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Dirigenti sul piede di guerra, ricorsi contro taglio assegni d'oro

Mantovani (Cida), 'provvedimento inutile, solo lo 0,22% pensionati sarà interessato'

Dirigenti sul piede di guerra, ricorsi contro taglio assegni d'oro

“Siamo sommersi da telefonate di pensionati preoccupati che ci chiedono spiegazioni: l’annuncio della partenza del taglio delle cosiddette pensioni d’oro porterà una valanga di ricorsi”. Lo dice, Mario Mantovani, presidente della Cida, dopo l’annuncio ufficiale da parte dell’Inps che da giugno prende il via il taglio delle ‘pensioni d’oro’ previsto dalla Legge di Bilancio. La circolare dell’Istituto di Previdenza, pubblicata ieri sul sito, ricorda come “a decorrere dal 10 gennaio 2019 e per la durata di 5 anni i trattamenti pensionistici diretti complessivamente eccedenti l’importo di 100.000 euro lordi su base annua sono ridotti di un’aliquota percentuale in proporzione agli importi dei trattamenti pensionistici”. Un provvedimento che trova in totale disaccordo la Cida, Confederazione nazionale dei quadri, dirigenti e alte professionalità che riunisce le federazioni rappresentative dei vari settori. “Innanzitutto -spiega Mantovani- da un punto di vista degli effetti sulle finanza pubbliche, si tratta di un provvedimento inutile: i pensionati colpiti sono in realtà molto pochi, circa 35.000, pari allo 0,22% dei pensionati totali. Dunque, dal taglio delle pensioni d’oro il ricavo lordo per lo Stato, ottenuto moltiplicando le stime del numero di pensionati per la media delle classi di importo annuo lordo della pensione, è modesto, soprattutto se si considera che si tratta, appunto, di pensioni lorde”. Mantovani aggiunge: “Al netto, il ricavo per le finanze pubbliche si riduce a poco più di 120 milioni l’anno che, con molta probabilità, produrranno costi ben maggiori per lo Stato a seguito dei numerosi ricorsi”. Dunque, riassume Mantovani: “Taglio pesante per gli interessati, inutile per il bilancio pubblico”. Secondo i calcoli elaborati da Cida, infatti, un pensionato che riceve una pensione annua lorda di 130.000 euro, sui 30.000 eccedenti il massimale dei 100.000 euro, si troverà un taglio del 15%, ossia 4.500 euro lordi. Con una pensione di 350.000 euro dovrà invece contribuire per 67.000 euro, somma delle aliquote applicate sui tre scaglioni che compongono la sua pensione lorda; con una pensione pari a 700.000 euro, la riduzione sarà pari a 199.500. Quello che, secondo il presidente Cida, sta facendo il governo è piuttosto “operare per avere un effetto mediatico: tagliare le pensioni più alte (non d”oro’) adesso è come dire ‘stiamo lavorando contro le ingiustizie’ e guarda caso la misura parte proprio poco prima delle elezioni europee, con un timing perfetto”. Ma è “proprio un messaggio sbagliato perché -spiega Mantovani- quelle pensioni sopra i 100.000 euro sono in gran parte frutto di contributi regolarmente versati e sono state erogate in virtù di regole in vigore, di un impegno che lo Stato si è assunto nei confronti dei contribuenti. E che ora non rispetta”. Al di là degli aspetti economici, ci tiene a sottolineare Mantovani “il fatto che in Italia si facciano regole, leggi e poi non si mantengano non giova per niente alla reputazione del nostro Paese: è un fatto che genera sfiducia nei cittadini, nelle aziende, negli investitori internazionali”. In una parola “ci rende un Paese meno credibile”. Mantovani fa sapere che Cida “come già avvenuto con altri provvedimenti tentati sulle pensioni alte, è pronta a partire coi ricorsi”. Ricorsi “che seguiranno la strada nei Tribunali ordinari, dopodiché se qualche magistrato ravviserà nella norma un qualche profilo di incostituzionalità, sarà chiesto un parere alla Corte Costituzionale. Sappiamo che i tempi non saranno brevi, ma non possiamo transigere su questioni di principio così rilevanti”, conclude il presidente di Cida.

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