Bisogna intervenire sulla macchina dello Stato per una vera riforma fiscale
Il coordinatore nazionale dei giovani tributaristi Int, Alessandro Della Marra, spiega le proposte dell’Istituto
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Una riforma fiscale che non può più attendere e due grandi questioni che riversano un torrente di conseguenze sulle spalle dei contribuenti. Vale a dire, il gettito fiscale (che può arrivare al 70% tra tasse e contributi) e la semplificazione, che resta una chimera. Su questo fronte è impegnato l’Istituto Nazionale Tributaristi, l’associazione professionale degli intermediari fiscali costituitasi nel 1997. Obiettivo, creare un’aggregazione di professionisti del settore tributario motivati e qualificati per i clienti, ma anche incidere con proposte concrete per migliorare la situazione, aggravata dalla pandemia nel nostro Paese.
Alessandro Della Marra è coordinatore nazionale dei giovani tributaristi e ricorda come proposte dettagliate siano state presentate anche durante gli Stati generali con l’ex premier Conte. Anche sugli stessi giovani, che sono stati particolarmente dimenticati in questi anni difficili.
Domanda. Della Marra: in Italia la pressione fiscale è il problema numero uno, come risuona spesso?
Risposta. È la conseguenza del problema: può raggiungere il 70% tra tasse e contributi, al netto dei costi fissi che un professionista deve affrontare. Il problema alla base è però la macchina dello Stato: consuma tanto e per intervenire non basta ridurre le tasse. Sarebbe come fare mezzo pieno a un’auto, ma così si ferma prima, a metà strada. Invece, bisogna rendere più efficiente la struttura. Anche tagliare lo stipendio dei parlamentari è una goccia in mezzo al mare: bisogna ridurre i passaggi piuttosto e rendere più efficienti le istituzioni, partendo dallo Stato e poi con Regioni, Comuni, enti di controllo. Deve cambiare il sistema, ma anche l’atteggiamento verso il contribuente, la mentalità.
- Gli adempimenti sono numerosi e la parola semplificazione sembra essere risuonata sempre a vuoto, è così?
R. Gli adempimenti sono sempre tantissimi e anche complessi. Rappresentano un costo e un rallentamento dell’attività. La semplificazione è un concetto chiave, proprio come la riduzione della pressione fiscale. Ci sono riforme da fare e noi abbiamo comitati tra cui quello sulla riforma fiscale, presieduto da Giorgio Benvenuti. Abbiamo presentato tante proposte e ancora di più dopo il Covid, partecipando anche agli Stati generali dell’economia. Le più importanti riguardano la riforma dell’Irpef. Come ha detto il nostro presidente Riccardo Alemanno, questa è caposaldo di una più ampia riforma del sistema fiscale nel nostro Paese. Ma la semplificazione è fondamentale e passa anche dalla compensazione fiscale, che doveva essere proprio uno strumento in questa direzione. - Invece, che cosa è accaduto?
- Sono stati messi dei paletti, ad esempio con il visto di conformità. Mentre si poteva risolvere la questione con una comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate: te lo comunico, se va bene me l’accetti, altrimenti lo bocci all’origine.
- Troppo semplice…
- Eppure la semplificazione passa anche da qui, dalla compensazione dei crediti verso la pubblica amministrazione con i debiti erariali e contributivi. Oggi per compensare un credito si devono superare paletti burocratici e si è costretti a ricorrere all’intervento di un certificatore. Il che richiede altri costi. La nostra posizione è chiara. Si potrebbe semplificare, con la nostra proposta. L’Agenzia saprebbe in anticipo l’importo del credito, la tipologia dell’attività svolta e, ripeto, potrebbe bloccare l’operazione sollecitando chiarimenti oppure svolgendo degli accertamenti se li ritiene necessari.
- La digitalizzazione sembra aver quasi peggiorato la situazione, com’è possibile?
R. Le faccio un esempio. A seguito della fattura elettronica, dobbiamo riprendere i registri contabili e le operazioni sull’Iva: dovevano scomparire, questi aspetti. Semplificare significa ridurre i passaggi tra Stato e contribuente e questo non è avvenuto. - Un’altra parola tanto magica quanto astratta nel nostro Paese è “autocertificazione”. Via obbligata per sbrogliare la matassa fiscale?
- L’autocertificazione è un mezzo per arrivare a far capire allo Stato che è già in possesso dei dati. Non devo farli riprodurre all’interno del sistema. Ecco perché bisogna incrementare l’utilizzo di questo strumento che ormai sta diventando all’ordine del giorno. Qualsiasi pratica può essere conclusa se non del tutto, almeno in buona parte, con l’autocertificazione.
D.Il rapporto con il fisco è un tormento generalizzato. Che dire però dei giovani? Qual è l’atteggiamento verso di loro da parte dello Stato?
Sono stati dimenticati. Noi abbiamo presentato diverse proposte che li riguardano e quindi riguardano il futuro. Una importante è la deducibilità per le spese di formazione per tutti gli Under 35 nel regime forfettario: come in quel regime di vantaggio si possono dedurre i contributi, anche le spese di formazione per i professionisti devono poter avere lo stesso trattamento visto che sono obbligatorie.- Come deve cambiare invece in generale l’atteggiamento del fisco verso il contribuente? Si parla tanto di lotta all’evasione: che cosa si sta facendo ed è la direzione giusta?
- Lo Stato deve andare incontro al contribuente, non contro. Quindi deve cambiare il suo atteggiamento, che deveessere anche premiale. C’è l’evasione fiscale, ma accade anche che a non pagare le tasse siano quelli che non ci riescono, tra costi fissi e spese. Ecco perché tra le nostre proposte agli Stati generali c’era anche questa indicazione: qualsiasi strumento introdotto per definire situazioni di mancati versamenti o adempimenti, deve prevedere come obbligo la riforma del sistema fiscale. In particolare del sistema sanzionatorio, dell’abuso di diritto e della riduzione delle imposte, altrimenti in pochi anni tutti i problemi tornerebbero. La riforma deve premiare i contribuenti corretti anziché sempre penalizzarli.
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