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Tre strategie vincenti per potenziare la forza lavoro nel settore digitale

Come le aziende europee stanno affrontando la carenza di professionisti nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) con strategie per formare donne, disoccupati, rifugiati e migranti.

Tre strategie vincenti per potenziare la forza lavoro nel settore digitale

Negli ultimi anni, le aziende in Europa hanno affrontato una crescente mancanza di professionisti nel settore delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT). Questo problema è peggiorato durante la pandemia di COVID-19, che ha aumentato la domanda di esperti a causa del lavoro da remoto.

Le previsioni indicano che la richiesta di professionisti digitali continuerà a crescere, come sottolineato nel rapporto di Eurofound “Measures to tackle labour shortages:lessons for future policy”. La carenza di competenze sta rallentando la competitività delle economie europee, poiché mancano le persone necessarie per sviluppare nuove tecnologie e innovazioni. Inoltre, le donne sono ancora molto meno rappresentate in questo settore rispetto agli uomini.

Per risolvere questo problema, gli enti europei stanno cercando di formare più persone per occupare questi posti di lavoro. Ecco tre modi in cui lo stanno facendo.

Il primo passo è coinvolgere più donne nel mondo delle tecnologie digitali. In Austria, per esempio, c’è un programma chiamato FiT (Women in Crafts and Technology) che aiuta le donne disoccupate a formarsi per lavori tecnologici. Quest’ultime, che spesso non hanno un lavoro, possono ricevere formazione gratuita e anche un aiuto economico per pagare la cura dei figli. Il programma ha avuto molto successo, tanto che quasi 6 donne su 10 che hanno partecipato hanno trovato lavoro poco dopo aver completato il corso.

In Belgio, l’ONG Interface3 offre corsi di formazione digitale gratuiti per donne svantaggiate, molte delle quali sono migranti. In aggiunta, nell’ambito della strategia nazionale “Women in Digital 2021-2026”, l’organizzazione si impegna a ridurre il divario di genere nel settore delle tecnologie digitali. I corsi di formazione sono seguiti da stage, mentre vengono organizzati eventi di orientamento professionale e giornate di sensibilizzazione per supportare ulteriormente le partecipanti.

Un altro modo per risolvere la mancanza di lavoratori nelle professioni informatiche è formare persone disoccupate. In Francia, ad esempio, esiste il programma GEN che aiuta i NEET, (ovvero i giovani che non hanno frequentato scuola o non possiedono lavoro), ad acquisire competenze digitali. Questo li esponeva a maggiori rischi di insicurezza lavorativa, cattiva salute mentale e difficoltà nelle relazioni sociali, soprattutto durante la pandemia. Nel 2020, circa 28.000 giovani hanno partecipato a questo programma, e oltre il 40% di loro ha trovato lavoro. Anche in Portogallo sono stati creati bootcamps di coding (corsi intensivi di programmazione) per formare disoccupati in un piccolo paese chiamato Fundão, dove non c’erano molte opportunità di lavoro. Il progetto ha avuto successo perché una grande azienda nel settore tecnologico ha aperto un centro nella zona, creando così nuovi posti di lavoro.

Infine, le aziende stanno cercando di formare anche i rifugiati e migranti. Questi gruppi di persone, che spesso faticano a trovare lavoro, possono diventare una risorsa preziosa se vengono formati nelle competenze tecnologiche. In Germania, la ReDI School of Digital Integration è una scuola che ha formato migliaia di rifugiati e migranti dal 2016. Questi studenti imparano a programmare e molte delle persone che completano i corsi riescono a trovare lavoro in aziende che operano nel settore digitale. Questo tipo di iniziative non solo aiuta queste persone a integrarsi nel mercato del lavoro, ma rende anche l’industria più forte e diversificata.

In conclusione, formare più donne, disoccupati e rifugiati aiuterà a colmare il gap di competenze e a rendere il mercato del lavoro più inclusivo e diversificato. Grazie a programmi di formazione in tutta Europa, c’è la possibilità che il settore tecnologico possa finalmente rispondere alla crescente domanda di professionisti qualificati e che l’economia digitale dell’Unione Europea possa crescere ancora di più.

Ufficio Stampa Confprofessioni

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