È finita l’era della parcella generica per i commercialisti?
Quello dei commercialisti è un settore in grande evoluzione sia tecnologica sia per il modello di business mediamente adottato.
In evidenza

Il cliente vuole di più. Ma quanto di più? E come dovrà pagare questo di più. Occorre riflettere sulla professione che da sempre è il consulente principale di chiunque imprenda ma deve anche contenere lo tsunami normativo che lo investe annualmente.
Il mestiere del commercialista sembra molto prossimo ad un bivio importante: tenere le posizioni o evolvere la professione verso un ruolo di maggiore importanza rispetto ai clienti, spesso disorientati dalle normative e dalla marea di adempimenti. Una professione che dialoga con clienti che spesso non capiscono il valore della collaborazione con il proprio commercialista e dunque sovente la sottostimano.
Intelligenza artificiale per un commercialista smart
Siamo in un mondo sempre più smart dove l’intelligenza artificiale si sta sta conquistando via via più spazio. Una tecnologia che per i commercialisti potrebbe essere davvero amica.
Wolters Kluwer Tax & Accounting ha presentato recentemente una ricerca, Future Ready Accountant, effettuata su una consistente popolazione di professionisti in tutto il mondo ed ha affrontato anche il tema dell’intelligenza artificiale nel mondo dei commercialisti e come questa possa influenzare un nuovo modello di business con conseguente modello di fatturazione dei servizi.
Si prevede che l’IA farà risparmiare tempo e aumenterà l’efficienza, inducendo a chiedersi se l’adozione di questa tecnologia spingerà gli studi a passare a modelli di tariffe su abbonamento o a valore, soprattutto nel caso si intenda offrire un maggiore (e migliore) numero di servizi di consulenza.
Pur riconoscendo i vantaggi dell’IA, la ricerca dimostra che gli studi esitano ad adottare nuove modalità di fatturazione. A livello globale, il 28% degli studi ritiene che l’efficienza dell’IA sia estremamente o
molto probabilmente incoraggiante il passaggio a modelli di fatturazione a valore.
Questo non significa che gli studi non stiano pensando di cambiare modelli di business: Il 19% degli studi ha recentemente optato per un nuovo modello di fatturazione passando a quello ad abbonamento o a valore, e un altro 19% di studi ha intenzione di cambiare nel corso del prossimo anno. Il settore sembra mantenere un approccio cauto nel modificare le pratiche di fatturazione consolidate. Tuttavia, questo
cambiamento potrebbe diventare essenziale per mantenere la competitività, soprattutto se si considera che il 29% degli studi ritiene “piuttosto probabile” un cambiamento dei modelli di fatturazione.
E in Italia?
Sembra importante fare alcune riflessioni sul cambiamento della fatturazione dei servizi dei commercialisti focalizzandoci sull’Italia. Non abbiamo dati, ma percezioni sì. La sensazione è che si vada verso una maggiore trasparenza e tracciabilità nei compensi. I commercialisti sono sempre più chiamati a definire in modo chiaro, fin dall’inizio, il tipo di servizio offerto, i tempi e il costo. Vi è una maggiore diffusione dei contratti scritti; anche se non obbligatori in ogni caso diventano strumenti fondamentali per tutelare sia il cliente sia il professionista. Consentono di stabilire compensi forfettari, a tariffa oraria, o a risultato. Cresce la tendenza verso modelli di abbonamento mensile o annuale, soprattutto per le piccole imprese e le partite IVA. Questo permette ai clienti di avere maggiore prevedibilità dei costi e ai commercialisti di contare su entrate più stabili.
L’automazione di molte attività contabili, garantita dalla tecnologia digitale, sta riducendo il valore percepito del “lavoro operativo” spingendo gli studi a valorizzare la consulenza strategica, la pianificazione fiscale e servizi personalizzati.
Il cambiamento culturale in Italia è lento e molti clienti faticano ancora ad accettare il concetto di consulenza continuativa da pagare anche se “non si vede”. Le giovani generazioni di commercialisti e gli studi più dinamici stanno invece spingendo verso pacchetti “chiavi in mano”, con pricing più chiaro e spesso legati a performance. È concreta dunque una trasformazione del ruolo del commercialista, da semplice “esecutore fiscale” a vero e proprio consulente di business, e questo impatta direttamente su come e quanto si dovranno far pagare i servizi.
Come potrebbero reagire gli studi?
Siamo ovviamente nel campo delle ipotesi, ma crediamo di poter essere abbastanza certi che chi saprà sfruttare l’IA per costruire modelli di offerta chiari, trasparenti, modulari e basati sul valore (es. “pacchetti di consulenza su misura”, “servizi predittivi di cassa e fiscalità”) sarà più competitivo.
Chi invece resterà ancorato al “modello a ore”, rischia di essere percepito come un “centro di costo” facilmente sostituibile da automazioni.
Proviamo ad immaginare uno scenario futuro in un 2030 nel quale il valore di un commercialista non sarà legato a quante dichiarazioni elabora, ma a quanta strategia riesce a fornire ai suoi clienti.
In questo scenario, il pricing diventerà parte integrante della consulenza stessa, e l’IA sarà uno strumento invisibile ma potente per ridurre i costi interni e aumentare il valore percepito all’esterno.
Notizie Correlate

Cooperative Agricole, dai Commercialisti un documento sull’imposizione diretta
28 Marzo 2025La pubblicazione del Consiglio e della Fondazione nazionali della categoria affronta i dubbi interpretativi sulla materia.

Commercialisti, ‘eccesso prudenza su aziende non è reato penale’
21 Marzo 2025De Nuccio precisa, 'le valutazioni o sono fatte bene, o male'.

Adc (commercialisti), no a l’obbligo di Pec per gli amministratori
19 Marzo 2025Forte rammarico per il nuovo adempimento, serve solo alla Pa.