A rischio il livello di sicurezza nei cantieri
Il Cni chiede un intervento immediato al Ministro Calderone in merito all’emendamento del “Decreto Lavoro” che consente anche ai tecnici della prevenzione di svolgere il ruolo di Coordinatore della sicurezza
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La Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale del Senato ha approvato, nella seduta dello scorso 15 giugno, un emendamento al Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48 (cosiddetto “Decreto Lavoro”), che apre nuovi ed inquietanti scenari nell’ambito della sicurezza dei cantieri edili. Si ipotizza, infatti, la modifica dell’art. 98 del Testo Unico della Sicurezza, in modo che anche i laureati in Tecniche della prevenzione
nell’ambiente e nei luoghi di lavoro avranno i requisiti necessari per svolgere il ruolo di Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione (CSP) ed in fase di esecuzione (CSE). Il Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) ritiene che questa scelta rappresenti una pericolosa inversione di tendenza rispetto all’evoluzione della normativa in materia di sicurezza. Già con il D.Lgs. 494/96, antesignano del Testo Unico, e poi con il titolo IV del D.Lgs. 81/2008, nasceva il concetto di “programmazione, organizzazione e gestione della sicurezza nel cantiere” che
prendeva forma e sostanza nella fase di progettazione della sicurezza del cantiere esplicitata dalla elaborazione del PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento), e nel ruolo operativo del CSE (Coordinatore della Sicurezza in fase di Esecuzione).Questi concetti risultano del tutto sconosciuti a un tecnico della prevenzione, in quanto i corsi di queste lauree afferiscono, in tutte le università italiane, alle facoltà di medicina, dunque a materie specificatamente ispirate ai concetti sanitari e certamente non tecnici e di gestione dei cantieri da cui sono, per forza di cose, lontani anni luce.
A questo proposito, basti pensare a quanto richiesto nell’allegato XIV del T.U. (D.Lgs. 81/2008), dove si parla dei contenuti minimi di un PSC in termini di organizzazione del cantiere, di analisi e gestione delle interferenze, di cronoprogramma dei lavori, di un “program management” del cantiere, ossia di tutti quegli elementi necessari per una corretta valutazione dei rischi in un cantiere edile e per una corretta pianificazione e programmazione delle relative misure organizzative, tecniche e procedurali di prevenzione e protezione. Tutte queste nozioni sono in capo alle conoscenze ed alle professionalità dei diplomati e laureati dell’area tecnica. È impensabile, dunque, che un “tecnico della prevenzione” possa affrontare un progetto della sicurezza del cantiere e quindi il PSC, e successivamente il ruolo di CSE, senza conoscere tutti gli aspetti squisitamente tecnici legati ad un percorso didattico e universitario che certamente gli ingegneri hanno svolto.
Tutto questo rischierebbe di far scendere pericolosamente l’asticella del livello di sicurezza del cantiere. Un’attenta analisi statistica degli infortuni nei cantieri evidenzia, ancora oggi, come molti infortuni accadano per una carenza di pianificazione della sicurezza in fase di cantierizzazione e di organizzazione del cantiere in tutte le sue fasi produttive, aspetti questi ignoti a chi non conosce la materia essenzialmente tecnica e progettuale. Non è la prima volta che tali iniziative hanno trovato sponda nelle aule parlamentari in materia di lavoro ma,
per fortuna, sono state bloccate ed emendate prima che divenissero effettivamente operative.
Pertanto, il Cni invita il Ministro Marina Calderone, da sempre attenta ai temi della sicurezza
ed al ruolo costituzionale di tutela in materia esercitato dalle professioni di area tecnica, ad intervenire decisamente eliminando tale emendamento che rappresenterebbe, se mantenuto, un gravissimo nocumento al livello della sicurezza e della salute dei lavoratori edili, che il Ministero non può certamente avallare.
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