Anno: XXVI - Numero 63    
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La situazione del governo Meloni è grave. Probabilmente non seria, ma disperata sì

Sopravviverà il governo di Giorgia Meloni al voto, previsto per ottobre, di cinque regioni (oltre 17 milioni di cittadini alle urne)?

La situazione del governo Meloni è grave. Probabilmente non seria, ma disperata sì

la fine anticipata del governo Meloni dipenderà anche da due fattori, che vanno al di là delle escandescenze di Trump e delle mattane di Salvini.

Il primo è legato ovviamente ai sondaggi: una decrescita infelice di consensi per Fratelli d’Italia, in conseguenza del dazismo americano all’export italiano, metterebbe il turbo alla Fiamma Magica di Palazzo Chigi per andare subito alle elezioni in momento in cui l’opposizione è più divisa e scazzata che mai. 

Il secondo fattore che potrebbe far saltare definitivamente il banco del governo destra-centro sarà il voto, previsto per il prossimo ottobre, di cinque rilevanti Regioni. Toscana, Campania, Marche, Puglia e Veneto chiameranno oltre 17 milioni di cittadini alle urne e diventeranno un banco di prova importantissimo per la tenuta del governo Meloni.

Infatti, tranne la Toscana sempre rossa di Eugenio Giani, le altre quattro regioni sono tutte contendibili dai due schieramenti. In Puglia, fuori gioco Emiliano, la vittoria del Pd sarebbe certa solo nel caso in cui si candidasse l’europarlamentare ed ex sindaco di Bari, Antonio Decaro.

In bilico sono anche le Marche, dove l’attuale presidente Francesco Acquaroli, sostenuto da Fratelli d’Italia, ha combinato ben poco e dovrà vedersela con Matteo Ricci, già applaudito sindaco Pd a Pesaro.

Sul candidato della destra-centro in Veneto, il caos la fa da padrone. Un governatore del Nord lo pretende FdI dall’alto del 37,58% incassato alle ultime europee, strappando il Veneto alla Lega candidando il camerata Luca De Carlo.

Ma, dall’alto di un ragguardevole bacino di voti personali, il quieto ma tenace Luca Zaia, che non può candidarsi governatore per la terza volta, non ci pensa manco il piffero di accontentarsi di andare a fare il sindaco di Venezia.

A Zaia basta presentare un suo uomo nelle liste autonome della Liga Veneta e De Carlo e Meloni lo prendono in quel posto. Non solo: molti elettori leghisti sarebbero anche propensi ad astenersi o a votare a sinistra (Padova, Vicenza e Verona sono già in mano al Pd).

Oltre a Zaia, al Veneto “non vuole rinunciare Matteo Salvini’’, scrive oggi ‘’Repubblica’’, “Meloni ha spostato il tavolo di coalizione sulle regionali ad aprile, dopo il congresso della Lega. Da quel momento in poi, sarà battaglia’’.

Da ‘’Via col Veneto’’ a “Per chi suona la Campania”. dove si è finiti già in piena sceneggiata napoletana. L’europarlamentare Fulvio Martusciello, bonzo del voto campano di Forza Italia e braccio destro di Tajani, benché non risulti indagato nel caso delle tangenti della cinese Huawei nell’affare del 5G (a finire nei guai è la sua segretaria), ha pensato saggiamente di annunciare alle gazzette di non volersi più candidare alla Regione Campania, “per preservare il partito da possibili attacchi”.

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