Farmacie. In aumento l’abusivismo professionale dei farmacisti non titolari
L’abusivismo professionale torna sotto i riflettori: una situazione che non solo è al centro di indagini dei Nas ma è oggetto «anche di segnalazioni da parte di colleghi»
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L’abusivismo professionale torna sotto i riflettori: una situazione che non solo è al centro di indagini dei Nas – tra cui, di recente, del nucleo di Palermo che ha posto sotto controllo alcune farmacie di Trapani, riscontrando irregolarità, penali e amministrative, e deferendo all’autorità giudiziaria cinque farmacisti e un magazziniere -, ma è oggetto «anche di segnalazioni da parte di colleghi» spiega Francesco Imperadrice, presidente del Sindacato nazionale farmacisti non titolari, Sinasfa, che si unisce alla denuncia di ieri di Silvera Ballerini, presidente Conasfa, la Federazione nazionale delle associazioni dei farmacisti non titolari, nella quale ha chiesto anche l’avvio «di un serio confronto all’interno della categoria in tempi certi per definire altre forme sanzionatorie e di controllo». La situazione «è delicata» continua Imperadrice: «i Nas mettono in campo un’attività di controllo e ispezione davvero importante, ma in merito all’abusivismo professionale, almeno in alcune forme, c’è la difficoltà che occorre cogliere le situazioni nel momento in cui avvengono e questo non sempre è facile. Per questo, ritengo che sia importante che la categoria inizi a interrogarsi seriamente su questo fenomeno che va a danno del paziente e del servizio sanitario, oltre che dei farmacisti stessi e della concorrenza leale, per ricercare strumenti e soluzioni che possano essere di supporto». D’altra parte, è la riflessione del Conasfa, «la tentazione verso comportamenti non deontologici e di abusivismo sono molteplici. Spesso ci si nasconde dietro l’alibi che l’altro lo fa già e/o per motivi di sostenibilità aziendale e questo “permetterebbe” di fare e accettare tutto». Ma, continua la Ballerini, se «l’attività investigativa dei Nas avrà il suo decorso», dall’altro lato «le attività di controllo e deterrenza da parte degli Ordini Provinciali per il rispetto del Codice Deontologico (Cd) sostanzialmente negli anni si sono dimostrate insufficiente», «incatenate» a causa del «rischio di cause che porterebbero a esborsi onerosi». Da qui l’appello: «il ruolo degli Ordini provinciali deve essere rilanciato da una autocritica di tutti e cercando di introdurre nuovi mezzi». Proprio negli Ordini, aggiunge Imperadrice, «si possono trovare quelle competenze, quella esperienza che permetterebbe di fornire ulteriori strumenti di analisi del contesto. Strumenti che siano in grado, per esempio, anche di prendere in considerazione parametri quali il numero di ricette rispetto al numero di collaboratori e che possano essere indicatori quanto meno di situazioni anomale». Gli Ordini cioè «potrebbero farsi parte più attiva in questa battaglia, offrendo collaborazione e a loro volta vigilanza». Senza trascurare comunque un’attività che vada ad agire «sulla sensibilizzazione e sulla cultura, che restano elementi importanti». Nel nostro settore, d’altra parte, «è meno frequente – come invece succede nell’abusivismo professionale relativo a medici – il caso del finto farmacista, mentre si tratta dell’utilizzo di figure non laureate per dispensare il farmaco, se non addirittura per dare il consiglio. Una situazione, questa, che investe l’organizzazione dell’intera farmacia». La riflessione, è la conclusione del Conasfa, deve investire tutta la categoria: «se tutte le raccomandazioni, gli aggiornamenti del Codice Deontologico non hanno avuto un effetto incisivo, corre l’obbligo di un serio confronto all’interno della categoria in tempi certi per definire altre forme sanzionatorie e di controllo».
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