Senza grandi riforme, il destino dei commercialisti è segnato
Amelia Luca(Andoc) Serve un cambiamento radicale innanzitutto sulla selezione della classe dirigente, che deve avvenire con meccanismi proporzionali puri e con l’elezione diretta, da parte degli iscritti, del Consiglio nazionale.
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“Senza grandi riforme, la categoria dei dottori commercialisti ha il destino segnato. Serve un cambiamento radicale innanzitutto sulla selezione della classe dirigente, che deve avvenire con meccanismi proporzionali puri e con l’elezione diretta, da parte degli iscritti, del Consiglio nazionale. Occorre, inoltre, fermare la spirale d’immobilismo che si è attivata con la nomina di commissari, tanto per gli Ordini locali che per il Consiglio nazionale. I commissari devono essere scelti tra i più autorevoli colleghi, in modo da avere maggiori garanzie circa la rapidità e l’efficacia dell’unico mandato che devono declinare: ristabilire la democrazia, fermando così l’inarrestabile ed estremo declino cui assistiamo da troppo tempo”. Lo evidenzia in una nota la giunta direttiva dell’Associazione Nazionale Dottori Commercialisti (Andoc), guidata dal presidente Amelia Luca.
“Non sono soltanto i ricorsi a paralizzare la categoria”, evidenziano i vertici Andoc. “Sono il vuoto di leadership, l’assenza di una strategia precisa, l’incapacità di declinare anche le più semplici politiche economiche e di gestione della professione a condannare la stessa all’irrilevanza, se non ad un ruolo passivo di mero ausilio alla pubblica amministrazione”.
A questo punto si è arrivati “perché ha fallito, clamorosamente, il meccanismo di selezione della classe dirigente di categoria. La riforma del nostro ordinamento professionale, ad opera del DLgs n. 139/05, ha introdotto un sistema elettorale maggioritario, con liste bloccate, tanto per la scelta dei consigli territoriali che per il Consiglio nazionale (in quest’ultimo caso, senza nemmeno un riconoscimento per le minoranze). Con questo strumento ha prevalso in maniera esagerata la logica delle alleanze a discapito di quella della partecipazione”.
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