Anno: XXV - Numero 203    
Mercoledì 6 Novembre 2024 ore 13:00
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Infermieri in piazza: “Non siamo eroi, siamo precari”

Nasce il Movimento Nazionale Infermieri. Il flashmob nelle piazze italiane: “Non siamo ombre della categoria medica, la nostra è una professione autonoma".

Infermieri in piazza: “Non siamo eroi, siamo precari”

Nella Fase 1, quella dell’esplosione della pandemia da SARS-CoV-2, che ci ha fatto conoscere da vicino la malattia COVID-19 e ha comportato un ferreo lockdown nazionale, l’immagine dell’infermiera stanca è uno dei simboli che la nostra memoria tratterà per più tempo come immagine viva. Una lavoratrice che fa semplicemente il suo dovere. Che sceglie di diventare infermiera per aiutare il prossimo, star vicino a chi soffre e alleviare le sofferenze. Una lavoratrice che, in quanto essere umano, a fine turno crolla per la stanchezza fisica e la tensione mentale alla quale è sottoposta in un tempo che rivoluziona ritmi lavorativi e tenta cure improntate sulla sperimentazione per alleviare le crisi respiratorie.

Ecco: a lei, come a tanti altri suoi colleghi i cui volti sono stati segnati da mascherine e DPI, migliaia di persone devono la vita, oltre che al contributo di medici e ricercatori illuminati. Sono coloro per i quali è stato fatto un appello e si sono creati posti di lavoro. Sono quelli che sono passati per eroi, pur avendo semplicemente fatto il proprio dovere e messo a rischio sul campo anche la loro salute. Sono coloro che il 15 giugno 2020, all’inizio della Fase 3, sono scesi in piazza nelle principali città italiane per chiedere rispetto verso i loro diritti, i diritti dei lavoratori in uno Stato la cui Costituzione si basa sul diritto al lavoro (Art. 4 Cost.). Google Immagini per la stringa di ricerca “infermieri stanchi” riporta alla memoria tutti i volti in camice protagonisti dell’emergenza sanitaria: volti stanchi su cui è dipinta l’espressione del dolore, della sofferenza, della morte che in alcuni casi è stata inevitabile. Volti che sono stati considerati paladini dalle cronache, ma che in realtà erano solo professionisti, sottopagati e sotto stress psicofisico, che facevano il loro lavoro con coscienza, come lo hanno sempre fatto anche in tempi precedenti alla crisi sanitaria.

 

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