Non commissariare gli organi di controllo
In una nota Adc, Aidc e Ungdcec chiedono l’immediata cancellazione della norma il cui inserimento rappresentante del MEF limita autonomia.
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“Il testo dell’art. 112, contenuto nella bozza di Legge di Bilancio 2025, prevede l’inserimento di un rappresentante del Mef negli organi di controllo delle società che ricevono contributi pubblici, anche indiretti, superiori a 100 mila euro. Riteniamo che si tratti di una norma fortemente limitativa dell’autonomia decisionale privata, che desta molte perplessità sotto diversi aspetti e per la quale non esistono soluzioni alternative all’eliminazione”. Lo affermano in una nota congiunta Maria Pia Nucera, presidente Adc, Edoardo Ginevra, presidente Aidc e Francesco Cataldi, presidente Ungdcec.
“Preme sottolineare, anzitutto, che non si comprende la ratio della norma: nel nostro ordinamento l’attività del Collegio Sindacale e del Revisore Legale rappresenta, da sempre, una garanzia di indipendenza, di vigilanza e di tutela degli interessi degli stakeholder e del mercato. Al contrario, l’art. 112 induce a ritenere che il Governo abbia individuato un vulnus nel comportamento di Sindaci e Revisori, tale da rendere necessaria la nomina di un “tutore” che possa garantirne il corretto funzionamento. È una norma che desta sgomento e preoccupazione”, affermano i presidenti dei tre sindacati di categoria, che rimarcano come “i profili di critica del dettato normativo sono molteplici. Pensiamo alla violazione della libertà di nomina dei componenti dell’organo di controllo da parte dell’assemblea dei soci; al contrasto normativo con il Codice civile e potenziale scavalcamento dei requisiti professionali previsti dall’art. 2397 c.c. e dall’art. 2 del D.Lgs. 39/2010; all’introduzione di un potenziale e confuso doppio binario nei doveri degli organi di controllo. Le attività previste dall’art. 112 non potranno sottrarre il Sindaco “ministeriale” da tutti gli altri doveri del Collegio Sindacale o del Revisore, a cui si aggiungono gli obblighi di segnalazione dal Codice della Crisi; alla sperequazione dimensionale e per tipologie di società”.
Altrettanto incomprensibile appare, per Nucera, Ginevra e Cataldi, “il comma 4 che impone ai soggetti destinatari della norma di non poter effettuare a decorrere dall’anno 2025 «spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023» con buona pace dei piani industriali, degli impegni contrattuali assunti e più in generale della libera iniziativa economica. In definitiva l’articolo 112 appare una norma del tutto incoerente con il sistema normativo italiano, presenta diversi profili di irragionevolezza e appare profondamente limitativa della libera iniziativa economica. Gli strumenti per il monitoraggio e il controllo della finanza pubblica già esistono e risultano peraltro già direttamente nelle mani sia del MEF che del MIMIT senza bisogno alcuno di introdurre un confuso e illogico meccanismo”.
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