Il commercialista cede al posto fisso
Un esercito di professionisti assunto alle Entrate: "Così il lavoro ha perso appeal".
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Nuove entrate alle Entrate. Nell’elenco dei quasi 4mila nuovi 007 che l’Agenzia ha ingaggiato tramite il maxiconcorso di fine 2023 c’è una pattuglia di commercialisti. Sono circa 400, secondo le indiscrezioni social raccolte l’altro giorno da Italia Oggi, classificatisi ai primissimi posti. «L’abilitazione non era obbligatoria ma in molti casi è risultata un fattore chiave», spiega il quotidiano. Entro fine mese, dopo i colloqui, gli iscritti all’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili passeranno dall’altra parte della trincea. È una buona, buonissima notizia per i contribuenti, per il viceministro alle Finanze Fdi Maurizio Leo (una vita tra Agenzia e professione) ma anche il segno dei tempi. «Il dipendente voleva fare il professionista, ora è il contrario», ragiona Marcello Guadalupi, presidente del Sic (Sindacato italiano commercialisti), che vede il bicchiere mezzo pieno. Esulta anche la presidente dell’Ordine di Milano Marcella Caradonna: «Credo che l’inserimento di colleghi all’interno dell’Agenzia possa costituire un ottimo percorso per agevolare il dialogo fra le nostre funzioni e quelle delle Entrate».
Intanto, arrivano altri 3.970 funzionari. Alle Entrate servivano come il pane, visto l’enorme carico di arretrato sulla Riscossione e la materiale difficoltà per l’organico dell’amministrazione guidata da Ernesto Maria Ruffini, che non riesce a fare tutti i controlli e le verifiche fiscali che vorrebbe per il contrasto al sommerso fiscale. «Il nostro lavoro è fatto di studio, esperienza e sano scetticismo», sottolinea Guadalupi. «Quelli delle Entrate ci guardavano come ricchi, sociologicamente è cambiata la visione della professione», dice invece chi ha vinto il concorso. «È anche vero che qualcuno non ha voluto cavalcare l’innovazione. Il nostro lavoro non è compilare dichiarazioni», sostiene Francesco Zappia, che guida un gruppo di esperti in crimini finanziari con la sua Research&Investigation.
Lo spauracchio si chiama Intelligenza artificiale, l’algoritmo che rischia di cancellare i corpi intermedi: commercialisti, ma anche notai, avvocati e giornalisti. «L’economia cambia, dobbiamo farlo anche noi. Le potenzialità dell’Ai vanno studiate, non subite. Dobbiamo essere portatori sani di progresso», conclude Zappia. C’è chi li chiama «traditori», che chi è felice per loro, c’è chi rimpiange di non aver potuto (o voluto) fare la selezione: «Aggiornamenti, scadenze, clienti che non pagano, assenza totale di tempo libero. Ecco perché chiudono gli studi», scrive una professionista su Facebook. Nelle chat i professionisti si dividono, le opinioni si moltiplicano: «L’accelerazione delle riforme fiscali ha stravolto molte nostre competenze. Perdere certi riferimenti può essere devastante. Chi di voi è passato dall’altra parte?», sostiene una professionista romana che ha fatto il concorso quasi per gioco, per sfida, e adesso si trova davanti a un bivio. «Che faccio? Non ho ancora deciso», ci fa sapere. «Che ci faccio con 1.800 euro, smartworking, malattia e ferie?», ragiona un professionista. «Sono certezze che la professione non assicura più», risponde un collega. Sono persone tra i 35 e i 45 anni, l’età in cui o si svolta o si annega nella mediocrità, soprattutto nel Sud, accaparrando clientela a prezzi ridicoli.
«Va bene i privilegi, la 13ma, la malattia e la legge 104 ma io l’impiegato non lo farei manco morto, gli stipendi non sono nemmeno granché». «Io ho fatto al contrario, sono passata dalle Entrate a fare questo lavoro. Potevo andare in pensione dopo 20 anni…». Dal costo fisso al posto fisso il passo è breve. Checco Zalone ha vinto.
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