. Considerando che, per quanto noto, nessun edificio pubblico adibito ad ufficio giudiziario è finora mai stato adeguato alla stringente normativa in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro, quella normativa che, invece, impone a tutti noi condotte e iniziative anche costose, nei nostri studi, ciò sarebbe di per se sufficiente a chiudere il discorso, pur tuttavia, non dovendo mai tralasciare le occasioni che si presentano, vale comunque la pena affrontare di petto il tema e cercare poi di fare una fotografia, se del caso spietata, ma il piu’ possibile realistica, della situazione attuale. In questo intervento affronteremo particolarmente il tema delle strutture, poi in successivi interventi altri aspetti che possono vedere l’avvocatura parte attiva in un percorso che, partendo dal Coronavirus, promuova modalità di lavoro e di gestione dei processi, civile e penale, in modo più efficiente, anche con un migliore utilizzo delle tecnologie di cui disponiamo. La Legge di Bilancio per il 2020, comma 453, ha acceso i riflettori sul sovraffollamento delle carceri e sull’esigenza di riqualificazione degli istituti penitenziari e degli edifici giudiziari in genere, promettendo 150 nuove assunzioni di personale tecnico specializzato (architetti, ingegneri, geometri, periti tecnici), nonché di n. 10 dirigenti, e lo stanziamento di nuove risorse. Questo è stato l’esito, annunciato come sempre con grande enfasi dal ministro Bonafede, dell’ennesimo “tavolo” tecnico istituito presso il Ministero della Giustizia sulle spese di funzionamento e l’edilizia giudiziaria. Sempre dalla sua pagina Facebook, ( ….che dire a chi solo poco tempo fa predicava che a questo social e ai social in genere non valeva la pena di accedere, perché insignificanti…. ), il ministro ha annunciato stanziamenti per due milioni di euro destinati all’edilizia giudiziaria, che serviranno, quindi, a suo dire “per finanziare interventi urgenti di manutenzione degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari”. La riunione finalizzata a dar vita al “tavolo” tecnico di confronto si è tenuta per la prima volta nel mese di aprile 2019, dopo un triennio dal trasferimento delle competenze in tema di edilizia giudiziaria dai Comuni al Ministero della Giustizia, operato con la legge 190/2014. Presenti il capo di Gabinetto Fulvio Baldi, il capo Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria Barbara Fabbrini e il direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie Antonio Mungo, hanno partecipato alla riunione i capi degli uffici delle Corti d’appello e delle Procure generali oltre a una rappresentanza della Dirigenza. Nessuna traccia dell’avvocatura. L’incontro, dedicato anche alle spese di funzionamento degli uffici, ha affrontato tra gli altri il tema delle risorse organiche e dei programmi di assunzione che il Ministero ha dichiarato di voler attuare. È necessario, infatti, visto il passaggio delle competenze, che il Ministero si doti di nuove figure tecniche, a oggi non previste, quali architetti, ingegneri, geometri e periti tecnici, che prima venivano individuati nel personale degli enti locali. Inutile dire che il percorso non pare nè breve, nè tantomeno agevole, e ci chiediamo come mai sia stato necessario attendere tre anni per iniziare a tracciare le linee organizzative per la gestione di una funzione così rilevante. Ma questa è, come sempre, un’altra storia…… Per il capo di Gabinetto Baldi “la legge 190/2014, che ha cambiato la vita dei vertici degli uffici giudiziari, ha portato una serie di vantaggi – come la contrazione e il contenimento delle spese – ma anche una serie di sofferenze. Da qui è nata l’esigenza di fare il punto dopo circa tre anni e di parlare di questi argomenti per due finalità: far nascere un Tavolo di lavoro che possa portare a una riforma di carattere legislativo e incentivare lo scambio di esperienze per proporre accorgimenti organizzativi a cui il DOG, per le sue competenze, sta già lavorando. L’impegno sulla organizzazione degli uffici da parte del ministro è stato elevato ed è stato un gran successo dal momento che abbiamo ottenuto un aumento di organico dei magistrati di 600 unità e il finanziamento per l’organico del personale giudiziario, di circa 3000 unità”.
“Il ministro ci ha chiesto di capire – ha affermato Fabbrini -, dati i due anni abbondanti di applicazione della legge, quali fossero o potessero essere le prospettive future, con una visione al passaggio delle competenze, come ha funzionato e dove non ha funzionato. Se dobbiamo mutare l’architettura delle spese di funzionamento e dell’edilizia, è evidente che deve essere fatto un ragionamento di aperto confronto con gli uffici giudiziari per verificare dove possiamo e dove vogliamo andare. In un quadro che non riguarda solo la Giustizia ma anche altri Ministeri. Questo a prescindere dalle possibilità sulle risorse umane, per le quali ci sono importanti novità”. “L’indispensabilità di questo Tavolo – ha continuato Fabbrini -, nasce anche dal fatto che non si è mai riflettuto sull’edilizia giudiziaria, su come dovesse essere costruito un palazzo di giustizia, se deve avere camere di consiglio, certi locali per le udienze ed altri riservati. Quindi, coscienti di questo, credo che dobbiamo fare tutti un salto di qualità”. Nel suo intervento il Direttore Generale delle risorse Mungo ha illustrato in quella riunione le azioni messe in pratica dal Ministero per la gestione di tutte le nuove incombenze a carico degli Uffici giudiziari cercando, attraverso la razionalizzazione delle spese per gli acquisti e la manutenzione degli immobili, di rendere il panorama più omogeneo possibile su tutto il territorio nazionale. La sua direzione generale, infatti, deve occuparsi della predisposizione ed attuazione dei programmi per acquisto, costruzione, adeguamento alle normative di sicurezza di cui al D.Lgs. 8.4.2008 n. 81 e prevenzione incendi, per gli immobili demaniali da adibire ad uffici giudiziari. E non solo. Va da se che gli edifici che ospitano Uffici Giudiziari non richiedono solamente interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ma devono – o meglio dovrebbero – rispondere a tutte le norme che regolano la sicurezza dei luoghi di lavoro, alle specifiche norme che regolano la sicurezza e la protezione dei dati in relazione alle specifiche attività che al loro interno vengono esercitate, alle norme che regolano l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’adeguamento degli impianti, il che spesso comporta interventi non modesti di ristrutturazione edilizia. Malgrado quanto sopra, appare evidente, soprattutto a noi avvocati che siamo quotidiani e forzati frequentatori e utenti dei palazzi di giustizia, che il tema dell’edilizia giudiziaria, ed ancor più della sicurezza negli uffici giudiziari non è mai stato prioritario nell’azione del Ministero, così come nel precedente impegno degli enti locali, un po’ per l’oramai cronica assenza di risorse, e un po’ per sottovalutazione e scarsa determinazione…..la stessa che del resto fa si che anche la maggior parte dei plessi scolastici nazionali e dei rimanenti uffici pubblici non sia “a norma”. A dire il vero, la questione della sicurezza degli Uffici Giudiziari è stata in varie occasioni oggetto di denunce e di iniziative da parte degli operatori e dell’avvocatura, spesso originate da episodi più o meno gravi, accaduti all’interno degli uffici. La magistratura, cosi come talvolta le rappresentanze del personale amministrativo, ha affrontato il tema, un paio di anni fa, individuando pesanti criticità, proprio in tema di sicurezza e salute degli operatori di giustizia. Purtroppo, però, malgrado tutti a parole sostengano che vi debba essere un necessario coinvolgimento di tutti coloro che lavorano negli ambienti giudiziari, e quindi oltre alla magistratura, il personale amministrativo, l’avvocatura e le forze dell’ordine, gli avvocati in concreto sono assai poco coinvolti, anche laddove vi siano state o vi siano iniziative, sia a livello locale che a livello nazionale, come dimostra inequivocabilmente anche l’assenza alla riunione, e al tavolo, di cui si è detto. A livello locale, oggi, non si può neppure far riferimento ai Consigli Giudiziari, nei quali siedono rappresentanti dell’avvocatura, in quanto la definizione di organi di amministrazione della giurisdizione, che taluno dava loro, è in realtà troppo ampia poiché in linea generale l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia spettano, ai sensi dell’art. 110 della Costituzione, al Ministero della giustizia nel cui ambito è costituito il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi. A livello periferico, a seguito dell’assunzione da parte dello Stato delle spese prima gravanti sui comuni, sono anche state soppresse le Commissioni di manutenzione e in ogni circondario è stata costituita la Conferenza permanente dei capi degli uffici giudiziari e dei dirigenti amministrativi – ancora una volta assenti gli avvocati – la quale si occupa della gestione degli immobili che ospitano gli uffici giudiziari (dPR 18 agosto 2015, n. 133, Regolamento sulle misure organizzative a livello centrale e periferico per l’attuazione delle disposizioni dei commi 527, 528, 529 e 530 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190). Il Consiglio giudiziario pertanto non ha titolo a occuparsi delle risorse strumentali per l’amministrazione della giustizia e neanche degli uffici di cancelleria e di segreteria e del relativo personale, un aspetto ugualmente essenziale per l’amministrazione della giustizia, ma che da tempo è in sofferenza così acuta da costituire un serio ostacolo per il buon funzionamento della giurisdizione. Occorre quindi che l’Avvocatura individui metodi e strategie per affrontare risolutamente la questione edilizia giudiziaria e sicurezza, e si renda propositiva dando avvio in modo il più possibile deciso ed omogeneo sul territorio nazionale, ad un confronto serrato, dapprima a livello locale, coinvolgendo la magistratura, il personale amministrativo e le Forze dell’Ordine impegnate negli uffici giudiziari, e parallelamente e in seguito a livello nazionale, con il Ministero e le sue diverse competenti articolazioni amministrative, partecipando alla individuazione di soluzioni concrete ed attuabili ed alla pianificazione di quello che dovrebbe essere un vero e proprio piano pluriennale per l’adeguamento ed il miglioramento delle strutture. Non va dimenticato, infatti, che le pubbliche amministrazioni sono tenute anche per legge a garantire – ai loro dipendenti – un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo che di certo, come rilevava appena l’anno scorso l’ANM, “suona sarcastico, tale è lo stato di arretratezza, di abbandono e di inadeguatezza delle nostre strutture” (art.7, co. 1, secondo periodo d.lgs. 165/2001, come novellato dall’art.21 legge 183/2010). Se ciò non sarà possibile, occorrerà procedere comunque e quanto più possibile in via autonoma, con il coinvolgimento dei mezzi di informazione e delle rappresentanze della cittadinanza, nonché delle ulteriori professionalità che frequentano con assiduità gli Uffici, organizzando iniziative pubbliche sul tema della sicurezza e del degrado degli uffici. L’ANM, nel 2018, ha promosso tra i suoi iscritti un questionario, dedicato per l’appunto al tema della sicurezza e della salute, molto orientato, invero, a verificare lo stato delle cose dal loro punto di vista, e quindi finalizzato alla individuazione degli interventi necessari “per consentire ai magistrati di rendere il proprio servizio quotidiano senza essere esposti a rischi costanti per la salute e l’incolumità”. I risultati di tale indagine sono reperibili sul web, e sono certamente utili nel loro insieme, perché riguardano le strutture, il personale, le dotazioni di mezzi e strumenti per l’attività quotidiana. Ma l’avvocatura deve guardare a queste tematiche con un angolo visuale diverso, che sia focalizzato a verificare tutte quelle anomalie che, di fatto, rendono questi edifici del tutto insicuri e a volte addirittura insalubri non soltanto per coloro che vi operano in qualità di pubblici dipendenti, siano essi magistrati o personale amministrativo, ma anche per gli altri operatori e per “il pubblico”, che pure vi accede frequentemente. Ed allora, abbiamo provato, pur senza pretesa di esaustività, a predisporre un questionario che potrà essere compilato da chiunque avvocato voglia contribuire fattivamente a questa indagine e rilevazione sullo stato dei “Palazzi di Giustizia” in Italia. Chi lo vorrà potrà anche allegare riproduzioni fotografiche dei luoghi, indicando la località e l’Ufficio in cui sono state scattate. Le foto saranno utilizzate in forma anonima, come del resto tutti i dati che saranno raccolti con il questionario. Poiché chi risponderà al questionario non si troverà in condizione di dover compiacere nessuno, ma potrà riferire dati concreti e reali, senza omissioni diplomatiche, ci auguriamo che il rapporto che ne scaturirà possa essere quanto più possibile concreto e realistico, e confidiamo quindi sul senso di responsabilità di tutti coloro che vorranno rispondere e che fin da ora ringraziamo, auspicando siano numerosi. L’obiettivo, ambizioso, è approntare in tempi rapidi, e non già all’esito di un lungo pellegrinaggio e di convegni nei quali ripetere sempre i medesimi concetti, un libro bianco che potrà essere inviato innanzitutto al Capo dello Stato, e ai Presidenti di Senato e Camera, e quindi anche alle autorità europee, per integrare anche con questi dati e con la rappresentazione di queste situazioni un più ampio rapporto sul “Caso Italia” e sul rapporto tra autorità e diritto nel nostro paese, che con alcuni amici abbiamo in corso di ideazione e realizzazione. Solo la lettura delle 40 domande, alcune delle quali anche articolate con più quesiti, rende manifesta a chiunque di noi la gravità della situazione: abbiamo tutti infatti ben chiara l’immagine dei nostri Uffici Giudiziari. Ancor più importante, quindi, la rilevazione della esatta situazione sul territorio. L’indagine parte dalla indicazione della località del compilatore e dalla indicazione degli uffici Giudiziari ivi presenti, nonché della loro dislocazione sul territorio, per poi svilupparsi attraverso quesiti che vertono su diversi ambiti di sicurezza: sicurezza logistica; sicurezza delle strutture; sicurezza degli impianti; sicurezza sanitaria; sicurezza sociale. In questi ambiti rientrano interrogativi inerenti misure di igiene, di prevenzione, di protezione e di intervento, cui non sono estranee anche valutazioni sugli accessi, e sui controlli, visti i casi sempre più numerosi di aggressioni e di accessi indebiti di persone e cose (armi) che si sono verificati all’interno di uffici giudiziari. Non mancano poi alcuni quesiti che tendono a verificare se all’interno dei locali vi siano o meno dotazioni finalizzate a rendere più confortevole la permanenza, che spesso si protrae anche per lungo tempo.Per la corretta compilazione del questionario, e soprattutto per la risposta ai quesiti più tecnici, può essere utile o necessario un confronto con i capi degli uffici, eventualmente anche con l’intervento del COA. Vi chiedo, quindi, se possibile, di sensibilizzare e coinvolgere il vostro Consiglio, così da avere dati il più possibile completi e certi. Questo lavoro, e quindi anche il questionario, è stato approntato senza pretese di esaustività e/o di scientificità, ma solamente sulla base dell’esperienza quotidiana e delle visite che nel corso degli anni ho avuto modo di effettuare in moltissimi uffici giudiziari italiani. Sono ovviamente aperta a tutti i vostri suggerimenti, che saranno preziosi per le successive iniziative che saranno sviluppate. Un ringraziamento sincero agli amici Giuseppe Caravita, Stefano Dell’Orto e Romano Zipolini per le idee e gli spunti utilissimi che in pochissimo tempo e di domenica mi hanno fornito, nonché a Luigi Pio Berliri che si è subito offerto di ospitare il mio lavoro e il questionario, impegnandosi anche con la sua struttura a raccogliere e elaborare i dati e le immagini che ci manderete. Se si vuole si può : a volte basta poco, anche nell’inerzia di molti, per dare avvio a un circuito virtuoso, e io conto molto su di voi.
Da inviare
direttore@mondoprofessionisti.eu
michelina.grillo@hotmail.it
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