No all’affidamento dell’erogazione del reddito di emergenza ai Servizi sociali.
Bini (Assistenti sociali). Significherebbe assestar loro il colpo di grazia
“Si discute in queste ore – in fase di predisposizione del cosiddetto Decreto Aprile – della possibilità che il Rem, il reddito di emergenza che dovrebbe interessare quella fascia di cittadini non coperta da altri provvedimenti, possa essere gestito ed erogato dai Comuni anziché, come taluni prospettano, dall’Inps o dalle Banche. Se, da un lato, è vero che i Comuni sono l’istituzione di prossimità che conoscono meglio di altri il loro territorio, dall’altro non va dimenticato che proprio la gestione dei buoni di solidarietà alimentare ha mostrato quanto farraginosi e quanto numerosi siano i passaggi e gli adempimenti affidati agli assistenti sociali chiamati a svolgere le necessarie istruttorie. Con l’affidare agli assistenti sociali anche questo nuovo intervento si rischia di assestare il definitivo colpo di grazia a quei Servizi già oggi allo stremo per i continui tagli e ridimensionamenti subiti negli anni e definitivamente travolti dalle nuove povertà e dalle nuove esigenze provocate dallo tsunami Covid19.” Così Laura Bini, Presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali della Toscana. “Vorrei ricordare quanto siano cambiati i Servizi sociali e come sia cambiata la professione degli assistenti sociali nel giro di poche settimane: questi professionisti – dice ancora Bini – devono svolgere le attività da remoto; informare le persone per usufruire delle misure messe a loro disposizione; accogliere le richieste, soprattutto di quanti faticano ad accedere per via telematica, tramite interviste telefoniche per comprendere le particolari situazioni di fragilità e vulnerabilità; monitorare l’evoluzione delle situazioni così da mantenere una relazione di ascolto e sostegno; raccogliere e sistematizzare le informazioni, anche in forma aggregata, per costituire una documentazione fondamentale per le misure da erogare e che potranno porre questioni di equità sociale, una volta superata l’urgenza; elaborare dati e informazioni, importanti per la costruzione del profilo delle comunità fortemente modificate dall’emergenza Covid19; costituire, infine, punto di raccordo tra la rete dei servizi – ospedali, codice rosa, servizio sociale territoriale, servizi specialistici quali SERD, Salute mentale, centri diurni, RSA, assistenza domiciliare, Mmg e pediatri di libera scelta – terzo settore e volontariato, ecc., per tutte le situazioni non seguite dal Servizio sociale. Che fare, dunque, in una situazione già estremamente stressata?”, si chiede Bini. “Serve innanzitutto – spiega – incrementare il numero degli assistenti sociali perché quelli ora in servizio sono impegnati nel sostegno alle situazioni già in carico che, in quanto tali, richiedono maggior attenzione e sostegno nella complessa quotidianità delle persone fragili provocata dall’emergenza Covid19. Servono strategie nuove – dice ancora – per queste specifiche esigenze: messa a punto di una check list per l’intervista telefonica per una rilevazione uniforme delle informazioni; definizione di priorità e di urgenze che vanno oltre i criteri già individuati (lutti, violenza intrafamiliare, Covid19 positivi, quarantene); costruzione di strumenti uniformi di rilevazione dei dati richiesti dall’autodichiarazione così da essere comparabili; disimpegno del Servizio sociale dalle incombenze burocratiche e organizzative con particolare riferimento alle indagini di tipo patrimoniale; individuazione delle effettive modalità di erogazione da parte dell’Ente deputato. Non vorrei – conclude la Presidente degli assistenti sociali della Toscana – che qualcuno voglia indicare gli assistenti sociali quali braccio operativo del Reddito di emergenza solo perché, mi si passi il termine, sono lì, nei Comuni, a portata di mano, quasi a disposizione: sarebbe un grave errore, foriero di ulteriori danni non solo verso quei cittadini che, pur tra mille difficoltà, gli assistenti sociali cercano di continuare ad affiancare ogni giorno e che non devono sentirsi privati di una relazione di aiuto per loro molto importante, ma anche verso quei cittadini che sono diventati più deboli e fragili proprio per gli effetti socio-economici dell’emergenza Covid 19”.
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