Fondo di Garanzia. Dalle banche un muro di burocrazia
La denuncia di Gaetano Stella presidente Confprofessioni
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Dal questionario promosso da Confprofessioni, in collaborazione con l’Unione Nazionale Giovani dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Ungdcec), che ha coinvolto oltre 900 giovani professionisti al fianco di oltre15 mila imprese negli ultimi due mesi di pandemia, emerge che il 95% delle imprese ha richiesto prestiti per fronteggiare l’emergenza da Covid -19. Ma le banche hanno ritardato i tempi di erogazione, moltiplicando la documentazione da esibire fino a piazzare polizze assicurative agganciate alla concessione dei finanziamenti garantiti dallo Stato. A seguito del Decreto liquidità, il 95% delle imprese ha richiesto prestiti, prevalentemente sotto i 25 mila euro, contando sulle garanzie dello Stato, ma le banche hanno risposto alzando un muro di burocrazia ritardando i tempi di erogazione, moltiplicando la documentazione da esibire fino a piazzare polizze assicurative agganciate alla concessione dei finanziamenti garantiti dallo Stato. Di fatto, i rubinetti del credito sono stati chiusi pregiudicando seriamente la continuità aziendale di migliaia di imprese, già compromessa da oltre tre mesi di inattività a causa del Coronavirus. È questo il quadro che emerge da una survey promosso da Confprofessioni, in collaborazione con l’Unione Nazionale Giovani dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Ungdcec), che ha coinvolto oltre 900 commercialisti che, negli ultimi due mesi, hanno affiancato circa 15 mila imprese nella gestione dei finanziamenti richiesti alle banche. In particolare il decreto prevede:
– una garanzia al 100% per i finanziamenti fino a 25 mila euro, senza alcuna valutazione del merito creditizio;
– una garanzia dello Stato fino al 90%, con il restante 10% coperto dai Confidi, per i prestiti fino a 800 mila euro previa valutazione del merito creditizio.
Il decreto prevede inoltre lo snellimento delle procedure burocratiche per accedere alle garanzie concesse dal Fondo di Garanzia per le Pmi e favorire così la ripartenza del sistema produttivo dopo l’emergenza sanitaria causata dal Covid – 19.
Analizzando il sondaggio di Confprofessioni e dell’Ungdcec emergono tutte le criticità endemiche di un sistema bancario che, salvo rare eccezioni, ha mostrato una certa riluttanza ad applicare le misure contenute nel decreto liquidità, disattendendo l’invito dell’Associazione bancaria italiana alla semplificazione e alla rapidità di erogazione dei prestiti. Le banche si sono spinte oltre, richiedendo valutazioni di merito creditizio non contemplate dal decreto liquidità.
La quasi totalità degli imprenditori che ha richiesto un prestito ha dovuto, nonostante il lockdown:
– esibire documenti,
– superare istruttorie,
– presentare situazioni prospettiche relative al 2020,
– presentare garanzie personali per la parte non coperta dalla garanzia statale,
– vedersi agganciare alla concessione del credito, la vendita di prodotti come il Pos o polizze vita.
Ad oggi, dicono i giovani commercialisti, sono pochissime le erogazioni sotto i 25 mila euro, nessuna sopra i 25 mila euro. Un dato che non meraviglia poiché alcuni istituti bancari hanno rifiutato l’accesso al credito per la “non convenienza dell’operazione”.
Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, ha commentato che «La survey sull’accesso al credito dopo il varo del decreto liquidità, che abbiamo realizzato grazie alla collaborazione dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti, vuole essere una risposta alle numerose segnalazioni che ci sono pervenute dai professionisti che denunciavano i ritardi e le lungaggini burocratiche del sistema bancario. I risultati che emergono da questa indagine sul campo sono inequivocabili. Con queste premesse è fuori discussione che le attese di liquidità e di tempestiva collaborazione sono state in gran parte disattese dal sistema bancario».
Raffaele Loprete, segretario dell’UNGDEC e coordinatore della Consulta giovani di Confprofessioni ha commentato che «Non è un mistero che la gran parte delle aziende italiane sia sottocapitalizzata e banca-dipendente. È un problema strutturale del sistema delle piccole e medie imprese, che si è paurosamente allargato a seguito della crisi economica da Covid – 19, coinvolgendo anche aziende sane e con buone prospettive di mercato».
Matteo De Lise, presidente dell’Ungdcec ha dichiarato che «L’intervento del Governo per iniettare liquidità nel sistema produttivo tuttavia si scontra con le difficoltà del sistema bancario che rischia, a sua volta, di pagare un contributo altissimo alla pandemia in termini di profitti. Non ci meraviglia più di tanto, dunque, l’atteggiamento delle banche, sempre più restie a concedere finanziamenti alle imprese, anche a fronte di una garanzia dello Stato, ma crediamo si tratti di una strategia miope che rischia di mettere in ginocchio l’intero tessuto economico del nostro Paese».
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