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3 Euro a pezzo? Mai più. L’Equo Compenso è legge

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3 Euro a pezzo? Mai più. L’Equo Compenso è legge

Il testo impone di applicare le norme per la corresponsione di adeguati emolumenti fissati, per gli iscritti ad Ordini e Collegi, da appositi parametri ministeriali per le diverse categorie. Chi dovrà adeguarsi? Le imprese bancarie e assicurative nonché le aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, ma anche la Pubblica amministrazione e le società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Escluse dalla norma, invece, le prestazioni effettuate per «le società veicolo di cartolarizzazione e quelle in favore degli agenti della riscossione». La legge si applica a tutti i professionisti, sia quelli iscritti a un Ordine, che quelli appartenenti alle professioni non regolamentate (ad esempio, gli amministratori di condominio, i tributaristi e i revisori legali). Con non poche problematiche: per i non ordinisti per cui ad esempio mancano parametri definiti. Si pensi ad interpreti, project manager e archeologi.

La norma prevede poi che gli Ordini e i Collegi potranno sia sanzionare i loro iscritti che acconsentiranno a ricevere pagamenti con somme più basse dei “paletti” ministeriali, sia promuovere una «class action» per difenderli (opportunità, questa, che riguarda anche le rappresentanze dei professionisti riuniti in associazioni). È prevista, poi, l’istituzione presso il ministero della Giustizia di un Osservatorio sull’equo compenso per verificare la corretta applicazione delle norme. Il ministro del Lavoro Marina Calderone ha parlato di «una norma di civiltà», annunciando che riprenderanno gli incontri del tavolo sugli autonomi in cui si potranno «esaminare e proporre ulteriori interventi» sul testo normativo.

lavoro

Commenta il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco:«L’approvazione definitiva della legge sull’equo compenso è un passo significativo verso una maggiore tutela della dignità professionale degli avvocati e una maggiore trasparenza nella relazione tra avvocati e clienti, ma seppure sia una norma molto importante, pone delle criticità da risolvere». Tra queste l’articolo 11 che prevede l’applicazione della corretta remunerazione solo alle nuove convenzioni da stipulare e non anche a quelle già in essere. Il Consiglio nazionale dei commercialisti auspica poi un’«estensione delle tutele», mentre per Confcommercio la disciplina «è un primo passo». Critico invece il Colap. «La seconda lettura alla Camera poteva e doveva essere un’occasione per portare migliorie al testo — dichiara la presidente del Colap Emiliana Alessandrucci —ma così non è stato. È prevalsa la voglia di varare in fretta e furia una norma che rischia di essere paradossalmente dannosa per i professionisti associativi piuttosto che prediligere il confronto con le parti in causa. Come ci è stato confermato dal Ministro Calderone, il governo non esclude un correttivo successivo al voto. Perché questa fretta? Un approccio politico che suona tanto di spot elettorale».

La critica riguarda il tema dei parametri per i compensi che risultano aggiornati solo per una professione (gli avvocati) e che secondo il Colap non può essere applicata con successo a tutti i professionisti. I valori presi a riferimento sono infatti quelli stabiliti dal decreto ministeriale n. 140 del 2012, che vengono utilizzati nei casi di contenzioso sulle parcelle per i commercialisti, i contabili, i notai e le professioni tecniche. Il problema è che si parla di tabelle non aggiornate da circa 10 dieci anni.

Fonte Il Corriere della Sera

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