Proclamato lo stato di agitazione dei medici di medicina generale della provincia di Reggio Emilia
I Medici di famiglia - sottolinea il segretario provinciale della Fimmg, Grassi - si trovano a non avere più il tempo necessario per visitare in studio e seguire i cronici e gli allettati, perciò dicono basta.
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Il Consiglio Direttivo Provinciale Fimmg Reggio Emilia ha deciso di proclamare lo stato di agitazione della categoria.
I motivi li ha spiegati in una nota Euro Grassi, il Segretario Provinciale della Fimmg sottolienando che le ragioni alal base della decisione “non sono certamente tutte peculiari solo della provincia di Reggio Emilia, ma sono generalizzate in ogni Regione, senza che qualcuno le risolva concretamente da troppi anni.
Ogni Medico di famiglia, anche a causa della chiusura degli ospedali, divenuti per acuti ma senza aver mai potenziato le cure primarie dal 1979 (il loro budget è sempre del 6% pur essendo mutata la popolazione, divenuta più anziana ed essendo cambiate le sue esigenze post pandemiche ) – scrive Grassi – ha 732 pazienti su 1500 affetti da 1 a 5 patologie croniche, 2 reparti e mezzo di lungo degenti da seguire a domicilio con a disposizione 0.34 infermieri domiciliari pubblici/Mmg, riceve giornalmente in media 120 telefonate, 60 whatsapp, 30 sms e fax dai cittadini che non ricevono risposte dai servizi delle Ausl.
Pur essendoci leggi che obbligano gli specialisti ospedalieri e convenzionati a scrivere direttamente i loro accertamenti ed a redigere i certificati Inps, evitando così di far girare i cittadini come trottole – prosegue il sindacalista – gli stessi inviano i cittadini ai curanti, quasi fossero scrivani pubblici, i medici di famiglia sono i soli a non essere collegati ai server dei dati clinici delle aziende per cui lavorano e quindi non sono collegati con gli ospedali, i PS ed i laboratori, con conseguenti gravi rischi per la popolazione, duplicazione di accertamenti nei PS, intasamento delle liste di attesa pubbliche, alle quali sono stati imposti anche i blocchi Rao (Raggruppamenti Accertamenti Omogenei ), che non sono linee guida e che non sono stati condivisi con i Mmg, che obbligano in pratica la gente ad andare nel privato e fanno solo perdere tempo ai MMG, le Ausl impongono anti sindacalmente attività territoriali senza trattare con le OOSS mediche.
I Medici di famiglia – incalza Grassi – si trovano a non avere più il tempo necessario per visitare in studio e seguire i cronici e gli allettati, perciò dicono basta. Sembra che la pandemia non abbia insegnato nulla ai politici ed ai governatori: si continua ad investire in strutture ed in ospedali senza comprendere che è necessario potenziare invece il filtro delle cure primarie territoriali se si vogliono ridurre gli accessi ai PS ed i ricoveri anche nelle terapie intensive. La riforma territoriale – spiega il segretario Fimmg provinciale – va discussa prioritariamente con i Medici e le OOSS del territorio, non imposta dall’alto dai soloni Agenas, Ministero, Regioni e vista l’autonomia regionale differenziata, occorrono subito tavoli regionali di confronto. I Medici di famiglia non hanno necessità prioritaria di Case e Ospedali di Comunità, ma di poter avere almeno 2 infermieri ed 1 amministrativo a medico come in Catalogna ed UK, di essere dotati di strumenti di telemedicina che consentano risposte specialistiche in tempo reale per non far girare torme di ambulanze (in Italia non è neppure tariffata la prestazione dello specialista pubblico in telemedicina … ), di essere collegati informaticamente per i dati clinici dei loro assistiti direttamente con gli ospedali e viceversa, di avere Centrali territoriali per la continuità assistenziale e di essere liberati urgentemente dalle burocrazie inutili e delegate loro da altri. È così difficile capirlo?”, conclude Grassi.