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Gli architetti bocciano il nuovo Codice dei contratti

Miceli, Presidente Architetti: La qualità dell’opera da realizzare considerata aspetto secondario e marginale

Gli architetti bocciano il nuovo Codice dei contratti

Nel nuovo testo preliminare del Codice dei Contratti introduce modifiche alle procedure per rendere più veloce l’affidamento dei lavori delle opere pubbliche. Non sempre però la semplificazione porta ai risultati sperati: abbassare la soglia dei controlli apre varchi a tante illegalità, penalizza le imprese qualificate e mette in secondo piano qualità del progetto e delle opere pubbliche, con buona pace della invocata maggiore efficienza delle Stazioni Appaltanti.

Esiste una grave sottovalutazione della centralità del progetto nel processo di sviluppo delle procedure nelle opere pubbliche con il rischio, molto concreto, che le risorse del Pnrr possano essere intercettate e non essere impegnate nella originaria strategia di ripresa del Paese su cui l’Europa ha avviato il Recovery Fund per raggiungere importanti obiettivi in tema di transizione ecologica ed energetica del nostro sistema”.

Così Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Servirebbero, quindi, continua, capacità programmatorie e progettuali in termini di innovazione e di qualità. Gli estensori del testo del nuovo Codice hanno ritenuto, al contrario, che la fase progettuale e, soprattutto, il risultato della qualità dell’opera da realizzare, siano aspetti del tutto secondari e marginali dimostrando di non avere compreso che la fase della progettazione è fondamentale all’interno del processo: non basta accelerare le procedure, ma occorre che le diverse fasi rispondano ad un obiettivo primario, cioè quello di raggiungere la qualità dell’opera in coerenza con gli obiettivi europei.

Il progetto assume, quindi, un ruolo fondamentale nel processo di ideazione, definizione ed esecuzione di un’opera pubblica. Trascurare questo aspetto costituisce un ritorno al passato, eliminando con un colpo di spugna importanti norme già contenute nel Dlgs 50/2016.

E ancora. Il ridimensionamento dell’affidamento dei servizi di progettazione attraverso i concorsi in due fasi –  strumento indispensabile per selezionare la qualità – va in netta controtendenza con i risultati in termini quantitativi e qualitativi registrati negli ultimi anni: la scelta dei concorsi, accogliendo le  proposte più volte avanzate dal mondo delle professioni tecniche, doveva essere confermata e perfezionata affermando così principi già acquisiti ed altamente innovativi”.

Per Miceli “avere riportato in auge l’appalto integrato, cioè affidando progettazione esecutiva ed esecuzione all’impresa, conferma il nostro giudizio critico sul nuovo Codice, anche nella considerazione che l’esperienza fin qui svolta ha dimostrato molte criticità. L’appalto integrato ha prodotto per gran parte enormi contenziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti: riproporlo ed estenderlo è un grave errore.

Lo stesso dicasi per quanto concerne il calcolo delle competenze professionali e anche in questo caso vi è un ritorno al passato perché non vi è traccia, infatti, del “Decreto Parametri” (DM 17 giugni 2016) che al contrario dovrebbe essere lo strumento principale di riferimento per il calcolo delle competenze nell’affidamento dei servizi di Architettura ed Ingegneria e che andrebbe aggiornato così come previsto dalla normativa vigente.

È grave – conclude – che le norme del nuovo Codice privilegino segmenti forti del sistema, basati sul processo organizzato in grado di dare risposte seriali e ripetitive, penalizzando l’ambito professionale impegnato nella ricerca di soluzioni progettuali di qualità.

L’auspicio è che sia subito istituito un tavolo di confronto con il Governo tra le varie componenti produttive e le rappresentanze degli Ordini professionali per mettere in essere alcuni importanti ed indispensabili correttivi”.

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