Chiusure e consumi crollati. Tre milioni di nuovi poveri
Un nuovo popolo di indigenti è una delle eredità che ci lascia il coronavirus
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Oltre tre milioni di lavoratori italiani hanno già varcato la soglia della povertà, assieme alle loro famiglie. Si tratta dei dipendenti di aziende private, chiuse da oltre un mese e che hanno percepito l’ultimo stipendio all’inizio di marzo con la prospettiva di incassare il bonifico della cassa integrazione non prima di inizio maggio. È una fascia sociale non abituata all’indigenza, che sa vivere con poco: con un reddito non inferiore a 1.000 euro ma non superiore a 1.250. Reddito mensile che permette una vita dignitosa, ma che non può bastare per sostenere le spese di una famiglia per due mesi (marzo e aprile) creando cosi una nuova e più ampia fascia di indigenti. Sono questi i dettagli di un report della Fondazione Studi Consulenti del lavoro. Un’istantanea in tempo reale del mondo del lavoro in Italia dopo un mese di lockdown. «Stiamo sperimentando giorno per giorno soluzioni diverse — spiega Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro — anche perché per fortuna non abbiamo avuto in Italia esperienze pregresse in materia. Solo che avremmo dovuto approfittare come sistema Paese per fare un passo deciso verso la semplificazione. Era il momento di introdurre un Ammortizzatore Sociale Unico, privo delle complesse procedure burocratiche oggi esistenti, perché unica la motivazione della chiusura aziendale. Invece oggi dobbiamo fare i conti con ben 25 procedure diverse di cassa integrazione». A proposito di ammortizzatori sociali, come previsto dagli stessi Consulenti del lavoro, i primi pagamenti dovrebbero arrivare a maggio. Una finestra temporale fin troppo lunga in tempi di emergenza. «Previsioni facili per noi — ricorda Calderone — perché siamo coloro che alimentano le banche dati degli Istituti, Inps in testa. E se non avessimo deciso noi in modo coscienzioso di inviare subito le domande anche lavorando di notte e di domenica, oggi non si potrebbe parlare di pagamenti a maggio. Basti pensare che per legge potremmo inoltrare le istanze entro 4 mesi e invece in pochi giorni abbiamo fatto affluire all’Inps e alle Regioni quasi tutte le istanze, combattendo anche con i noti problemi informatici oggi in parte superati,del sito Inps». Trasformare una criticità in opportunità. Si parla di nuovi modelli organizzativi aziendali a cominciare dallo smart working. «Lo imporrà la necessità di creare spazi in azienda per il rispetto della distanza sociale. Meno tempo perso negli spostamenti, rotazione nelle presenze, personale più felice; ma anche necessità di attrezzare le aziende di tecnologia adatta a supportare lo smart working. È importante il sostegno dello Stato e di un’ Europa solidale». La situazione sociale in Italia intanto sta assumendo contorni sempre più critici. La platea di indigenti si è ampliata. I sussidi che in questi giorni l’Inps sta pagando agli autonomi non bastano. Difficile pensare che con 600 euro artigiani, commercianti, imprenditori possano far fronte ai costi aziendali fissi delle loro attività. «Stiamo parlando di un segmento del Paese che vive dignitosamente di ciò che rimane loro dell’incasso giornaliero senza potere però accantonare. Quindi, ben vengano i 600 euro per poter sopravvivere in queste settimane. Ma il problema centrale di sistema rimane un altro». Si riferisce a cosa ne sarà di loro quando sarà consentito di riaprire con le già previste limitazioni? «Esatto. Avranno di fronte intanto un mese di giugno carico di scadenze fiscali. E poi ci saranno i debiti accumulati in questi mesi da saldare. Avere creato presupposti per agevolare il credito è certamente meritorio; ora vedremo come reagirà il sistema bancario che dovrà essere più flessibile e disponibile in un momento come questo. Ma per risolvere i problemi degli imprenditori, bisognerebbe dotarli di un contributo a fondo perduto, che può arrivare solo dal contesto comunitario». Altrimenti il fronte dei nuovi poveri sarà destinato a ingrossarsi.
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