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Ravvedimento operoso: i Commercialisti chiedono una riduzione degli interessi

Il Cndcec invia una lettera al Governo per chiedere la riduzione degli interessi che i contribuenti pagano sul ravvedimento operoso con aumentati al 5% per il 2023

Ravvedimento operoso: i Commercialisti chiedono una riduzione degli interessi

Con informativa n 122 del 19 dicembre il Cndcec interviene per richiedere al Ministro Giorgetti e al Viceministro Leo, un intervento correttivo sugli interessi moratori da poco normati con decreto MEF del 13 dicembre passando dal 1,25% del 2022 al 5% per il 2023.

In particolare, nella nota viene specificato che il ravvedimento operoso, come è noto, è un importante e diffuso strumento di compliance che permette ai contribuenti di regolarizzare spontaneamente le violazioni tributarie commesse (tipicamente il ritardo nel pagamento) beneficiando di una riduzione delle sanzioni tanto maggiore quanto più celere e tempestiva è la regolarizzazione stessa. 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, “Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno”.

Dal 1° gennaio 2022, il saggio degli interessi legali è pari all’1,25 per cento su base annua, e con il recente e analogo decreto ministeriale del 13 dicembre 2022, la misura del saggio degli interessi legali di cui all’articolo 1284 del codice civile è stata fissata al 5 per cento in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2023. 

Secondo i Commercialisti il sensibile incremento del saggio degli interessi legali nel prossimo anno, oltre a rendere più gravoso l’utilizzo dello strumento deflattivo in oggetto con ripercussioni negative sulla compliance dei contribuenti, comporterà anche effetti distorsivi di particolare rilevanza. 

Ad esempio, nel caso di versamento tardivo delle imposte entro un anno dalla scadenza originaria, è prevista la possibilità di regolarizzare la violazione, pagando, oltre alle imposte, una sanzione ridotta ad un ottavo del minimo, pari pertanto al 3,75 per cento (la sanzione ordinaria per omesso versamento è infatti pari al 30 per cento). 

Alla sanzione così ridotta, vanno poi aggiunti, ai sensi del comma 2 del citato articolo 13, gli “interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno” che, nel 2023, saranno dovuti in misura pari al 5 per cento e, quindi, per un importo superiore, nel caso esemplificato, alle sanzioni contestualmente dovute per la regolarizzazione. 

Nella lettera ai Ministri i Commercialisti sottolineano come nell’esempio proposto, si verificherebbe un paradosso che occorrerebbe evitare, anche per non scoraggiare l’utilizzo dell’istituto da parte dei contribuenti. 

Inoltre, viene sottolineato come la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, in via di approvazione con l’articolo 47 della legge di bilancio per l’anno 2023, prevede la possibilità di estinguere i debiti senza alcun pagamento di sanzioni e interessi: ciò determina l’ulteriore iniquità che coloro che spontaneamente rimuovono le violazioni tributarie con il ravvedimento operoso (evitando quindi l’avvio dell’attività di riscossione) subirebbero un onere sensibilmente superiore rispetto a coloro che, viceversa, si trovano in situazioni di ritardo nei pagamenti decisamente più marcate, che hanno comportato l’iscrizione a ruolo del debito tributario. 

Infine, si evidenzia che in una situazione economica come quella attuale, l’incidenza degli interessi per perfezionare il ravvedimento operoso appare come un’ulteriore gravoso elemento che amplifica gli effetti negativi del contesto economico generale. 

Per tutti questi motivi, si chiede di valutare l’opportunità di un intervento normativo che riduca sensibilmente il tasso degli interessi moratori da corrispondere in caso di ravvedimento operoso, eliminando il collegamento “al tasso legale” degli interessi, attualmente previsto dal richiamato comma 2 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Tratto da Fisco e Tasse

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