Continua la battaglia dei commercialisti contro i tributaristi
Con una sentenza, che fa infuriare i commercialisti, viene di fatto accolto un ricorso contro il divieto ai tributaristi di apporre il visto di conformità alle dichiarazioni dei redditi.
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Palazzo Spada, infatti, ha sospeso, il giudizio in corso alla fine dell’appello relativo al ricorso proposto da un’associazione di tributaristi, che ha contestato il rifiuto, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di concedere l’abilitazione al rilascio del visto di conformità a un tributarista. Il Consiglio di Stato ha dichiarato “rilevanti e non manifestatamente infondate in relazione agli artt. 3, 41 e 117 comma 1 della Costituzione, le questioni di legittimità costituzione dell’art 35 comma 3 decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 nei sensi di cui in motivazione». Viene garantita in questo modo l’uguaglianza davanti alla legge e la libertà di fare impresa.
Le associazioni di commercialisti sul piede di guerra
Secondo il Consiglio di Stato, in relazione alla disposizione del 1997, che dispone che il visto di conformità sia rilasciato da iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro, ma anche dai periti che al 30 settembre 1993 erano iscritti alla Camera di Commercio, industria artigianato agricoltura per la subcategoria tributi con laurea in giurisprudenza o economia, così come le associazione sindacali e i caf (quindi non dai tributaristi) si porrebbe una violazione dei principi costituzionali di non discriminazione, ragionevolezza e libertà di iniziativa economica, e costituirebbe una restrizione non giustificabile alla luce della legge che prevede la possibilità di formare associazioni privatistiche per le professioni senza albo.
«Le associazioni nazionali di categoria non possono condividere un simile orientamento e ritengono non sia giustificabile una previsione normativa che regolamenta un adempimento così delicato quale l’apposizione del visto di conformità, adempimento riservato ai soli soggetti professionali, tra i quali i commercialisti e gli esperti contabili, i cui requisiti costituiscono garanzia per la collettività. – spiega un comunicato dell’Anc Nazionale – La garanzia è assicurata dal superamento dell’esame di abilitazione, peraltro indispensabile per accedere alla professione, degli obblighi di formazione continua, dall’assoggettamento al codice deontologico, dal rispetto della normativa antiriciclaggio e dei connessi obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, dalla vigilanza che l’ordine esercita sui propri iscritti e da quella che, a sua volta, il Ministero della Giustizia esercita sugli ordini territoriali oltre che sul Consiglio Nazionale. È discutibile che, in un contesto che impone crescenti e spesso ingiustificati obblighi di specializzazione alla professione del commercialista, ci siano pronunce che sviliscono la funzione di garanzia della fede pubblica, che è propria delle professioni ordinistiche. Non è solo per una garanzia del cittadino-contribuente ma è anche per la suprema certezza dello Stato al quale dovrebbe interessare che ad apporre il visto sia un commercialista. Questo proprio perché è lo stesso Stato che impone al professionista ordinistico una serie di obblighi, la cui origine sta proprio nella sua funzione di garanzia, medesimo ragionamento per cui si ritiene naturale che solo un farmacista possa dispensare farmaci».
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