Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Centro Studi Cni: nel 2023 spesi oltre 40 miliardi in super Ecobonus

Serve una sorta di exit strategy che passi attraverso un piano alternativo credibile per il futuro

Centro Studi Cni: nel 2023 spesi oltre 40 miliardi in super Ecobonus

Tra gennaio e novembre 2023 la spesa per il Super ecobonus ha raggiunto 35,7 miliardi di euro ed è verosimile pensare che l’anno si chiuderà ad almeno 40 miliardi di euro. Il 2022 si era chiuso con valori più elevati, pari a 46 miliardi di euro. Sebbene la spesa tenda quindi a ridimensionarsi, anche nel 2023 essa si è mantenuta su livelli molto consistenti, continuando a suscitare una crescente preoccupazione nel Governo che considera questa modalità di intervento sugli immobili sostanzialmente inefficace e con un impatto fortemente negativo in termini di disavanzo pubblico. Dal 2020 ad oggi, il Super ecobonus ha generato una spesa di 98,1 miliardi di euro e si tratta di un dato parziale in quanto manca l’ammontare di spesa operata con Super sismabonus.

Il Centro Studi del CNI stima che nel 2023 la spesa per Super ecobonus ha attivato una produzione complessiva (diretta nel comparto dell’edilizia e indiretta, cioè in altri settori produttivi) di 84 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 600 mila unità di lavoro di cui 400 mila direttamente coinvolte nel comparto delle costruzioni e dei servizi ingegneria e architettura (attività di progettazione, direzione lavori, asseverazione). Il contributo alla formazione del Pil, in termini di valore aggiunto, è stimato di poco superiore al 1%.

Si stima, infine, che il risparmio energetico realizzato fino ad oggi (dal 2020) attraverso la spesa con Super ecobonus sia pari ad 1,3 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Per avere un ordine di grandezza, tale risparmio è pari a quasi il 50% dei minori consumi di gas che il Governo aveva previsto di realizzare nella precedente stagione invernale 2022-2023 per fare fronte alla crisi energetica che si era profilata lo scorso anno. I metri quadrati di edifici residenziali coibentati sono il 4,5% del totale dei metri quadri presenti di costruito residenziale in Italia.

Il Governo ha più volte, in modi diversi, espresso forti perplessità sull’efficacia del Super ecobonus e del Super sismabonus. Ogni valutazione del Governo, però, finora si è basata in via esclusiva su elementi contabili, in particolare si considera quasi insostenibile l’indebitamento a carico dello Stato determinato non solo dal consistente livello delle detrazioni (110% e 90% praticati finora) ma anche dal meccanismo di cessione del credito d’imposta. Nelle valutazioni complessive del Governo non si fa mai alcun cenno al fatto che parte della spesa sostenuta dallo Stato è già stata recuperata sotto forma di gettito fiscale (stimiamo che 91 miliardi di spesa per Super ecobonus totalizzati nel periodo 2020-2023, abbiano attivato un gettito fiscale di almeno 36 miliardi di euro), che alla formazione del così detto extra gettito fiscale registrato in questi ultimi anni dovrebbe aver contribuito in buona misura anche il comparto delle costruzioni con i bonus di cui ha beneficiato, che agli incrementi occupazionali, che l’attuale Governo considera come uno dei propri migliori risultati, dovrebbe aver contribuito anche il sistema dei Superbonus (per fare un esempio: al momento il comparto delle costruzioni e quello dei servizi di ingegneria e architettura registrano livelli di disoccupazione che sono inferiori a quelli frizionali proprio grazie al fenomeno espansivo che è stato innescato in un breve arco temporale). Nelle analisi del Governo ancor meno vengono presi in considerazione i consistenti livelli di risparmio energetico realizzati attraverso gli investimenti pubblici di questi ultimi anni. È altrettanto vero, come affermato da fonti governative in occasione della presentazione del Nadef 2023, che mentre il livello di indebitamento generato dai bonus per l’edilizia è certo e preoccupante, gli effetti indotti sono tutti ancora da verificare.

 

Se questo è il clima, riteniamo sia arrivato il momento di porre una cesura netta con l’esperienza condotta finora. I Superbonus, così come attuati finora, erano stati pensati come misura straordinaria e temporanea per fare fronte alla fase di emergenza generata dal Covid. Oggi sappiamo che, forse, si sarebbe dovuto porre un limite già nel 2021.

Se il Governo continua a considerare tali strumenti come misure inique ed inefficaci sarà impossibile affrontare con serietà e serenità una sfida ancora più grande che riguarderà il sistematico risanamento energetico di gran parte del patrimonio residenziale così come si profila ormai nella direttiva europea EPBD sui così detti green building. È chiaro che alle condizioni attuali vi è e vi sarà una totale chiusura dell’Esecutivo a ridefinire su basi nuove una politica per la ristrutturazione profonda degli edifici, politica considerata dai più come un tassello essenziale per affrontare la crisi climatica in atto. Occorre una visione nuova che il Governo non sembra voler approntare a causa di un debito da oltre 100 miliardi che, secondo recenti dichiarazioni, avrebbe condizionato l’attuazione di interventi socialmente più utili che il Governo avrebbe voluto mettere in atto a fine 2023.

L’ultima versione della bozza di direttiva UE EPBD lascia più flessibilità e margini di azione, rispetto alla bozza originaria, ai singoli Stati al fine di intervenire sugli edifici più energivori; ma i tempi iniziano ad essere stretti e non sembra al momento esservi alcun vero piano di intervento. L’Italia dispone di un patrimonio edilizio in gran parte vetusto, su cui occorrerebbe intervenire in modo radicale. Il Centro Studi CNI stima che gli alloggi (che non siano seconde case) nelle tre classi più energivore superano i 13 milioni di unità. Si tratta di numeri esorbitanti che richiederebbero tempi di intervento e cantierizzazione incredibilmente lunghi, oltre ad investimenti molto consistenti inaffrontabili solo dallo Stato e ancor meno dai soli proprietari di immobili. Andrebbe chiarito e definito il perimetro di intervento, occorrerebbe stabilire cosa il Paese potrebbe realizzare, in termini di ristrutturazione profonda, nei prossimi 15/20 anni e occorrerebbe capire se sia possibile attivare uno strumento finanziario o un incentivo che allevi i costi che i singoli proprietari di immobili dovranno sostenere.

Ad oggi, a parte le critiche ai Superbonus e posizioni ideologiche di vario tipo suffragate su dati che dimostrano tutto e il contrario di tutto, non esiste nessuna vera ipotesi organica su come affrontare concretamente questa sfida, ed il Governo, forse, farebbe bene ad istituire un tavolo tecnico che, in un arco temporale breve, chiarisca a tutti i termini del problema e verifichi la fattibilità o meno di un piano per le ristrutturazioni profonde degli edifici.

“È arrivato il momento di mettere un punto all’esperienza dei Superbonus – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI – e di passare ad un piano per il risanamento del patrimonio edilizio su basi totalmente nuove. La spesa per Super ecobonus continua a correre e il Governo continua a parlare di operazione fallimentare dagli effetti disastrosi sui conti pubblici. Così non ci sono le condizioni essenziali per affrontare un tema ancora più complesso come quello del sistematico risanamento energetico previsto dalle nuove norme europee che dovrebbe impegnare il Paese intero almeno per i prossimi 15/20 anni, se non di più. Nel 2024 i Superbonus funzioneranno con una detrazione al 70%; se però anche questa operazione deve sottostare alle critiche continue dell’Esecutivo, meglio sarebbe pensare sin da ora ad un piano alternativo, ad una moratoria dell’intervento per chiarire realisticamente cosa fare. Attendiamo un segnale in tal senso.”

“Già il Governo Draghi aveva manifestato perplessità sull’efficacia dei Superbonus e l’attuale Governo ha sostanzialmente rincarato la dose – afferma Giuseppe Maria Margiotta, Consigliere del CNI e del Centro Studi CNI -. La retorica del fallimento dei Superbonus, forse è anche comprensibile, ma francamente lascia il tempo che trova. Se l’Esecutivo è così convinto di tale tesi dovrebbe avere la capacità di proporre una sorta di exit strategy e far capire che per il futuro vi è un piano alternativo credibile. Anzi, vista la prospettiva adottata in sede europea, in cui la mitigazione della crisi climatica passa anche per il risanamento energetico degli edifici, con chiarezza il Governo dovrebbe dire se ritiene o meno di voler investire in un piano organico di interventi sul patrimonio immobiliare. C’è un’idea su come affrontare il problema? Soprattutto, vi è la volontà di affrontarlo? Se il Governo affermasse che non è interessato all’argomento, forse sarebbe meglio che continuare con l’indeterminatezza che va avanti da almeno un anno. Criticare aspramente misure messe in campo da Governi passati forse è comprensibile, ma capire cosa fare nell’immediato futuro e compito di questo Governo. Le strutture di rappresentanza dei professionisti dell’area tecnica, che più hanno lavorato sul campo in questa materia, sono a disposizione per dare il proprio contributo: attendiamo che le Istituzioni prendano una posizione chiara.”

 

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